di Gianni Lannes
«A noi servono 14 miliardi per il reddito di cittadinanza, se non bastano facciamo un pò di deficit» parole del diplomato Luigi Di Maio (in guerra con storia, geografia, lingua inglese e congiuntivi italiani), capo per conto terzi del movimento 5 stelle. Un fatto è certo: introdurre subito il reddito per tutti è impossibile. Allora perché promettere soprattutto in campagna elettorale qualcosa che non si può mantenere? Soltanto per sgraffignare il voto degli italidioti considerati da chi comanda veramente alla stregua di camerieri a vita?
La ricerca del lavoro (si fa per dire, sic!) condizionata all'elargizione statale di un'elemosina è mero assistenzialismo? Innanzitutto, i pentastelluti - che pretendono di stanziarsi a Palazzo Chigi - dove andranno a prendere i soldi pubblici per distribuirli a chi è senza reddito? In soldoni il progetto M5S prevede di integrare il reddito di ogni italiano sotto i 780 euro fino a questa soglia. Almeno sulla carta, chi è senza reddito riceve 780 euro, chi ne prende già 700, soltanto 80. Secondo l’Istat, in media, il trasferimento di denaro dovrebbe essere 480 euro a famiglia. A parere dei 5 stelle per beneficiare tutti i bisognosi potenziali (5 milioni di famiglie, ovvero 10 milioni di persone) ci vogliono 15 miliardi di euro. Invece per l'Inps i 15 miliardi di euro derivano da simulazioni Istat che attribuiscono alle famiglie proprietarie di una casa, un reddito fittizio equivalente all’affitto che potrebbero incassare dall’immobile, così da equiparare proprietari e inquilini.
I pentastelluti hanno indicato le seguenti fonti di
risorse da cui attingere: taglio di 5 miliardi di agevolazioni fiscali e 2,5
miliardi di non meglio precisati “tagli agli sprechi”. In totale si arriva così
a 7,5 miliardi di euro. E l’altra metà? La vulgata grullina pretende di finanziare
il resto in deficit, con il consenso della Commissione europea, in base ad un
trucco contabile: i beneficiari del reddito di cittadinanza risulterebbero
tutti disoccupati, mentre attualmente molti sono classificati come inattivi. Insomma,
più disoccupati e più deficit: tale approccio ovviamente non è mai stato validato da
Bruxelles. Mister Di Maio, il presunto aumento del prodotto interno lordo come
fa a ridurre il predetto deficit? Prima di sparararle grosse è consigliabile studiare seriamente economia e finanze all'università, conseguendo almeno una laurea con il massimo dei voti.
Tanto per cominciare seriamente, perché non ridurre gli emolumenti agli onorevoli a mille euro al mese? Ecco una soluzione praticabile se il belpaese fosse indipendente. Perché non dimezzare le spese militari italiane
che si aggirano sui 30 miliardi di euro annui, soltanto per fare le guerre sparse in mezzo mondo, in
base alle direttive di Washington? Forse l’Italia non ha più alcuna sovranità? Dignità fa rima con libertà.
Post scriptum
Post scriptum
Il reddito di cittadinanza del Movimento Cinque
Stelle consiste in 780 euro al mese (9.360 euro all’anno). Una cifra calcolata
sulla base del 60 per cento del reddito mediano netto in Italia, ponderato per
la composizione del nucleo familiare. Secondo l’Istat (dato del 2015),
costerebbe 14,9 miliardi di euro. Sarebbe finanziato, tra l’altro, dalla
spending review alla spesa della Pubblica Amministrazione (2,5 miliardi di euro); dall’aumento della
tassazione di banche e assicurazioni (2 miliardi); dall’aumento dei costi per
le trivellazioni (1,5 miliardi); dalla tassazione sul gioco d’azzardo (1
miliardo); dalla riduzione delle indennità ‘parlamentari (600 milioni) e, via
via, fino al taglio ai finanziamenti all’editoria (23 milioni). Si rischia di
danneggiare i media indipendenti per finanziare un sistema di «workfare»
neoliberale. Il sistema prevede che i beneficiari forniscano immediata
disponibilità. Se rifiutano tre proposte di lavoro perdono il sussidio. In più
i 780 euro andranno a calare con il tempo. Al termine del percorso (12 mesi, 2
anni?) il reddito potrebbe non servire più. L’obiettivo è immaginato su una
discutibile lettura del ciclo economico. In cambio il soggetto dovrà «erogare
otto ore di lavoro gratuito per lo Stato». Il rischio è creare un sistema che
razionalizza il lavoro gratuito.