di Gianni Lannes
I segreti vergognosi di Stati albergano indisturbati sotto i nostri occhi
distratti, a riprova ulteriore dell’assoluta mancanza di sovranità dell’Italia
e della violazione conclamata e reiterata della libertà e della privacy del popolo italiano, da
parte delle forze armate USA, con il beneplacito di chi ci governa per conto straniero (non alleati, bensì padroni).
L'intelligence militare a stelle e strisce ci spia da decenni a nostra insaputa, compresi magistrati, giornalisti, servizi di sicurezza tricolore e cittadini comuni. Oggi con la scusa del "terrorismo" ci scrutano ed ascoltano le nostre conversazioni di qualsiasi genere, soprattutto internet, dai satelliti. Prima quando avevano il pretesto della guerra fredda usavano le stazioni terrestri. Ecco cosa è accaduto nello Stivale in un recente passato.
Invisibile ai comuni mortali, ma nota al ministero della Difesa e allo Stato Maggiore. Ha registrato istante dopo istante la strage di Ustica: il Dc Itavia abbattuto con 81 persone a bordo la sera del 27 giugno 1980, nei cieli del Mar Tirreno. Eppure nessun magistrato, neppure l’encomiabile giudice Rosario Priore, perché ignaro e non informato dalle autorità italiane civili e militari, ne ha mai chiesto conto a Washington con una rogatoria internazionale. Ha intercettato nel 1985 i sequestratori dell’Achille Lauro e documentato la strage del traghetto Moby Prince (140 morti) la sera del 10 aprile 1991, causato dal traffico di armi dello zio Sam. E ancora: la notte fra il 3 ed il 4 novembre 1994, ha archiviato attimo dopo attimo le convulse comunicazioni radio fra le unità aeronavali della NATO che colpirono e deliberatamente affondarono nelle acque internazionali del Mare Adriatico, il peschereccio Francesco Padre con 5 uomini ed un cane a bordo.
A dirla tutta, qualche tempo fa, un parlamentare indipendente, Nicola Magrone, di professione magistrato, tentò di far istituire invano una commissione parlamentare di inchiesta, poiché aveva intuito che un unico comun denominatore legava proprio queste stragi.
L'intelligence militare a stelle e strisce ci spia da decenni a nostra insaputa, compresi magistrati, giornalisti, servizi di sicurezza tricolore e cittadini comuni. Oggi con la scusa del "terrorismo" ci scrutano ed ascoltano le nostre conversazioni di qualsiasi genere, soprattutto internet, dai satelliti. Prima quando avevano il pretesto della guerra fredda usavano le stazioni terrestri. Ecco cosa è accaduto nello Stivale in un recente passato.
Invisibile ai comuni mortali, ma nota al ministero della Difesa e allo Stato Maggiore. Ha registrato istante dopo istante la strage di Ustica: il Dc Itavia abbattuto con 81 persone a bordo la sera del 27 giugno 1980, nei cieli del Mar Tirreno. Eppure nessun magistrato, neppure l’encomiabile giudice Rosario Priore, perché ignaro e non informato dalle autorità italiane civili e militari, ne ha mai chiesto conto a Washington con una rogatoria internazionale. Ha intercettato nel 1985 i sequestratori dell’Achille Lauro e documentato la strage del traghetto Moby Prince (140 morti) la sera del 10 aprile 1991, causato dal traffico di armi dello zio Sam. E ancora: la notte fra il 3 ed il 4 novembre 1994, ha archiviato attimo dopo attimo le convulse comunicazioni radio fra le unità aeronavali della NATO che colpirono e deliberatamente affondarono nelle acque internazionali del Mare Adriatico, il peschereccio Francesco Padre con 5 uomini ed un cane a bordo.
A dirla tutta, qualche tempo fa, un parlamentare indipendente, Nicola Magrone, di professione magistrato, tentò di far istituire invano una commissione parlamentare di inchiesta, poiché aveva intuito che un unico comun denominatore legava proprio queste stragi.
Nel corso della tredicesima legislatura sono stati presentati su un argomento di interesse universale, voitale per uno Stato di diritto (almeno sulla carta), ben 33 atti parlamentari (interrogazioni ed interpellanze), senza che mai uno di essi abbia mai ricevuto una risposta dal Governo tricolore. Perché?
A tutt’oggi risultano ancora “in corso”. Ecco per
esempio l’interrogazione a risposta scritta (numero 4/18223) depositata il 17
febbraio 2000 dal senatore Euprepio Curto:
«Al Presidente del Consiglio dei ministri. Premesso: che con
interrogazione n. 4-10277 del 25 marzo 1998, indirizzata ai Ministri
dell'interno, della difesa e delle comunicazioni, in riferimento alla rete
Ukusa security agreement, della quale fanno parte gli Stati Uniti, la Gran Bretagna,
il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda, che ha come scopo lo spionaggio
elettronico e per tale fine si avvale di una "risorsa" principale
conosciuta come Echelon, l'interrogante chiedeva di conoscere "in quali
termini e in quali modi l'Italia è coinvolta in detto sistema di
intercettazioni ... e quali risoluzioni i Ministri intendano adottare per
tutelare gli interessi della nazione, delle sue istituzioni e di tutti i suoi
cittadini"; che tale rete comprende una rete di sofisticatissimi satelliti
- spia, supercomputer in grado di analizzare quantità inimmaginabili di
intercettazioni estrapolando conversazioni telefoniche, fax o messaggi di posta
elettronica, in una sola parola le telecomunicazioni di tutto il mondo; che al
momento dell'interrogazione richiamata le uniche notizie per quel che riguarda
l'Europa erano quelle relative all'importantissimo ruolo svolto dalla Gran Bretagna,
sul cui territorio sembrava fossero allocate le uniche basi d'intercettazione satellitare,
tant'è che l'allora Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ebbe a dichiarare
in Parlamento che il Governo non sapeva nulla sulla esistenza nel territorio
italiano di una "rete di ascolto mondiale"; che, invece, il fatto che
la National security agency americana sia stata costretta a declassificare argomenti
riservati riguardanti le reti di spionaggio ha fatto conoscere l'esistenza di
una vera e propria catena mondiale di ascolto che in Europa vede certamente al
primo posto la Gran Bretagna attraverso Menwith e Morewenstone, ma anche
localizzazioni in Danimarca, in Germania e in
Italia a Brindisi, e più
specificamente a San Vito dei Normanni presso la base USA, l'interrogante
chiede di conoscere: quale sia stata l'attività svolta da Echelon nella base
USA di San Vito dei Normanni; quali siano i particolarissimi campi di interesse
(politico, industriale, professionale); se dagli archivi siano riscontrabili controlli
e intercettazioni a carico di politici brindisini; l'uso che eventualmente sia
stato fatto di tali intercettazioni; se esse siano state utilizzate anche nei
confronti di imprenditori e aziende; quale sia il livello di invasività del
fenomeno; visto il sostanziale smantellamento della base USA, se il Governo non
ritenga di bonificare nel più breve tempo possibile il territorio brindisino (e
nazionale) dal "grande orecchio" di Echelon».
Gli esecutivi italiani in palese violazione della
Costituzione repubblicana, non hanno mai fornito una risposta ai molteplici e
documentati atti parlamentari (interrogazioni ed interpellanze) sull’attività
di spionaggio di Washinton in Italia.
La base USAF di San Vito dei Normanni (San Vito Air
Station), situata a circa dieci chilometri a nord-ovest di Brindisi (40°38′41″N
17°50′19″E), in una posizione intermedia fra il porto della città pugliese ed
il centro abitato di San Vito dei Normanni, fu attivata il primo novembre 1960,
grazie ad uno dei numerosi accordi segreti siglati tra l’Italia e gli Stati
Uniti. Inizialmente operò come installazione esterna della base di Aviano, con
il personale e le attrezzature di sostegno forniti dal 6.900° stormo di
sicurezza, arrivato in loco già nel 1959. Esso diede il via alla costruzione
delle infrastrutture che permisero poi al 6.917° Electronics Security Group,
700 uomini dell’aviazione a cui se ne aggiungevano alcuni della US Navy, di
entrare in attività.
Nel 1964, venne eretta una mastodontica e misteriosa
struttura che prese il nome di “gabbia dell’elefante”. Si trattava di
un’antenna radiogoniometrica ad alta frequenza FLR-9, costituita da una grande
struttura circolare a cerchi concentrici (Wullenweber), mentre nei bunker
sottostanti lavoravano centinaia di specialisti dell’intercettazione,
traduttori e crittografi che, grazie a quelle antenne ed a potentissime
apparecchiature radio con un raggio utile di intercettazione di circa 1.500
miglia, ascoltavano ogni comunicazione - telefonica, radio, telex, telegrafica,
video… - proveniente non solo dal blocco comunista e dal Vicino e Medio
Oriente, ma anche dai cosiddetti Paesi amici occidentali, Italia compresa.
La base di San Vito e quella di Chicksands, in Gran
Bretagna, furono le prime ad essere equipaggiate con il sistema di
intercettazione FLR-9, nell’ambito della nuova rete spionistica col nome in
codice di “Cavallo di Ferro”. Le altre tre installazioni della rete erano
collocate presso la base di Misawa in Giappone, la Clark Air Base nelle
Filippine ed a Elmendorf, in Alaska.
Già dal 1967 l ‘attività di intelligence di San Vito
passò alle dipendenze operative della NSA (National Security Agency), il
servizio segreto militare che di fatto gestisce il famigerato sistema Echelon e
le sue derivazioni.
All’inizio degli anni Ottantal’affermazione della tecnologia satellitare ha
reso obsolete le grandi installazioni fisse. La Guerra del Kossovo
del 1999 fu l’ultima operazione convenzionale alla quale partecipò la base, che
dall’aprile 2001 cessò di operare.
San Vito, infatti, accolse uomini e mezzi assegnati
alle missione “Deny Flight” in Bosnia Erzegovina, poi riconvertiti
nell’operazione di peacekeeping “Provide Promise” condotta negli stessi
territori, con gli elicotteri Black Stallion ed i cacciabombardieri AC-130
Spectre stazionanti presso le piste dell’aeroporto militare Pierozzi di
Brindisi e muniti di bombe all’uranio impoverito. Nel 1997, i 1.300 uomini
della Joint Operation Task Force-2 - avieri statunitensi del 352° Special
Operations Group e del 16° Special Operations Wing - operavano a San Vito a
sostegno del dispiegamento delle truppe NATO in Bosnia e del controllo dello
spazio aereo sul Paese balcanico. Affiancati da una manciata di fanti e marinai
USA, e dalle truppe speciali francesi dell’Armée de l’Air, impegnate in
operazioni di commandos.
Terminata l’aggressione della NATO alla Serbia nel
1999, a San Vito è rimasto soltanto un reparto addetto alla sorveglianza del
perimetro esterno ed alla efficienza della stazione di osservazione solare del
Solar Electro-Optical Network. La struttura è gestita da un contractor privato
ed è inserita in una rete di sei installazioni sparse nel mondo per assicurare
un monitoraggio 24 ore su 24. Organizzativamente fa capo al 55° Space Weather
Support Squadron, insediato alla Schriever Air Force Base in Colorado.
Il 29 febbraio 2000, il senatore Stefano Semenzato,
presentò un’interrogazione nella quale - alla luce delle risultanze dello
studio preparato per il Parlamento Europeo da Duncan Campbell e denominato “Interception Capabilities 2000″,
sull’esistenza e le modalità di funzionamento del sistema Echelon - chiedeva
delucidazioni in merito alle attività ed alla dotazione tecnologica della base
di San Vito dei Normanni. Domandava inoltre se il governo italiano avesse una
qualche forma di controllo sull’attività della base e se, in caso contrario,
non intendesse porre agli Stati Uniti una richiesta in tal senso.
A seguito di una gara bandita nel dicembre 2001,
sono stati rimossi tutti i materiali che componevano l’antenna e le imboccature
al gigantesco bunker sotterraneo, e sono state sigillate con due impenetrabili
porte d’acciaio.
Il 24 luglio 2003, con una cerimonia ufficiale
tenutasi nella base di Ramstein, in Germania, alla presenza del colonnello
Casertano per lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana (AMI) e del
comandante dell’aeroporto di Brindisi, Rolando Tempesta, è avvenuto il
passaggio di San Vito dall’USAF all’AMI. L’accordo parlava di un periodo
transitorio di due anni in cui San Vito avrebbe dovuto rimanere in carico
all’aeronautica italiana, per poi transitare all’amministrazione civile scelta
dallo Stato. Resta però in possesso degli Stati Uniti una piccola ma importante
porzione della base, quella della stazione di osservazione solare con sofisticate
apparecchiature e radar.
L’Onu ha ottenuto l’uso di parte delle
aree della ex base per scopi logistici (un nuovo enorme deposito che va ad
aggiungersi a quello già presente presso l’aeroporto del capoluogo brindisino)
ed operativi (una scuola mascherata da addestramento al peacekeeping con corsi
di “polizia internazionale”).
SUGGERIMENTI DI LETTURA:
Lannes, G., IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO, Draco edizioni, Modena, 2012
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=echelon
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ris
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=echelon
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ris
Nessun commento:
Posta un commento
Gradita firma degli utenti.