BIOGRAFIA

19.8.22

BASILICATA: SFRUTTAMENTO, DEGRADO E MORTE DI UNA REGIONE!

 

foto Gilan
 

di Gianni Lannes

Una catastrofe senza eguali in Europa. Lucania da morire per il mero profitto speculativo: scarti di idrocarburi e rifiuti radioattivi al posto dell'acqua sorgiva. L'ecatombe sanitaria conseguente al saccheggio ambientale avallato da autorita' locali e nazionali, e' da anni sotto gli occhi di tutti, ma non si arresta.


Nel 2014, i Comuni lucani della Val d'Agri Viggiano e Grumento Nova hanno commissionato uno studio epidemiologico, denominato "Valutazione d'impatto sanitario", per verificare e approfondire il rapporto tra le estrazioni di petrolio e gas effettuate da ENI e la salute dei residenti dell'area, nella quale si evidenzia l'ubicazione del centro oli della val d'Agri (COVA).

Lo studio è stato affidato al gruppo scientifico costituito da IFC-CNR, ISAC-CNR, ISE-CNR, dipartimento di biologia dell'università di Bari e dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della Regione Lazio, coordinato dal professor Fabrizio Bianchi dell'Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa.

A settembre 2017, sono state pubblicate le conclusioni dei lavori del gruppo scientifico, prima vera indagine epidemiologica effettuata nei dintorni del COVA di Viggiano, impianto in esercizio dal 2001 nella zona industriale di Viggiano (Potenza) (circa 180.000 metri quadri di superficie) che si occupa del trattamento degli idrocarburi prodotti dal giacimento lucano attraverso la separazione tra oli, gas e acque di strato.

I dati pubblicati dal gruppo di lavoro hanno certificato l'esistenza di un'associazione di rischio sanitario statisticamente rilevante tra i fumi dell'impianto COVA e i picchi di mortalità e ricoveri per patologie cardiovascolari e respiratorie registrati dal 2000 al 2013 a Viggiano e del vicino comune di Grumento Nova, con conseguente forte preoccupazione dei cittadini lucani, in particolare modo quelli della val d'Agri.

Nel marzo 2018, l'Istituto superiore di sanità, nel rispondere alla richiesta di parere da parte della Regione Basilicata, ha inviato a quest'ultima una relazione attraverso la quale rilevava diverse incongruenze nell'articolazione dello studio epidemiologico e in generale sottolineava i limiti che condizionano in modo determinante la validità complessiva del documento.

Nel mese di settembre 2018, per restituire certezza ai cittadini disorientati dalle tesi contrapposte, la Giunta regionale, presieduta all'epoca dei fatti dal Marcello Pittella, ha deciso di sottoscrivere un accordo di durata triennale con l'Istituto superiore di sanità, che per missione svolge proprio studi di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione per tutto ciò che è inerente alla salute pubblica.

Per realizzare gli ulteriori approfondimenti al lavoro svolto dal gruppo di studio condotto dal professor Bianchi, viene pattuito il corrispettivo di 980.000 euro da destinare in favore dell'ISS a carico della Regione Basilicata, che avrebbe provveduto a prelevare tale somma dal fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 (delibera di Giunta n. 543/2018).

Il 4 settembre 2021 sono scaduti i 3 anni previsti dall'accordo Regione-ISS per portare a termine il progetto di ricerca intitolato "Valutazione dell'incidenza dei fattori ambientali sullo stato di salute della popolazione residente con particolare riferimento alle attività estrattive petrolifere".

Con deliberazione n. 202100873, nella seduta del 29 ottobre 2021, la Giunta regionale della Basilicata, guidata dal nuovo presidente Vito Bardi, ha deciso di revocare all'ISS, quale soggetto attuatore, le risorse del FSC 2014-2020 pari a 980.000 euro, annullando ogni altro impegno assunto.

Al punto 3 della suddetta delibera, approvata con voto unanime della Giunta, si prendeva atto del mancato espletamento delle attività di cui al progetto di ricerca "Valutazione dell'incidenza dei fattori ambientali sullo stato di salute della popolazione residente con particolare riferimento alle attività estrattive petrolifere" nel territorio della val d'Agri, affidato all'ISS con delibera di Giunta regionale n. 543/2018.

Il petrolio estratto in Basilicata è l'80 per cento di quanto si sfruttain Italia, ma rappresenta appena il 6 per cento del fabbisogno nazionale e il gas estratto in Basilicata è il 46 per cento di quello estratto in Italia e rappresenta appena l'1,4 per cento del fabbisogno nazionale.

L'estrazione di idrocarburi in Lucania ha costi elevati in quanto i giacimenti si trovano: il gas a circa 800/1.500 metri di profondità; il petrolio anche a 4 e 5 chilometri di profondità. La qualità è anche di valore inferiore rispetto al brent del mare del Nord e al Wti del Texas.

Il gas e il petrolio estratti e desolforizzati a Viggiano (Potenza), in Val d'Agri, nei pressi della diga del Pertusillo gestita dall'Acquedotto pugliese (Aqp), rappresentano il 60 per cento delle estrazioni lucane che in termini di profitto per le due multinazionali che lo estraggono e commercializzano, Eni e Shell, non superano rispettivamente l'1,5 per cento e lo 0,5 per cento del loro fatturato aziendale.

L'estrazione di idrocarburi in Basilicata richiede anche il ricorso a isotopi radioattivi, come il berillio e l'americio 249. Servono per l'automazione delle trivelle in relazione alla profondità da raggiungere al fine di ridurre una parte del tempo necessario a perforare, a conferma ulteriore che perforare in Basilicata per trovare petrolio, a detta di molti, non è conveniente, a meno che gli obiettivi di una compagnia non siano solo quelli di realizzare esclusivamente profitto economico.

Il berillio si trova a concentrazioni non ammesse al potabile nelle condotte dell'acquedotto pugliese, come da rilievi fatti e documentabili, dal 2013 ad oggi, dallo stesso Aqp, che è ente certificatore accreditato. Oltre al berillio, in rete idrica potabile, con rilievi fatti dalla stessa Aqp in questi anni, si sono trovati anche idrocarburi C10-C40, Cobalto, Zinco e Bario a concentrazioni superiori rispetto a quelle previste dalla legge, oltre all'anomalia che, attorno a diversi pozzi dichiarati a gas, esistono estese aree rilevate dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Basilicata (Arpab) con inquinamento da idrocarburi pesanti C-12.

L'acqua non potabilizzata presenta, inoltre, concentrazioni elevate di diverse sostanze chimiche. Questa acqua arriva indirettamente nella catena alimentare umana attraverso l'agricoltura e l'abbeveraggio di animali.

L'acqua del fiume Agri irriga milioni di ettari di terreno, abbevera migliaia di capi di bestiame, molta selvaggina e con il potabile serve centinaia di migliaia di cittadini in diversi comuni della Basilicata, Matera compresa, e molti comuni pugliesi, compresa Taranto.

Dal 2018 non è più possibile leggere in rete le analisi chimiche dell'acqua dei Pertusillo e degli altri invasi gestiti dall'Aqp (fino ad allora pubblicate semestralmente), ponendo un grave problema di trasparenza.

La Basilicata è uno dei principali bacini idrici europei, con la produzione di 650 miliardi di litri all'anno di acqua dolce, più una capacità di stoccaggio di 1 miliardo di metri cubi di acqua dolce. Nel solo bacino idrico dell'Agri, che produce 3.000 litri di acqua al secondo, 90 miliardi di litri all'anno, con l'invaso del Pertusillo a 2 chilometri in linea d'aria con capacità di 156 milioni di litri, insistono ben 550 chilometri di oleodotti, un centinaio di pozzi estrattivi, dei quali una trentina in attività, compreso 2 pozzi di reinezione, più i 18 ettari del Centro oli Cova di Viggiano che si intersecano pericolosamente con più di 700 chilometri di acquedotti naturali. Sulla gestione del Cova e dell'estrazione di idrocarburi, sono in atto due procedimenti penali.

In particolare, il primo procedimento vede coinvolta l'Eni con la società di trattamento rifiuti Tecnoparco, a Pisticci (Matera), paese che ha registrato 359 morti in 2 anni per tumore. Le suddette società modificavano i codici CER, declassandoli, e anziché smaltire i reflui, li bruciavano per produrre energia. Il secondo processo penale in atto vede coinvolta solo Eni/Shell per disastro ambientale per fuoriuscita di 400 tonnellate di greggio dal Cova e per aver inquinato 26.000 metri quadrati di reticolo idrico. Dal Tribunale di Potenza (proc. penale n. 771/2017 RGNR 2891/2017 RG GIO N44/2019 RMC) sono state emesse ordinanze restrittive domiciliari nei confronti dei dirigenti Eni Gheller Ruggero, Palma Andrea, Trovato Enrico e anche una misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici dei dirigenti di ente pubblico regionale De Bona Mario Carmelo, Laurenza Saverio, Divietri Mariella, Vaccaro Giovambattista, Adelina Antonella.

Durante il suddetto secondo processo sono stati arrestati altri due dirigenti Eni. È inoltre emerso che la fuoriuscita di greggio avveniva dal 2012, da ben 5 anni prima dei fatti del 2017, con una quantità incalcolabile di petrolio versato nella rete idrica del bacino dell'Agri. Motivo per cui con giudizio immediato, iniziava il processo per disastro ambientale per l'ex responsabile del Cova, Enrico Trovato.

Da queste vicende emerge una costante violazione dei capitoli di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale.

Perche' non si chiedono spiegazioni all'Aqp per le concentrazioni di alcuni metalli pesanti nell'acqua potabile all'uscita del potabilizzatore di Missanello, e non si informano i cittadini sui rischi di salute che corrono?

Dagli anni '80 sono state avviate le ricerche e le esplorazioni del giacimento petrolifero di Tempa Rossa, in agro di Corleto Perticara (Potenza), località dell'alta valle del Sauro sita a quota superiore ai 1.000 metri sul livello del mare, a ridosso del parco naturale di Gallipoli Cognato e delle cosiddette piccole Dolomiti lucane, in una zona ad elevato rischio sismico e idrogeologico.

Il giacimento è dotato di una capacità estrattiva giornaliera di 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo, tanto che il progetto petrolifero di Tempa Rossa è stato considerato tra i più strategici d'Europa e del mondo dalla banca americana Goldman & Sachs.

Nell'ambito del progetto Tempa Rossa, la Regione Basilicata ha già autorizzato l'avvio dell'impianto del locale centro olio, in capo al consorzio di società petrolifere Total E&P Italia SpA, Shell e Mitzuo.

Dall'anno 2000 in poi, il progetto Tempa Rossa è finito in numerose indagini giudiziarie per corruzione, turbativa d'asta, abuso d'ufficio, inclusa la più recente inchiesta "Petrolgate" che ha coinvolto il penultimo sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino, protagonista di uno scandalo fondato anche su intercettazioni telefoniche che hanno evidenziato un sistema di finti controlli, minacce, raccomandazioni in cambio di autorizzazioni tecniche.

L'impianto di Tempa Rossa ha registrato frequentemente fuoriuscite di petrolio e fiaccolate anomale accompagnate da miasmi e fumate nere.

L'associazione ambientalista lucana "COVA Contro", in collaborazione con "Mediterraneo no triv" ed altri comitati locali, come "la Voce di Corleto", in questi anni ha segnalato all'autorità giudiziaria anomalie, omissioni e contaminazione degli alimenti, delle acque dei pozzi idropotabili della zona e dei suoli, sia a ridosso delle aree pozzi di Total sia a ridosso dei siti di smaltimento di fanghi petroliferi.

La Regione Basilicata, non ha ancora adottato un piano regionale di tutela delle acque, men che meno è stato completato il masterplan di riforma e ampliamento delle capacità dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Basilicata.

Il governo italiano ha per caso individuato le sorgenti contaminanti colpevoli delle reiterate contaminazioni della matrice ambientale acqua registrate nell'area di Tempa Rossa e se e' a conoscenza di quante sorgenti radioattive (anche ad alta attività) per lo screening delle rocce serbatoio o trappole di idrocarburi (reservoir) siano state usate da Total o da sue appaltatrici nonché quante sonde contenenti dette sorgenti non siano state recuperate ma abbandonate nel sottosuolo? 

Per caso sono state censite tutte le discariche abusive di fanghi petroliferi tra i comuni di Corleto Perticara e Gorgoglione (Matera), e se sia in valutazione l'utilizzo delle tecnologie infrarosso e radar (Mivis/lidar) per la ricerca di eventuali anomalie termiche nel suolo nell'area di Tempa Rossa?

Come si possano controllare i reali impatti ambientali degli additivi chimici (drilling fluid) per fluidi di trivellazione, siano essi diluenti o viscosizzanti, se molte di queste sostanze rimangono coperte da segreto aziendale circa la composizione?

I suddetti additivi sono stati valutati nell'ambito dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1907/2006, denominato REACH (registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), e con quale esito?

Il Centro Oli Val d'Agri, denominato Cova è il più grande polo petrolifero d'Italia e uno dei più grandi dell'Europa continentale.

Ormai da tempo la Procura della Repubblica di Potenza ha accertato che a partire dal 2009 fino al 2017 all'interno del Centro Oli Val d'Agri ricadente nel comune di Viggiano in Basilicata, ci sono stati diversi sversamenti di petrolio dai serbatoi di stoccaggio che hanno contaminato oltre 35 mila ettari di terreno e inquinato il suolo e il sottosuolo lucano, provocando un vero disastro ambientale;

La presenza di pozzi estrattivi nelle aree di ricarica delle falde acquifere sotterranee del fiume Agri altera in maniera irreversibile le stesse sorgenti idriche che forniscono acqua potabile a circa due milioni di cittadini tra la regione Basilicata e la regione Puglia.

Il Governo italiano durante la Cop 21 di Parigi ha assunto l'impegno di raddoppiare la quota pubblica degli investimenti dedicati alle attività di ricerca, sviluppo e innovazione delle tecnologie energetiche pulite, per abbandonare l'energia derivante dalle fonti fossili.

Nel corso dell'esame del disegno di legge A.C. 1807-A «Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi», l'ordine del giorno n. 9/1807-AR/70, e' stato accolto come raccomandazione, che impegnava il Governo a verificare se la società Eni S.p.a. abbia «eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca» ed adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione (articolo 29 della legge 613 del 1967) nonché a quanto disposto dalle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni ricevute ai sensi della normativa vigente in materia e a non prorogare la concessione «Val d'Agri» in scadenza e a far sì che vengano attuate tutte le operazioni di bonifica, messa in sicurezza e ripristino delle aree oggetto della concessione.

Nel corso della sua attività estrattiva il Cova è stato più volte al centro di procedure giudiziarie a causa di diversi sversamenti avvenuti soprattutto nel periodo 2009-2017.

In particolare tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 si sono verificate numerose perdite di petrolio che, secondo i dati diramati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'Eni, si attestavano in circa 400 tonnellate di greggio, che hanno contaminato circa 35 mila ettari di terreno.

Il Cova, in funzione delle tipologie e dei quantitativi di sostanze pericolose che detiene, risulta assoggettato al decreto legislativo n. 105 del 2015 ed è notificato nell'inventario nazionale degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante come stabilimento «di soglia superiore».

Nel luglio 2020 si sono verificati nuovi episodi relativi la sicurezza del Cova, infatti, dalla torcia di sicurezza del Centro Oli sono fuoriuscite alcune fiammate anomale e dai camini dell'impianto del fumo accompagnato da un forte odore di zolfo, che hanno portato ad attivare il piano d'emergenza interno.

In data 24 ottobre 2017, Eni s.p.a. con nota protocollo n. 116/ATIM ha chiesto istanza di proroga decennale della concessione Val D'Agri in scadenza al 26 ottobre 2019. Qual e' lo stato dell'arte delle procedure di proroga della concessione relativa al Centro Oli? Quali iniziative di competenza intenda assumere il dimissionario governo Draghi al fine di verificare se la società Eni s.p.a. abbia adempiuto agli obblighi derivanti dai decreti di concessione, così come stabilito dal decreto ministeriale 28 dicembre 2005 concernente l'«unificazione delle concessioni di coltivazione Grumento Nova e Volturino nella nuova concessione di coltivazione Val D'Agri»?

È stato completato il programma di estrazione previsto dalla concessione oggetto di proroga da parte di Eni s.p.a. e se siano state attuate tutte le procedure di bonifica e messa in sicurezza relative agli sversamenti del periodo 2009-2017?

Non e' tutto. Nel cuore del Parco nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata, in territorio protetto a livello nazionale e dell'Unione europea in quanto zona di protezione speciale (ZPS), nonché patrimonio dell'Umanità tutelato dall'Unesco, è in funzione, da gennaio 2016, una mega centrale a biomasse dell'Enel della potenza di 41 megawatt.

Tale impianto è stato avversato fin dagli inizi degli anni Duemila dalle popolazioni della valle del Mercure, da loro rappresentanti istituzionali – i sindaci dei comuni di Viggianello (Potenza) e Rotonda (Potenza) – e da associazioni e comitati ambientalisti aderenti al Forum «Stefano Gioia», per il disastroso impatto sulla biodiversità del parco, ma anche per i rischi alla salute per le popolazioni residenti connessi all'immissione in ambiente dei prodotti tossici e cancerogeni liberati dalla combustione delle biomasse.

A tale impatto ambientale va aggiunto quello dei gas di scarico dei 112 grossi camion (fonte Enel) che giornalmente percorrono le tortuose strade interne al Parco, determinando anche gravi disagi e rischi per il normale traffico veicolare.

 

Ad accrescere i rischi per la salute fin qui descritti si aggiunge la situazione microclimatica della valle del Mercure, caratterizzata da un debole regime di venti e dal fenomeno dell'inversione termica, che sinergicamente determinano una prolungata stagnazione degli inquinanti pericolosi per la salute nel fondovalle, con conseguente e grave nocumento per abitanti, flora e fauna, nonché delle catene alimentari.

Enel, nella richiesta per l'apertura della centrale, ha presentato uno studio microclimatico non relativo alla valle del Mercure, come d'obbligo, bensì alla valle di Latronico, diversa e distante oltre 11 chilometri dalla prima.

L'attuale autorizzazione che consente alla centrale di operare è, in realtà, la terza, concessa sempre dalla regione Calabria – per competenza territoriale –, dopo che le precedenti erano state annullate dal giudice amministrativo.

Con l'evidente scopo di superare l'opposizione all'esercizio della centrale, avverso cui anche il direttore del parco aveva espresso parere negativo, è stato costituito un tavolo di concertazione presso il Ministero dello sviluppo economico, promosso e sostenuto anche dal presidente in carica dell'Ente parco nazionale del Pollino, che, in data 14 gennaio 2014, ha portato a siglare un «accordo di compensazione» che prevedeva, tra l'altro, alla lettera m), punto i), misure specifiche per la «tutela e salvaguardia ambientale e della salute e sicurezza delle popolazioni anche attraverso la costituzione di uno specifico Osservatorio Ambientale».

Si è previsto che tale Osservatorio, «specificamente finalizzato alla promozione di ricerche e studi in campo ambientale, a cura di esperti indipendenti, di provata competenza tecnico-scientifica, individuati dall'Osservatorio stesso», fosse finanziato direttamente ed esclusivamente da Enel, nella misura di 100.000 euro l'anno per otto anni, «con possibilità di ulteriore proroga».

Ai sottoscrittori del suddetto accordo di compensazione Enel si impegnava a versare: 1.100.000 euro l'anno per otto anni ai comuni di Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Lauria, Laino Castello, Mormanno e Papasidero; 500.000 euro l'anno per otto anni all'Ente parco nazionale del Pollino; 750.000 euro ciascuna, una tantum, alla regione Calabria e alla regione Basilicata; a tali somme vanno aggiunti i 400.000 euro che Enel versa annualmente al comune di Laino Borgo sul cui territorio si trova ubicata la centrale.

Enel ha, perciò, assunto un impegno a versare, per gli otto anni successivi all'apertura della centrale, la somma di 17.500.000 euro per «compensare» quelli che appaiono danni a salute, ambiente e territorio, certamente non compensabili e irreparabili.

Tali somme sono state più volte oggetto di contestazioni, in quanto evidentemente finalizzate ad acquisire l'acquiescenza di enti e istituzioni al distruttivo progetto della centrale del Mercure, e, per di più, esplicitamente proibite da tribunali amministrativi (TAR Puglia Sez. III 17137 15 novembre 2016) come è stato pubblicamente più volte denunciato dal Forum Stefano Gioia.

Il regolamento del già menzionato Osservatorio Ambientale prevede che tale organo venga governato da un consiglio di amministrazione presieduto dal presidente del Parco del Pollino, con un evidente e grave conflitto di interessi tra le due cariche, e che nei componenti di tale consiglio di amministrazione siano rappresentati tutti gli enti e le istituzioni firmatari del riferito accordo di compensazione del 14 gennaio 2014, il che non costituisce una garanzia di indipendenza decisionale. mPer tali motivi l'Osservatorio Ambientale appare un organismo di parte, così concretizzandosi una situazione di clamoroso conflitto di interessi, eticamente grave e inaccettabile. L'Osservatorio Ambientale è stato per di più allocato nella sede del parco del Pollino, il che evidenzia una deprecabile e inaccettabile commistione.

Lo studio per valutare l'impatto degli inquinanti prodotti dalla centrale del Mercure sull'ambiente circostante avrebbe dovuto essere affidato dall'Osservatorio Ambientale, il cui consiglio di amministrazione è presieduto dal presidente del Parco del Pollino, a «esperti indipendenti, di provata competenza tecnico-scientifica», come riportato nell'accordo siglato al Ministero dello sviluppo economico.

Tale studio invece è stato affidato alla «Fondazione sviluppo sostenibile», che ha provveduto, a nome dell'Osservatorio Ambientale valle del Mercure alla presentazione della «Prima relazione di analisi dei dati ambientali».

Questa Fondazione annovera tra i soci fondatori proprio Enel. Quanto illustrato conferma e rafforza l'impressione di inaccettabili collegamenti e rapporti tra Enel, la presidenza dell'Ente Parco, l'Osservatorio Ambientale e la Fondazione sviluppo sostenibile, con tutto ciò che ne consegue.

La diga del Pertusillo è un invaso che contiene 156 milioni di metri cubi di acqua; l'imbrifero della fiume Agri produce 3 mila litri al secondo di acqua sorgiva, circa 90 miliardi di litri di acqua all'anno, grazie a 650 importanti sorgenti.

In Basilicata sgorgano 640 miliardi di litri di acqua sorgiva con una capacità di stoccaggio di 1 miliardo di litri all'anno. A 2 chilometri in linea d'aria dalla diga del Pertusillo c'è l'impianto di desolforizzazione dell'Eni, Centro Oli Viggiano, il cui acronimo è Cova, dell'estensione di 18 ettari e che tratta 104 mila barili al giorno di greggio, la cui attività è classificata a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 334.

La diga del Pertusillo fornisce acqua da bere per un milione di persone attraverso il potabilizzatore di Missanello. L'Acquedotto pugliese, Aqp, è l'unico ente accreditato a certificare la qualità dell'acqua di invaso che esiste in Basilicata con documenti che rende pubblici chiamandoli «Rapporti di prova».

Come si legge nei «rapporti di prova» redatti dall'Aqp, di novembre 2012, di luglio 2014, di aprile 2017 (n. 8595) e di maggio 2017 (n. 16205), sulla qualità dell'acqua potabile all'uscita del potabilizzatore di Missanello, in sostanza, da ben 7 anni (gli stessi emersi al processo in atto a Potenza per il versamento di greggio, dal Cova di Viggiano, nel reticolo idrico della Val d'Agri), l'acquedotto stesso certifica la presenza di alcuni contaminanti per i quali la legge italiana non prevede limiti di presenza: Litio <0,1 microngrammi/litro; Bromuro, <0,1 microgrammi/l, Bario, 35 microgrammi/l, Berillio. La stessa situazione persiste ancora nel 2019, come registrato nell'ultimo «rapporto di prova» pubblicato dall'Acquedotto pugliese sul suo sito, (rapporto n. 21541).

La Regione Basilicata con delibera di Giunta n. 733 del 17 luglio 2017 autorizzava la ripresa dell'esercizio del COVA (centro olio val d'Agri) della società ENI SpA, dopo averne disposto la sospensione con precedente delibera del 15 aprile 2017, n. 322, in seguito ad un incidente verificatosi al centro olio di Viggiano (Potenza).

Dall'esame della documentazione e partendo dalle attività di controllo effettuate da Ispra, Arpab e CTR (comitato tecnico regionale) e dalle conseguenti attività di adeguamento del COVA e verifica degli impianti, messe in atto da ENI, sono emerse alcune importanti criticità che dovevano necessariamente portare gli enti preposti a non autorizzare la ripresa delle attività nel centro di Viggiano ma, piuttosto, ad un ulteriore blocco delle attività del COVA.

Il Cova della Val d'Agri è classificato come "industria a rischio di incidente rilevante" e in quanto tale sottoposto alla direttiva 2012/18/UE ("Seveso III") emanata il 4 luglio 2012 dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea, sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 105 del 2015.

Con nota protocollo n. 372 del 4 febbraio 2017, comunicata alla Regione Basilicata e da questa acquisita al prot. dipartimentale al n. 0021090/23 AB il 6 febbraio 2017, la ENI SpA comunicava il rinvenimento, presso il muro perimetrale del COVA, di un pozzetto grigliato con odore di idrocarburi. Con successiva nota protocollo n. 394 del 7 febbraio 2017, acquisita dalla Regione al prot. n. 22557/23AB, la società ha comunicato, ai sensi dell'art. 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il rinvenimento di liquido con presenza di idrocarburi ad una profondità di 6 metri, in uno scavo effettuato all'interno del perimetro del Cova.

Mediante nota protocollo U.0014397 del 19 giugno 2017, acquisita al protocollo del Dipartimento dell'ambiente al n. 102066/23AB il 20 giugno 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato che "sussistono i presupposti per considerare l'emissione di idrocarburi riscontrata nello stabilimento quale incidente rilevante ai sensi dell'art. 25 del D.Lgs n.105/2015".

In data 7 agosto 2017 l'ingegner Antonio Alberti, l'avvocato Giovanna Bellizzi e l'avvocato Antonio Grazia Romano hanno proposto formale istanza di riesame e di annullamento della citata delibera della Regione Basilicata n. 733 del 17 luglio 2017 ed hanno proceduto ad effettuare un'approfondita analisi, con i seguenti risultati: 1) indagini sul terreno di fondazione dei serbatoi non rispondenti alle richieste di Arpab e CTR e non rispondenti alla normativa nazionale sulle costruzioni in zona sismica (decreto ministeriale 14 gennaio 2008 e circolare n. 617/CSLLPP del 2 febbraio 2009); 2) mancanza del progetto esecutivo dei basamenti di fondazione dei serbatoi depositato presso l'ufficio sismico nel 1999 e mancato deposito del progetto esecutivo presso l'ufficio sismico della Regione a seguito degli interventi strutturali eseguiti sui serbatoi, e quindi mancata verifica sismica delle strutture di fondazione; 3) hanno ipotizzato un falso in atto pubblico di Ispra che, a seguito delle dichiarazioni di ENI di presenza dei bacini di contenimento dei serbatoi di stoccaggio non ha verificato in loco l'effettiva continuità del bacino anche sotto i fondi dei serbatoi; 4) riscontrato la mancata accettazione da parte di ENI della prescrizione di Arpab di effettuare il controllo delle condizioni dell'oleodotto entro il mese di novembre 2017; 5) riapertura del COVA autorizzata senza che il piano di sicurezza fosse prima aggiornato e integrato con le procedure che si preveda di adottare in caso di sversamento incontrollato di petrolio dagli impianti o dai serbatoi di stoccaggio; 6) incompletezza ed inadeguatezza del piano di manutenzione dell'ENI all'entrata in esercizio; 7) la delibera n. 733 che ha autorizzato la ripresa di tutte le attività del centro di Viggiano è stata adottata in aperta violazione del "principio di precauzione", principio informatore della normativa comunitaria e internazionale, regolamentato dall'art. 174 del Trattato di Amsterdam, che riprende l'art. 130 R del Trattato di Maastricht, che testualmente riporta: "La politica della Comunità in materia ambientale mira a un livello elevato di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio 'chi inquina paga'".

Inoltre, a seguito di una complessa attività di indagine, i carabinieri del NOE di Potenza, il 23 aprile 2019, hanno eseguito un'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal GIP di Potenza nei confronti di un dirigente dell'ENI SpA, all'epoca dei fatti responsabile del COVA di Viggiano, ove è palese l'assenza di bacini di contenimento così come previsti dal progetto iniziale.

Infine, negli ultimi anni alcune associazioni lucane, come Cova Contro, Mediterraneo No Triv, No Scorie Trisaia ed Isde Basilicata, hanno denunciato decine di anomalie e violazioni sul decomissioning operato dalla Società gestione impianti nucleari (So.Gi.N.) nel sito lucano dell'impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile (Itrec) di Trisaia di Rotondella (Matera).

Tale sito risulta ufficialmente contaminato, almeno dal 2015, nella matrice acque sotterranee, per i seguenti parametri: trielina, cromo esavalente, cloroformio, manganese; altre contaminazioni nella matrice suoli si riscontrano sia all'interno, sia all'esterno del sito;

Nel mese di dicembre 2019 è stato smantellato il monolite radioattivo presente nella fossa irreversibile 7.1, operazione svolta senza informare la popolazione locale come previsto dall'art. 8 della direttiva Euratom n. 2014/87.

L'associazione Cova Contro chiede dal 2017 dati su tutta una serie di dinamiche e strutture presenti nel sito di Trisaia, senza ricevere mai risposte esaustive, al punto da essere stata costretta a denunciare i silenzi di So.Gi.N. anche all'autorità giudiziaria.

Le stesse associazioni hanno rilevato, nel gennaio 2018, la presenza di cromo esavalente a ridosso della soglia di legge fino ad oltre un chilometro di distanza dalla recinzione dell'impianto.

Risulta, inoltre, che siano state messe al corrente dagli enti locali che So.Gi.N. starebbe abusando del segreto di Stato, negando anche le planimetrie relative alla condotta di scarico a mare, che attraversa terreni agricoli privati, e i dati relativi ai circuiti delle acque di drenaggio e antincendio dell'impianto Itrec.

La popolazione locale teme che l'asserito deposito temporaneo sia in realtà un alibi per nascondere stoccaggi a lungo termine di sostanze nocive. In merito al monolite smantellato, si rileva che nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 2009 (pp. 111 e 112) i monoliti interrati risultavano essere 4 e non uno soltanto. 

In un cablogramma di "WikiLeaks" è pubblicato un elenco di materiale nucleare di proprietà United States of America (barre del reattore Elk River) custodito presso l'impianto Itrec.

Dai verbali delle conferenze dei servizi emerge che la locale azienda sanitaria non aveva e non avrebbe ancora oggi attivato alcuna convenzione con l'Istituto zooprofilattico di Foggia per le analisi sugli alimenti dell'areadella , nonostante vi ricadano aziende agricole biologiche e di pregio, inclusa un'oasi Plasmon.

Da uno studio statistico sulla mortalità svolto dall'Istituto superiore di sanità sui comuni ospitanti siti nucleari emergono criticità per la contrada Trisaia meritevoli di approfondimento.

Perche' So.Gi.N. non ha informato le popolazioni locali circa i progetti di taglio del monolite radioattivo della fossa 7.1? Quali sono i risultati delle analisi radiochimiche dei liquidi persi dal monolite tra il 2014 ed il 2019? Cosa e' previsto per la fossa radioattiva 7.2, ufficialmente esclusa dai piani di bonifica?

Per avere un conteggio definitivo sulle cavità ospitanti rifiuti o materiale radioattivo, e' stata svolta un'indagine sulle strutture o sorgenti interrate ad oggi non ufficialmente censite nel sito di Trisaia e se dunque esista un elenco comprendente il serbatoio, le condotte interrate e le fosse con rifiuti (anche per sapere se la numerazione usata da So.Gi.N. -7.1, 7.2- sia da intendere in maniera seriale)?

Quanto materiale nucleare ospitato nel sito della Trisaia 8gia' Cnen, Combustibili nucleari, Enea) e' di proprietà straniera, a quale tipologia appartiene e con quale destinazione d'uso, e se la sua presenza non rappresenti una violazione alle norme internazionali e delle leggi nazionali relative al transito e allo stoccaggio di materiale nucleare a potenziale uso bellico? Quanto plutonio e' stato trasferito dalla Trisaia negli Stati uniti d'America?


Riferimenti:

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceA.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceB.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceC.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceD.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceE.pdf 

http://comuneviggiano.it/avvisi/doc/Rapporto_VIS_VdA_092017_AppendiceF.pdf 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=lucania

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=basilicata

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2022/08/ventriloqui-tricolore-del-potere.html#more 

Nessun commento:

Posta un commento

Gradita firma degli utenti.