il relitto dell'aereo italiano "Argo 16" (23 novembre 1973) |
il Dc 3 "Argo 16" |
di Gianni Lannes
Per dirla con
Leonardo Sciascia: “Se un fatto non si racconta non esiste”. Bisogna ricercare.
Sette anni prima della strage senza giustizia di Ustica, c’è una storia che riemerge dal passato morto e mai
sepolto. La ricerca rimette indietro le lancette della storia contemporanea,
ancora tutta da scrivere, e conduce a quel venerdì 23 novembre dell’anno 1973.
Sabotaggio del
Mossad. Poco dopo il decollo precipita al suolo un aereo militare italiano. L’inchiesta
delle autorità aeronautiche dura alcuni mesi prima di concludersi con la solita
archiviazione: si è trattato di un banale incidente. A metà degli anni ’80,
però, dopo il braccio di ferro (1985) di Craxi a Sigonella contro Usa e
Israele, i generali Miceli e Viviani avanzano pubblicamente sospetti sulla vera
causa del disastro: “fu fatto esplodere manomissione dolosa… un avvertimento un
po’ cruento dei servizi di Israele al governo italiano”.
Nel 1986 la procura
della Repubblica di Venezia riapre il caso, affidandolo al giudice Carlo
Mastelloni al quale viene opposto il segreto di Stato per tentare di ostacolare
l’indagine. Nel marzo del 1997 Mastelloni incrimina 22 ufficiali dell’Aeronautica
militare con l’accusa di “soppressione, falsificazione e sottrazione di atti
concernenti la sicurezza dello Stato”. A suo giudizio “coloro che negli anni si
sono occupati dell’inchiesta hanno sistematicamente occultato, falsato o
distrutto ogni elemento che poteva portare sulla strada giusta”. Sono invece
accusati di strage Zvi Zamir, già capo del Mossad e Asa Leven, direttore del
Mossad in Italia all’epoca della strage aerea.
Nel fascicolo del
giudice Carlo Mastelloni (il primo
ed unico magistrato italiano a scoprire casualmente che ad Aviano gli USA
detengono illegalmente ordigni atomici) tra le carte ingiallite rosicchiate
dagli umori del tempo, c’è scritto:
«Il velivolo militare C47 Dakota, denominato
Argo 16 si distruggeva al suolo circa cinque minuti dopo il decollo
dall’aeroporto di Venezia. Diretto ad Aviano, il velivolo nei pressi di Porta
Marghera ha urtato contro un palo dell’illuminazione, successivamente ha
impattato con il motore sinistro contro il solaio della palazzina del centro
meccanografico dello stabilimento Montefibre, quindi, proseguendo la sua corsa,
si è disintegrato esplodendo al suolo causando la morte dei quattro membri
dell’equipaggio: il colonnello Anano Borreo, il tenente colonnello Mario
Grande, i marescialli Aldo schiavone e Francesco Bernardini».
Il generale Ambrogio Viviani tergiversava, asseriva di non sapere. Il magistrato gli indicò le pagine di Panorama con una sua intervista di tre mesi prima. Infatti il 18 maggio del 1986 il settimanale pubblicava una storia di copertina: “Gheddafi figlio nostro”. A pagina 42, gli intervistatori (Romano Cantore e Carlo Rossella) chiesero all’alto graduato dei servizi segreti (Sismi):
«Risulta che il velivolo utilizzato, l’Argo
16, tre giorni dopo saltò misteriosamente per aria sopra il cielo
dell’aeroporto Tessera a Venezia. Morirono i piloti. L’incidente apparve allora
molto strano. Lei che ne pensa?».
Risposta testuale
del generale Viviani: «A mio giudizio fu un avvertimento del
Mossad, un consiglio un pò cruento per dirci di smetterla con Gheddafi e il
terrorismo arabo-palestinese».
Alcuni passaggi sono
evidenziati. Viviani in quell’intervista in primo piano sosteneva che
l’incidente al velivolo Argo 16 era “un avvertimento del Mossad”. Gli
israeliani secondo l’ex capo del controspionaggio militare italiano, avevano
dato «un consiglio un po’ cruento per dirci di smetterla con Gheddafi e il
terrorismo arabo».
Un mese prima della
caduta di Argo 16 - che veniva usato per i voli del servizio segreto militare -
l’aereo aveva condotto in Libia 5 terroristi arabi fermati ad Ostia, mentre
stavano preparando un attentato contro un aereo di linea israeliano. Il
generale non confermava. Il magistrato tagliò corto: “lei rischia l’arresto”.
La notizia dei
giornali risale al 18 aprile 1991: un magistrato ha inviato al generale Zvi Zamir, capo del Mossad dal 1968 al 1974, un ordine di
comparizione. L’alto ufficiale israeliano è incriminato per concorso in strage.
I periti non hanno potuto lavorare sul materiale: i resti dell’aereo non
esistono più. Ma c’è un dettaglio che i due periti hanno scoperto: quel palo
contro cui avrebbe sbattuto l’aereo perdendo il controllo:
«I
pali dell’illuminazione attualmente presenti - scrivono nella loro
relazione al magistrato - sono gli stessi del 1973. Tenendo conto
delle dimensioni dei pali stessi non è tecnicamente sostenibile l’ipotesi che
il velivolo abbia urtato contro il palo perdendo parte della semiala sinistra e
che il palo sia rimasto assolutamente integro, come si può osservare».
Secondo Mastelloni «La
circostanza dunque relativa all’impatto di una delle ali del velivolo con uno
dei pali dell’illuminazione è una delle più appariscenti menzogne trasmesse
dagli organi competenti negli ambienti militari».
La versione dei
periti giudiziari è perentoria: “Argo 16 potrebbe essere precipitato perché era
stato sabotato il timone di coda”. Ma di quel timone non c’è più traccia: è
scomparso nel nulla, come tante altre possibili prove di questa inchiesta
dimenticata in fretta.
Nuova scena: aula
di corte d’assise a Venezia, giovedi 30 settembre 1999. Luigi Borreo è seduto
al banco delle parti civili. E’ la prima udienza di un processo con nove
imputati. Uno, è l’ex capo del Mossad Zvi
Zamir, accusato di strage. Gli altri otto sono ex ufficiali del
controspionaggio, prima Sid poi Sismi, accusati di soppressione di prove, per
aver cercato di nascondere le vere cause della sciagura. Parla la pubblica
accusa:
«Con
sofferenza e con grande sconforto sono costretto a chiedere l’assoluzione per
la strage».
Le parole del pm
sollevano il brusio dei cronisti. Non bastano intuizioni e indizi, ci vogliono
prove per dimostrare che l’Argo 16 è stato sabotato. Al giorno d’oggi se un
auto va a sbattere contro un guard-rail, per prima cosa la si sequestra. A quel
tempo, invece, il pm non ha sequestrato niente. La polizia giudiziaria, che era
certamente subordinata ai servizi segreti, non ha fatto niente. Quando le
indagini furono riaperte di questo aereo ormai non c’era più un pallido
simulacro, tantomeno l’odore e nemmeno la polvere. Luigi Borreo ripensa alla
terribile fine di suo padre, a quell’aula di tribunale, dove non c’era un
avvocato che si costituisse parte civile per conto dello Stato. Come se quell’aereo
non fosse italiano, come se quei piloti militari morti non fossero mai nati in
Italia. Non c’è stata una strage e se ci fu, si è dissolta negli anni,
dileguata nelle carte, annullata nelle prove truccate, imputridita nelle verità
nascoste. In fondo non è accaduto nulla: è tutto a posto, come al solito.
La corte entra in
aula il 14 ottobre 1999 e annuncia che si deve procedere. Si parlerà degli
arabi e degli israeliani, si discuterà di nomi che appartengono alla squallida
memoria dell’Italia. Il passato sarà ancora presente per qualche attimo,
inopportuno e fastidioso. Poi, il 16 dicembre 1999 l’archiviazione generale: i
giudici - incredibilmente - sentenziano che l’aereo precipitò per un’avaria o
per un errore del pilota.
L'Ha-Mossad le-Modi'in ule-Takkidim Meyhuhadim (nome completo) al pari
della Cia ha alimentato nel Belpaese la sanguinosa strategia della tensione.
Ecco cosa attesta qualche brano della sentenza firmata dal magistrato Ferdinando
Imposimato contro Renato Arreni, nell'inchiesta per l’assassinio di Aldo Moro:
«Occorre prendere
atto del fatto che i servizi segreti israeliani ebbero una perfetta conoscneza
del fenomeno eversivo italiano fin dal suo sorgere, inserendosi in essso con
una continua azione di sostegno ideologico e materiale (…) In effetti fin da allora
risultò che terroristi mediorientali legati ad Arafat e Mossad avevano deciso
di trasferire in Italia il conflitto del Medio oriente».
E infine, le
motivazioni:
«I servizi segreti israeliani,
operando in Italia ininterrottamente almeno fino al 1976-1977, furono mossi dal
fine di destabilizzazione politica e sociale in Italia (come avevano
sperimentato proficuamente in altri paesi mediorientali quali il Libano, la
Giordania e l’Egitto) al fine di indurre l’America a vedere Israele come l’unico
punto di riferimento alleato nel mediterraneo per averne in tal modo maggiore
sostegno in termini politici e militari».
L’Italia senza sovranità,
usata indiscriminatamente da 70 anni come un campo di battaglia: basti pensare
al traffico di armi intercorrente tra la loggia P2 di Cefis-Gelli
ed i servizi di intelligence sionisti. Un sistema di affari clandestini consolidato
infine con l’accordo di cooperazione militare sottoscritto dal governo
Berlusconi. Un memorandum di intesa che prevede “acquisizioni e produzioni
congiunte di armamenti come bombe, mine, razzi, siluri, carri, esplosivi ed
equipaggiamenti per la guerra elettronica” e cooperazione bilaterale nel
settore. Attività lucrose che restano top secret per legge, anche se un’altra
legge italiana (seppure manomessa dal ministro Cesare Previti con il favore della finta opposizione di centro sinistra) vieta il commercio
con nazioni in stato di guerra. Dulcis in fundo: non si comprende per quale
ragione il Governo italiano abbia fornito al Mossad l’elenco completo di tutti
gli agenti segreti italiani e non viceversa il Governo di Tel Aviv.
Tutto è legato. Così fanno riflettere le mancate risposte governative alle interrogazioni parlamentari sul caso che illuminavano anche le attività clandestine di Gladio e la presenza in Italia di armaneti nucleari USA in violazione del TNP.
Post scriptum
A più di qualcuno a Roma e a Tel
Aviv magari torna la memoria. Noi sappiamo…
suggerimenti di lettura:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=israele
suggerimenti di lettura:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=israele
E' sempre scioccante rileggere ciò che si sapeva già, ma sempre si dimentica... Sarebbe assai utile se ci aiutasse a ricostruire ciò che oggi i servizi segreti israeliani stanno facendo per ottenere bavagli legislativi in diversi Stati (dagli USA all'UK ed alla Francia e... domani in Italia) che impediscani ogni critica alle politiche israeliane, insieme con il BDS ...e chi sa, tali pesanti impedimenti alla libertà di espressione ed organizzazione ed azione politica potrebbero tornare assai utili in generale a Stati i cui governi sempre meno si sentono legati ad un mandato popolare e vincolati a principi democratici...
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