BIOGRAFIA

20.7.22

ITALIA: MARI ESPLOSIVI!




di Gianni Lannes

Piu' che uno Stivale l'Italia (ormai colonizzata e inquinata ad oltranza) e' stata ridotta nel rottame di una portarei dallo zio Sam, ovvero in una discarica bellica. Nell'estate del 2022 mentre imperversano le finte bandiere blu, comprate con denaro pubblico un tanto al chilo dagli enti locali per imbellettare e vendere meglio l'ex giardino d'Europa, i mari e le coste del Belpaese sono ancora pieni di pericolose bombe inesplose, caricate perfino con aggressivi chimici come l'iprite, l'arsenico e il fosforo, nonche' l'uranio impoverito. Lo attesta e conferma una fonte ufficiale, ovvero il Portolano della navigazione (da pagina 30 a 41), edito dall'Istituto Idrografico della Marina Militare italiana. Infatti nel predetto testo si legge a chiare lettere:

«Esistono tuttora aree marittime sui cui fondali è presente armamento bellico inesploso di varia natura: trattasi non solo di armamento navale (mine, siluri, bombe di profondità) impiegato durante la guerra sul mare, ma anche munizioni di altra natura, terrestre o aerea (bombe d’aereo, proiettili di vario calibro, bombe da mortaio, bombe a mano) conseguenza sia di azioni belliche ma soprattutto di smaltimento a mare nell’immediato periodo post-bellico».

Le zone piu' colpite ricadono in Sardegna, Sicilia, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Puglia, Marche e Friuli Venezia Giulia. E non risparmiano Venezia, Genova, comprese le isole di Ischia, Capri e Pianosa delle Tremiti; addirittura le aree naturalistiche “protette” sulla carta (parchi blu). Senza contare le numerose aree perennemente «inderdette alla navigazione», a causa di «Intensa attivita' aerea militare ed esercitazioni di tiri a fuoco» dalla terra al mare e viceversa, incluse le sperimentazioni belliche. E che dire delle brulicanti piattaforme per lo sfruttamento degli idrocarburi ad un soffio dalla riva?

Non e' tutto. Nel periodo 1943-1945 sono stati deliberatamente affondati - dagli Alleati anglo-americani e pure dai tedeschi in ritirata - almeno un milione di ordigni chimici proibiti dalla Convenzione di Ginevra del 1925. Uno dei casi piu' emblematici e' quello del litorale marchigiano tra Pesaro, Fano e Cattolica.

Quali sono le conseguenze sulla salute degli ecosistemi e dell'ignara popolazione tricolore che mangia il pescato e vive sulle coste?


 

 

 





Nell’estate del 1944, il 21 giugno, Hitler impose tassativamente lo sgombero immediato del del deposito della Regia Aeronautica ad Urbino, che iniziò il 6 luglio. La complessa e pericolosa procedura prevedeva il trasporto degli ordigni chimici sino a Pesaro e Fano e di lì verso il nord. Il Maggiore Meyer, comandante del Sonderkommando incaricato dell’operazione, tuttavia preferi' gettare l’arsenale chimico nell’Adriatico. Tre vagoni di testate chimiche, corrispondenti a 84 mila litri di arsenico, arrivarono a Pesaro e vennero svuotati di notte in mare. Stessa sorte seguirono 4.300 grandi bombe C500T contenenti iprite, il famoso gas tossico e vescicante, per un totale di 1.316 tonnellate, oltre un milione di litri, che entro il 10 agosto 1944 vennero caricate su barconi, e gettate al largo.

Pochi anni dopo, in una interrogazione parlamentare del 20 novembre 1951 il Sottosegretario alla Marina mercantile Ferdinando Tambroni, rispondendo ad una interrogazione parlamentare di Enzo Capalozza (sindaco di Fano nel 1944, deputato poi senatore del PCI nel dopoguerra, giudice della Corte costituzionale) avente ad oggetto “Rastrellamento di bombe all’iprite nel tratto dell’Adriatico tra Ancona e Pesaro”, riconosceva l’esistenza di un pericolo ancora presente, citando “l’infortunio dei pescatori locali per contaminazione da aggressivo chimico”, riportando le coordinate geografiche della “zona in cui le bombe ad iprite sarebbero state affondate”: quattro punti geografici ubicati in mare, di fronte al porto di Cattolica, a Casteldimezzo ed a Fosso Sejore (tra Pesaro e Fano), a distanze variabili tra uno e tre miglia dalla riva, e due punti sulla terraferma – probabilmente un errore di trascrizione – nei Comuni di Cattolica e San Giovanni in Marignano. Da allora nulla si e' fatto per la bonifica marina. Eppure, nel 2010, il suo successore Giuseppe Cossiga, ha sostenuto che il territorio di mare era stato già bonificato tra il 1945 e il 1950. Pero', proprio ancora oggi il suddetto Portolano segnala il pericolo esattamente in quel tratto di mare Adriatico. 



 

Anche i racconti dei pescatori e alcune foto testimoniano il contrario di quanto asserito dal governo italiano. I vecchi pescatori di Cattolica ricordano quanto fossero frequenti gli incidenti quando le bombe si impigliavano tra le reti. Di quell’epoca sono rimasti in pochi e quei testimoni preferiscono non parlare pubblicamente, ma Colombo Gaudenzi, 97 anni, non sembra aver dubbi e nel 2012 ha rivelato: “Io ne ho raccolte quattro di bombe all’iprite: erano a tre miglia dal porto di Pesaro”. Almeno una decina di pescatori di Cattolica nel dopoguerra hanno riportato ustioni agli arti dopo essere venuti a contatto con le bombe all’iprite. Gli ordigni erano contenuti in un deposito militare italiano di Urbino e nel 1944 dal comando generale di Hitler venne l’ordine di gettare in mare tra Pesaro e Cattolica 4.300 bombe all’iprite e 84 tonnellate di arsenico perché non cadessero nelle mani degli alleati. Da quel momento le bombe hanno continuato a infestare quel tratto di Adriatico.

A Pesaro le risposte del Ministero non hanno soddisfatto anima viva. Alessandro Lelli del Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche aveva invano chiesto un monitoraggio e una bonifica per vedere in che stato sono le bombe davanti alle coste pesaresi. E anche il sindaco, Gianluca Ceriscioli, si era mosso per avere risposte sulle bombe inabissate. Delle fantomatiche bonifiche citate da Cossiga, in effetti, non ci sono testimonianze e non c’è documentazione. In ogni caso non sono state effettuate al meglio: il pescatore Ivo Magi racconta di averne raccolte diverse nel 1954 e anche negli anni settanta. E’ del 1969 la fotografia del sub Piero Masi che ritrae una bomba contenente gas tossico. Ma i ritrovamenti sono stati più di quelli ufficialmente noti. Il signor Gaudenzi aveva ammesso di aver rigettato alcune bombe in mare, forse per paura che la sua imbarcazione venisse sequestrata, e ha riferito che la stessa cosa facevano altri pescatori: “Davanti a Cattolica c’è una specie di scogliera che qualcuno diceva fosse stata una città affondata, la città di Valbruna, noi le buttavamo lì, e nessuno ci pescava, almeno non disturbavano nessuno”.   

I ritrovamenti casuali sono stati più di quelli ufficialmente noti all'opinione pubblica. A tutt'oggi non risultano attuate successive campagne militari di indagini: molti ordigni sono stati rinvenuti nel dopoguerra, ma non sappiamo precisamente dove e quante siano ora le bombe proibite sepolte da fango e sabbia sui fondali.

Il 12 aprile 2011 un deputato della XVI legislatura, l'onorevole Oriano Giovannelli, depositava interrogazione a risposta scritta (4-11571) per chiedere se i Ministri della difesa e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenessero di dover monitorare con urgenza la situazione descritta; in data 7 agosto 2012 nella sua risposta (allegato B della seduta 678) il Ministro della difesa pro tempore ammiraglio Di Paola, dichiarava la competenza del suo dicastero solo in via concorsuale rispetto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Tali materiali di guerra sono altamente tossici e con l'erosione degli ordigni, dovuti all'ossidazione causata dall'acqua marina, è altamente probabile che tali veleni siano rilasciati nell'ambiente marino, con grave pregiudizio per l'ambiente, la fauna e le persone.


Riferimenti:

https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/pilastro-logistico/scientifici/idrografico/Documents/PREMESSA_2021/Premessa_2021_aggiornata_al_27_2020.pdf

https://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0801/rsi0801.pdf

https://documenti.camera.it/_dati/leg13/lavori/bollet/200002/0208/pdf/08.pdf

https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/pilastro-logistico/scientifici/idrografico/Pagine/Avvisi.aspx

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=iprite

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2022/07/ustica-adriatica.html 

Gianni Lannes, IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO, Draco edizioni, Modena, 2012.

Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014.

Gianni Lannes, BOMBE A.. MARE!, Nexus edizioni, Battaglia Terme, 2018.
















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