di Gianni Lannes
Mentre tanti esseri umani si trasformano sempre più in
docili consumatori distratti dal superfluo, va in onda la morte dei piccoli. Non è un caso nella ferocia sociale dilagante. Gli adulti non comprendono la fuga degli invisibili. Daniel aveva appena 12
primavere. Questo bambino, a Torino, la notte tra domenica e lunedì ha
trasformato la fibbia di uno zaino in un laccio e se l’è stretta al collo. Poi s’è
lasciato andare dal letto a castello della sua cameretta nel quartiere Vallette.
Ha affidato la sua disperazione in un’ultima frase sul suo diario: “Voglio
sparire”.
Per la cronaca sono gli ultimi episodi cruenti. Comunque, le
statistiche non lasciano dubbi: i casi di minorenni che si tolgono la vita sono
in vertiginoso aumento: è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali,
nei giovani tra i 15 e i 29 anni.
Nel belpaese su 4 mila decessi annui legati al
suicidio, il 12 per cento riguarda i minori.
Secondo l’Istat si tratta di circa 1.500 casi l’anno,
ma il dato è ampiamente sottostimato, in quanto numerosi casi vengono occultati
dalle famiglie. Un dramma che affligge soprattutto il Settentrione d’Italia. I
motivi sono spesso ignoti, ma affiorano alcune ragioni: dal rendimento
scolastico ai genitori che si separano fino al bullismo.
Suonava l’oboe e il pianoforte: il suo sogno era
diventare una cantante lirica. Frequentava il liceo musicale di Vercelli. Era
bella e radiosa, eppure era convinta di non piacere a nessuno. Il 4 aprile scorso Beatrice, di appena 15 anni ha scelto di lasciare questa vita terrena andando
incontro ad un treno nella stazione Porta Susa di Torino. Beatrice aveva
lasciato a casa una lettera in cui parlava del suo disagio di vivere.
A marzo a Bologna un sedicenne vittima dei bulli si è
ammazzato perché lo prendevano in giro. E lui si è lanciato dal settimo piano.
Andarsene per sempre. Raramente il suicidio è la
risposta ad un episodio estemporaneo, ma piuttosto il risultato finale di uno
stato di grave malessere.