Spesso sono i più piccoli a dare lezione ai grandi. Ma noi
cosa sappiamo dei bambini che abbiamo intorno, e dei pargoli che siamo stati?
Il modo in cui ci guardano, il modo in cui li guardiamo: non è neppure un
dialogo, piuttosto un gioco di riflessi. I bimbi dovrebbero essere tutti vivi.
I bambini sono vivi sempre, anche quando non ci sono più, anche quando si sono
smarriti diventando adulti.
«Il libro che mettiamo in mano a un bambino deve proporgli
un mondo stra-ordinario, del tutto opposto al mondo ordinario della sua vita».
Solo che l’arte dei grandi, troppo occupata a parlare di
se stessa e a contare gli incassi in soldoni, non lo fa più. Allora, lo farà
l’arte laboriosa di immaginare il mondo con la mano dell’essere umano, nel
senso di metterlo in immagine, ovvero ripensarlo e trasformarlo?
Accanto all’estetica dell’iconosfera digitale tutta
irreale, ci sono invece i segni sporchi, gli inchiostri sbavati, i tratti di
matita sfuggiti alla mano. Non omologare. Il videogame è un’esperienza, il
libro è un’altra esperienza. in particolare il libro per ragazzi è un
ecosistema della visione, uno spazio di resistenza all’omologazione dilagante
che pretende immagini come copia del mondo, tanto più scintillante quanto più
apparentemente mimetica, acritica, illusionistica. Le illustrazioni dei libri
per ragazzi sono un scrigno di libertà dell’immaginario. Più che illustrare il mondo, occorre immaginarlo: non
confermare il mondo, bensì modificarlo.