LETTERA
APERTA
Manfredonia, 24 dicembre 2016
Alla cortese attenzione del
Signor Diamante Menale
Presidente di Energas S.p.A
Gentile
Signor Menale,
Le scrivo questa lettera per dire che mi dispiace per i
rapporti che si sono così incrinati tra Lei e la nostra città. Avremmo voluto
che fossero diversi, come facilmente avviene tra noi e le persone che si
avvicinano a questa città, solitamente cordiale con i forestieri.
È Natale,
ma non solo a Natale occorre saper mettere da parte i pensieri negativi, per far
emergere i sentimenti migliori, finora sopiti, da parte nostra, nella difesa di
interessi che fanno riferimento alla propria casa, alla bellezza del nostro
habitat, alle sue possibilità di sviluppo, perfino alla nostra esistenza, che
si ritiene esposta “a rischio rilevante” con l’insediamento dell’impianto che
la Sua Azienda vorrebbe tumulare nei nostri luoghi.
Io non le dettaglierò i motivi per i quali la nostra città ritiene che non accetterà mai che si possano insediare nel proprio territorio i depositi di Gas di Petrolio Liquefatti (GPL); né la collina che si vorrebbe elevare, su uno dei pochi luoghi ameni che ancora ci rimangono; né il gasdotto che dovrebbe attraverserà per dieci chilometri il nostro territorio, cinque chilometri di terraferma, in zona caratterizzata da una forte esposizione sismica, e cinque chilometri sotto il mare, con la conseguente distruzione della prateria di Posidonia, che fa da nursery a tutte le specie ittiche del Golfo, dopo essere passato per una zona a vincolo paesaggistico, classificata come uno dei più importanti siti archeologici della Daunia; né si può accettare il transito delle navi gasiere che influirà notevolmente sulla navigazione delle imbarcazioni da pesca, da diporto, passeggeri e commerciali; per non parlare di eventuali rischi terroristici, che potrebbero colpire il paventato impianto, per far saltare in aria la base Nato di Amendola, ed i suoi aerei a testata nucleare. Non mi dilungherò perché molto è stato detto e la città si è già espressa con un referendum su tali argomenti. Oggi io voglio solo parlare a Lei con il cuore in mano, nel rispetto che si deve ad un imprenditore che è stato prima invitato, blandito e corteggiato dalla pubblica amministrazione e poi abbandonato con dispregio, perfino con la derisione, come se Lei fosse un accattone e non una degna persona, che ogni giorno si adopera per far avanzare la propria impresa.
Signor Menale, io Le voglio solo dire che questa è una città provata.
Cinquant’anni fa la nostra popolazione fu ingannata dalla promessa di 5000
posti di lavoro, in cambio di un insediamento chimico che ha rappresentato la
condanna di un luogo ameno che già all’inizio del secolo scorso aveva avviato
una florida attività di pesca, un buon commercio, legato all’agricoltura ed
all’artigianato, ed un interessante turismo, fatto per lo più di una miriade di
iniziative di accoglienza a conduzione familiare, quando non esisteva alcun
turismo in nessuna della città a noi vicine. Quell’insediamento industriale ha
determinato la nostra rovina: la nostra città ha perso ogni identità,
allontanandosi sempre più dalla cura della bellezza e dell’economia del proprio
territorio, per una logica distruttiva che non ci ha risparmiato morte e
rovina. Infatti, nel mese di settembre 1976, lo scoppio della colonna di
lavaggio dell’ammoniaca nello stabilimento petrolchimico, in località Macchia
di Monte Sant’Angelo, riversò nell’atmosfera diecine di tonnellate di arsenico, una sostanza altamente
cancerogena, causando nel tempo qualche centinaio di morti e diversi ammalati,
non risparmiandoci nemmeno il rischio di malformazioni genetiche, che avranno
ripercussioni anche sui nostri figli e sui figli dei nostri figli.
La
cattura della nostra consueta fiducia è avvenuta con il subdolo intervento di
alcuni politici di allora, dell’Eni e della stampa prezzolata, che ci faceva
vedere la bontà dei posti di lavoro e non i costi, umani e sociali, di un
insediamento che aveva deciso di succhiarci il sangue, con il solito ricatto
occupazionale, il quale fa sembrare naturale che i posti di lavoro debbano
essere scambiati necessariamente con la vita e la salute della gente.
L’insediamento di quella fabbrica diede lavoro e benessere ad alcune centinaia
di lavoratori e lavoratrici, ma tolse anche la salubrità dell’aria, contaminò
la purezza del mare e la bellezza del paesaggio. L’occupazione nella pesca andò
diminuendo, perché i pesci divennero sempre più scarsi, ed il turismo si è
andato restringendo, mentre per tutti gli altri comuni prendeva a fiorire.
Inoltre, nell’agosto del 1988, una nube di ammoniaca della vicina fabbrica
chimica creò il panico e causò una fuga in massa della popolazione, così
gigantesca che, per darle un esempio della sua enormità, posso solo far riferimento
al giorno dell’apocalisse.
Per questo Manfredonia, a ragione, non si fida più delle
promesse degli imprenditori e neanche dei politici. Di conseguenza i danni ed i
rischi, che si teme possano venire dall’insediamento del deposito Energas nel
nostro territorio, fanno soprattutto riferimento ai dati, ma anche a tutte
quelle esperienze vissute, che sono impresse come profonde ferite nella nostra
memoria collettiva, sulla coscienza di ognuno di noi e rendono eccitabile il
nostro cuore. Per questo noi non potremo mai, mai, mai accettare l’insediamento
che ci propone.
Lei è un imprenditore, è un imprenditore serio e sa fare il
suo mestiere. Non gliene voglio per la sponsorizzazione del Manfredonia calcio
e per i diversi aiuti promessi o messi in campo, fanno parte del suo mestiere.
Ha solo cercato di stabilire un rapporto con una città che non voleva nemica,
perché Lei sa bene che non si può insediare un’impresa in una città ostile e,
del resto, qualsiasi insediamento, anche il più sicuro, crea sempre, durante la
propria vita, che per Energas sarebbe di 50 anni, rischi, allarmi e
disfunzioni, per i quali è opportuno che la città ospitante sia serena e
benevola collaboratrice. Perciò, non gliene vogliamo per quello che ha fatto.
Infatti se qualche volta parliamo del “mostro” Energas, non certamente pensiamo
a Lei, che ha una vita, una sensibilità ed una famiglia come ognuno di noi e
non possiamo quindi additarla per il lavoro che va svolgendo. Ma, per tutto
quello che Le ho detto, avrà capito che Manfredonia è una città provata,
allarmata, tradita da tanti anni di inganni e mistificazioni.
Lei si è lamentata che avverso al suo progetto non ci sono
mai state contestazioni da parte del Comune di Manfredonia, e che anzi, nel
febbraio 1998, l’Ufficio Tecnico Comunale diede allo stesso progetto un parere
di compatibilità ambientale, per cui non riesce proprio a capire ciò che accade
oggi. Per tutto questo che Lei lamenta, se possibile, Le chiedo scusa anche per
chi l’ha ingannata, esprimendoLe tutto il rispetto e la mia solidarietà, che mi
esce dal profondo dell’anima. Però, per favore, eviti a Manfredonia un altro
periodo buio che la nostra popolazione ha già vissuto nel passato, proprio per
far chiudere una fabbrica altamente inquinante che non voleva abbandonare il nostro
territorio. Io conosco la mia città, molto paziente, a volte troppo paziente,
eppure capace di bruschi risvegli. Non avvii il progetto da Lei voluto, ci
risparmi altri dolori. Lei, che è un importante imprenditore, sa meglio di me
che non si può portare avanti un’impresa, oltretutto particolare come la Sua -
che coinvolge, luoghi, cultura, arte, tradizioni, mare, porto ed un intenso
transito di navi di alto pescaggio - senza un sereno rapporto con la città.
Trovi un altro luogo meno segnato di questo. E, se crede, si rivolga a chi L’ha
messa fuori strada, cambiando idea dopo averLa blandita. Sarebbe nel suo
diritto chiedere, a loro personalmente, un risarcimento morale, prima ancora
che monetario, per il lungo impegno da Lei profuso. Però lasci perdere la
nostra città, che non vuole e non accetterà mai l’insediamento dell’impianto
Energas sul proprio suolo.
Prima di finire, La ringrazio per l’attenzione che ha
dedicato alla mia missiva e, nel salutarLa, Le auguro Buon Natale e un Prospero
Anno Nuovo.
Italo Magno
Presidente di
MANFREDONIA NUOVA
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