BIOGRAFIA

11.10.19

ITALIA: COLONIA USA DAL 1943

foto Gilan


di Gianni Lannes

Per verificare se l’Italia è o non è una colonia UNITED STATES OF AMERICA (usa e getta), chiedete (ai parlamentari e governativi) informazioni dettagliate relative ai seguenti accordi segreti: 1) le clausole segrete della ‘Convenzione d’Armistiziodel 3 Settembre 1943; 2)  le clausole segrete del ‘Trattato di paceimposto all’Italia, il 10 Febbraio del 1947 (Parigi); 3)  le clausole segrete del ‘Trattato NATOfirmato a Washington il 4 Aprile 1949, ed entrato in vigore il 1 Agosto 1949; 4) il ‘Bilateral Infrastructure Agreement’ (BIA) o ‘Accordo segreto USA-Italiadel 20 Ottobre 1954 (Accordo firmato dal Ministro Scelba e l’Ambasciatrice statunitense Clare Booth Luce, e mai sottoposto alla verifica, né alla ratifica del Parlamento); 5)  il Trattato Italia-NATO, firmato a Parigi il 26 Luglio 1961 (reso operativo con Decreto del Presidente della Repubblica No. 2083, del 18 Settembre 1962); 6) l’Accordo bilaterale Italia-USA, firmato dal Governo Andreotti, il 16 Settembre 1972; 7) il ‘Memorandum d’intesa USA-Italia’ (Shell Agreement) del 2 Febbraio 1995; 8) l’Accordo segreto ‘Stone Ax’ (Ascia di Pietra), concluso inizialmente negli anni ‘50/’60 e rinnovato l’11 Settembre 2001. Ipoteca sulla democrazia. Si tratta di una flagrante negazione, violazione ed infrazione degli articoli 80 ed 87 della Costituzione repubblicana (stracciata dal Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009) che prevedono rispettivamente la ratifica obbligatoria di ogni accordo internazionale, sia da parte del Parlamento che del Presidente della Repubblica. Ergo: politicanti tricolore eterodiretti dall'estero.
 
Nel rapporto ufficiale reso noto da Washington, ovvero: «2004 Statistical Compendium on Allied Contributions to the Common Defense»  alla pagina «B-10» c'è la scheda relativa all'Italia in cui si legge che il contributo annuale alla «difesa comune» versato dall'Italia agli Usa per le «spese di stazionamento» delle forze armate americane è pari a 366 milioni di dollari. Tre milioni, spiega il documento ufficiale, sono versati cash, mentre gli altri 363 milioni arrivano da una serie di facilitazioni che l'Italia concede all'alleato: si tratta (pagina II-5) di «affitti gratuiti, riduzioni fiscali varie e costi dei servizi ridotti». Nel caso del centinaio e passa di basi americane (coperte dallo status Nato), il 41 per cento dei costi totali di stazionamento sono a carico del Governo italiano, ovvero degli ignari contribuenti che lavorano veramente: il dato è riportato alla pagina B-10. Alla tabella di pagina E-4 sono invece messi a confronto gli alleati: più dell'Italia pagano solo Giappone e Germania. Inoltre in base agli accordi bilaterali capestro firmati da Italia e Usa nel 1995, se una base americana chiude, il nostro Governo deve indennizzare gli alleati per le «migliorie» apportate al territorio, con un ulteriore vincolo: se l'Italia intende usare in qualche modo il sito entro i primi tre anni dalla partenza degli americani, Washington riceverà un ulteriore rimborso.


L'allora Ministro della difesa Arturo Parisi ebbe a dichiarare, alla Camera dei Deputati, il 19 settembre 2006, che esistono ufficialmente otto basi Usa in Italia disciplinate sulla base accordi bilaterali Italia-Usa. Secondo una precisazione pubblicata dagli autori della prassi italiana diritto internazionale nell'Italian Yearbook of international Law, le otto basi (o meglio basi e infrastrutture) degli Stati Uniti in Italia sarebbero le seguenti: a) aeroporto di Capodichino (attività di supporto navale) b) aeroporto di Aviano, Pordenone (31o stormo e 61° gruppo di supporto regionale; c) Camp Derby (Livorno); d) la base di Gaeta, Latina; e) la base dell'Isola della Maddalena (disattivata senza bonifica dall’inquinamento nucleare nel 2008, ndr; f) la stazione navale di Sigonella; g) l'osservatorio di attività solare in San Vito dei Normanni; h) una presenza in Vicenza e Longare.


Il trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi americane in Italia è l'accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954. Tale atto, noto agli specialisti come «accordo ombrello», non è mai stato pubblicato. Secondo un autorevole commentatore, esso fu firmato dall'allora Ministro italiano degli esteri (Giuseppe Pella) e dall'ambasciatrice Usa in Italia (Clara Booth Luce). Si tratta quindi di un accordo in forma semplificata che stabilisce, tra l'altro, il tetto massimo delle forze Usa che possono stazionare in Italia. Quanto alle armi convenzionali, proibite da trattati ratificati dall'Italia ma non dagli Stati Uniti, dovrebbe essere chiarito, come politica generale, che queste non possono essere detenute in basi americane in Italia. Studi di ricerca specializzati hanno affermato che pur considerando le basi americane come una bilateralizzazione dell'articolo 3 del Trattato Nato, bisognerebbe affermare che la base dovrebbe essere usata per scopi strettamente difensivi, cioè qualora l'Italia o altro membro dell'Alleanza sia oggetto di un attacco armato.  Ma il reale uso della base smentisce questo assunto. Il concetto di sicurezza si è ampliato e la Nato ha ormai intrapreso una serie di missioni, ovvero la guerra, che vanno ben oltre la nozione di legittima difesa contro un attacco armato.  Un uso delle basi per fini diversi da quelli stabiliti dal trattato, sia come missioni ex articolo 5 sia come missioni non-articolo 5 non dovrebbe essere consentito. Anche tale assunto, però, viene smentito dalla prassi. Durante il conflitto iracheno, la base di Vicenza fu usata, avendo l'Italia aderito ad una politica di non-belligeranza. Questa è prevedibile se si hanno basi straniere sul territorio nazionale, poiché la neutralità perfetta, che comporterebbe l'internamento di uomini e materiali, non può essere mantenuta.


Da un rapporto del Consiglio d'Europa si apprende che la base di Aviano e quella di Ramstein (Germania) sarebbero state usate per operazioni di extraordinary rendition. L'individuo catturato sarebbe stato poi consegnato all’Egitto e sottoposto a tortura. L'arresto di individui con procedure extragiudiziali è procedura in violazione del diritto internazionale e costituisce un trattamento inumano e degradante – aggravato, a quanto sembra, dalla successiva sottoposizione a tortura dell'individuo. Ovviamente l'extraordinary rendition non rientra tra gli usi consentiti della base. Si tratta di un uso in violazione del diritto internazionale, la cui illiceità non è superabile neppure qualora lo stato territoriale abbia acconsentito all'operazione. All'interno di questo scenario di palese occupazione gli Stati Uniti detengono 90 bombe nucleari in Italia, così come confermato dai rapporti ufficiali dell’Us Air Force: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Altre circa 400 sono dislocate in Germania, Gran Bretagna, Turchia, Belgio e Olanda. Sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima).


L'Italia per eludere gli obblighi derivanti dal Trattato di non proliferazione con la presenza di armi atomiche ricorre al sistema della «doppia chiave». Le armi nucleari restano in possesso degli Stati Uniti e sotto il suo stretto controllo. Solo gli Usa potranno decidere se ricorrere all'arma nucleare. Tuttavia l'uso è consentito solo dopo autorizzazione dello stato territoriale, cioè dell'Italia. In questo modo solo formalmente l'Italia non esercita alcun controllo sulle testate nucleari Usa e quindi la loro presenza non è incompatibile con il Tnp. Tuttavia, non sono pubblici i dettagli del sistema connesso alla doppia chiave. Le bombe nucleari tattiche sono alloggiate in particolari hangar insieme ai caccia pronti per l'attacco nucleare: tra questi, i tornado italiani che sono armati con 40 bombe nucleari (quelle tenute a Ghedi Torre). A tal fine, rivela il rapporto, piloti italiani vengono addestrati all'uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone). Questo fatto viene confermato ufficialmente, per la prima volta, nel Nuclear Posture Review 2010, dove si attesta che «i membri non nucleari della Nato posseggono aerei specificamente configurati, capaci di trasportare armi nucleari». 


Il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo.


Il 28 maggio 2010, dopo quasi un mese di lavori, si è conclusa a New York la conferenza quinquennale di revisione del trattato di non proliferazione nucleare: i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di 28 pagine nel quale si dettagliano i passi successivi nella strada verso il disarmo globale. In sostanza le cinque potenze nucleari riconosciute (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) si impegnano ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire l'importanza strategica delle armi nucleari e a presentare un rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014. Inoltre, viene indetta per il 2012 una Conferenza internazionale «per la denuclearizzazione del Medio Oriente» e l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa.


La risoluzione numero 1887, adottata nel mese di settembre 2009 dal Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), prefigura un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Il documento «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Tnp di entrare nel Trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima». Il primo pilastro del Tnp è il disarmo nucleare: ma si tratta di un Trattato discriminatorio, in quanto alcuni Paesi, i cinque che avevano effettuato un test nucleare prima del gennaio 1967 e che sono anche i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, sono autorizzati a possedere le armi nucleari, mentre ciò è interdetto agli altri Paesi aderenti al Trattato, che sono perciò definiti «Paesi non nucleari» nel Trattato stesso. Il secondo pilastro è la non proliferazione: a nessun Paese membro del Trattato è consentito trasferire o ricevere armi o esplosivi nucleari o parti di essi. Nessun Paese nucleare – sulla carta – può fornire assistenza per la costruzione di esplosivi nucleari a Paesi non nucleari, né affidare il controllo diretto o indiretto di armi nucleari a Paesi non nucleari. Inoltre, tutti i Paesi non nucleari devono concordare con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) di Vienna le procedure di controllo delle proprie attività nucleari pacifiche. In questo scenario il Governo di coalizione tedesca ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i Paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario.


L’Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armamenti nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. Il parere della Corte internazionale di giustizia, inoltre, ha confermato che il possesso delle armi nucleari e la stessa deterrenza nucleare non sono contrari al diritto internazionale. Il parere in questione, però, ha stabilito che l'uso dell'arma nucleare è sottoposto alle regole del diritto internazionale umanitario. L'Italia dovrebbe pertanto ritirare la riserva interpretativa al I Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari. Inoltre c'è l'obbligo di uno Stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto del Tnp.
Durante il vertice di Lisbona ( novembre 2010) Italia e Turchia hanno accettato una riallocazione dell'arsenale europeo concentrandolo sul proprio territorio e precisamente nelle basi sotto controllo degli Usa di Aviano in Italia e Incirlik in Turchia. Risultano, inoltre, oltre ad Augusta e Napoli, altri nove porti italiani in cui vengono periodicamente ospitati sottomarini o unità navali a propulsione nucleare (Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Taranto e Trieste). In Sicilia si sono verificati alcuni incidenti nucleari mantenuti segreti, provocati da mezzi delle forze armate USA di stanza a Sigonella. Le conseguenze da allora hanno provocato leucemie fulminanti nei bambini. Nonostante sia stata depositata una documentata denuncia nel 2006 alla Procura della Repubblica di Siracusa, non è stato adottato alcun provvedimento di bonifica per salvare la vita di chi si affaccia alla vita, né tantomeno si è fatta giustizia.


E’ altresì di dominio pubblico la presenza di oltre 100 basi ed installazioni logistiche e militari USA e NATO che, dal 1945, occupano parcelle importanti del nostro territorio nazionale con statuto extra-territoriale. Da documenti ufficiali USA emerge che Washington considera l'Italia «una piattaforma strategica unica per le truppe Usa, permettendoci di raggiungere facilmente le aree turbolente del Medio Oriente, dell'Europa orientale e dell'Africa. E con Africom sarà partner ancora più significativo della nostra proiezione di forza». (Africom sta per Africa Command che è il comando responsabile delle operazioni militari americane in Africa che a fine 2009 si è insediato a Vicenza). 


La Repubblica Italiana non è certo ‘cosa nostra’… perché se davvero fosse nostra, ovvero di cittadine e cittadini italiani, non si fonderebbe sui “segreti”. “Segreti” su questioni fondamentali, la cui esistenza configura una repubblichetta di facciata, sostanzialmente appunto ‘cosa loro’. Loro” sono ovviamente gli Stati Uniti d’America, che nel lontano 1943-45 hanno effettuato la conquista dell’Italia aiutati dalla mafia e dalla massoneria (come nel 1860 con Garibaldi e i Savoia), eufemisticamente chiamata “Liberazione”. “Liberazione” da noi stessi, tant’è vero che dopo oltre 70 anni non se ne sono più andati. Potevano farlo dopo la fine dell’URSS, visto che il “problema” era il comunismo, ma non l’hanno fatto. L’Italia è, infatti, ‘cosa loro’, anche se il popolo italiano non lo deve percepire assolutamente.


Questo è il “segreto dei segreti” – altrimenti definibile la “madre di tutte le menzogne” – della “Repubblica Italiana delle banane”. Tutti gli altri “segreti” (la “strategia della tensione”, le BR, le “trame nere”, Gladio, le “stragi di Mafia”, “Mani Pulite”, il “terrorismo islamico”eccetera) sono una conseguenza logica del “segreto dei segreti”. Pretendere la verità su questo punto non è una cosa “di destra”, “di centro” o “di sinistra”. È semplicemente una cosa sensata, da “patrioti”, se la parola “patria” non avesse assunto per i più  un significato distorsivo. Senza contare i comandi  di intelligence dipendenti dalla National Security Agency.  


Vi pare poco? Vogliamo ancora parlare di “Repubblica Italiana”? La “Repubblica Italiana” non è quello che sembra: l’Italia è una nazione occupata.  In questa tragica situazione, pensare di risolvere qualsiasi problema soltanto con le parole o con le petizioni è semplicemente folle. Strategia: occorrono azioni politiche, forti, decisive e determinate. Se esiste realmente come entità politica, va liberata tutta l’Europa da questa colonizzazione alienante. La soluzione risponde al nome di autodeterminazione dei popoli.


Riferimenti:

Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014.

Gianni Lannes, BOMBE A...MARE, Nexus edizioni, Padova, 2018.

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=1943