BIOGRAFIA

27.6.13

ANDREA PAZIENZA: IL MITO






di Gianni Lannes

Venticinque anni senza Paz! La notte tra il 15 e il 16 giugno del remoto 1988 Andrea volava in cielo ad appena 32 primavere. Da quel momento divenne un mito per chi, come lui, aveva respirato a pieni polmoni l’aria degli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta. Un mito per chi ama disegnare, illustrare, colorare, creare, pensare con la propria testa. Un mito per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, di vivergli accanto, di frequentarlo o soltanto di lavorare con lui. Un mito per chi è venuto dopo, per chi ne ha sentito parlare, ha divorato i suoi fumetti e se ne è presto innamorato.

Pertini e Paz!


A San Severo nel Tavoliere delle Puglie, città in cui ha vissuto la sua infanzia, Andrea riposa accanto a una roccia del Gargano, quella montagna del sole che amava tanto, più di ogni altro luogo al mondo. In particolare, la nostra cara ed amata San Menaio (Sant' Mnà": nell'idioma vichese), in riva all’Adriatico. Ma erano altri tempi. Un suo caro amico di infanzia, Enrico Fraccacreta, a lui ha dedicato una straordinaria opera letteraria: Il giovane Pazienza (Stampa Alternativa, Roma, 2001): un libro ricco di emozioni e suggestioni che racconta gli anni dell’infanzia vissuta insieme.

Parola di Andrea: «San Severo città nel mio pensiero dove prospera la vite e il clima è sempre mite». Andrea era nato a San Benedetto del Tronto il 23 maggio 1956, ma la sua famiglia paterna è pugliese. Chissà cosa farebbe Andrea vedendo come sono stati ridotti i luoghi delle nostre radici terrene. "La pazienza ha un limite, Pazienza no!". Era questo il modo con cui Andrea descriveva se stesso e le sue storie. 

Pensando ad Andrea affiora un mare di ricordi e di emozioni. Ci manca tanto perché quando ci ha lasciato era così giovane, e così autenticamente se stesso. Bisogna morire giovani il più tardi possibile: lui è morto troppo presto.

Ci ha lasciato proprio soli, ci ha fatto intravedere la bellezza e poi ha chiuso tutto, però ci ha lasciato dei frutti proibiti.

Andrea era vicino a tutte le età; poteva essere un bambino e un vecchio, senza differenza, una donna e un uomo, un animale e una matita. Era eclettico e bello. Aveva una gioia di vivere negli occhi e nell’animo, davvero immensa che contagiava chiunque al contatto. Andrea era un uomo buono, per me un fratello maggiore.

Per chi ama i fumetti era il capostipite di una grande scuola che non ha avuto poi nessun allievo prediletto perché era inimitabile, unico. Era sempre duro, ma duro come lo può essere un bimbo. Vedeva tutte le cose come se le si vedono per la prima volta, ovvero con sincera ingenuità. Il suo tratto nel disegno era stravagante, era un caos rigorosissimo. I suoi testi provenivano dal parlato. Andrea era un sensibile poeta, un linguista autentico perché le sue parole scritte erano frutto di un genio poetico e letterario innato. Anche le invenzioni linguistiche erano al pari delle invenzioni immaginifiche del fumetto. Quanto ha attinto dalla realtà vissuta!

Ci resta una gran desiderio di vedere compiute le storie incompiute dei suoi personaggi. Chissà cos’altro ci avrebbe regalato. Era michelangiolesco Andrea, ma aveva la forza del Masaccio e l’invenzione di Giotto. I suoi fumetti sono una forma di felicità pura e semplice, e regalano emozioni indicibili.

Andrea era un talento irripetibile. Mi piaceva tanto la sua cattiveria buona e la sua forza d’animo; graffiava per davvero e non era mai melenso né retorico. In lui affioravano al contempo il sublime ed il comico. Con lui c’erano sempre grandi scintille di allegria e di amore.




Quando scendo a San Menaio o a Cal'nedd' di Vico del Gargano (piccola cala marina), oppure mi soffermo a San Severo, mi viene sempre in mente Andrea e lo immagino come un arcobaleno, simbolo di pace perché viene dopo i temporali, ma anche immagine di bellezza e molteplicità. Era così Andrea: in lui come nell’arcobaleno nessun colore aveva il monopolio, ma tutti vi trovavano spazio. Dalla loro diversità infatti nasce l’armonia: sono escluso il bianco ed il nero - che infatti non sono colori - perché la realtà non è fatta di estremi, bensì di sfumature. E poi l’arcobaleno unisce frammenti di terra passando attraverso il sole.

Da parte dell'amico Andrea Pazienza: «Dedicato a tutti quelli che avevano vent’anni nel 1977. E che ora ne hanno diciotto».

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