di Gianni Lannes
Francesco, Luigi e Ounis sono quei tre pescatori del Rita Evelin andati a lavorare in Adriatico e mai più tornati alla vita con i loro cari.
Le tragedie marine finiscono sempre con l'essere archiviate nella memoria degli esseri umani, ma lasciano segni indelebili in chi non si rassegna mai al gelido racconto del drammatico accaduto, o all'attesa di una sentenza pronunciata il 18 dicembre 2012 in nome del popolo italiano che ha scagionato le palesi menzogne del capobarca Nicola Guidi. Una cosa è certa, anzi provata: al timone in plancia non c'era Francesco Annibali, ritrovato cadavere in abbigliamento da riposo notturno.
Ho chiamato Francesco Voltattorni, il
legale dell'ex imputato, il quale ha esordito dichiarando
testualmente: “Non è stato un sottomarino”. Non gli avevo posto
ancora una domanda, ma lui aveva già la risposta pronta. Strano.
L'avvocato aveva promesso di farsi risentire per concedere
un'intervista, ma è svanito nel nulla e non ha più risposto al
telefono; alla stregua del suo cliente che con il denaro
dell'assicurazione ha aperto un ristorante dopo la strage impunita e
ancora priva di responsabili. Ancora per poco.
Che cosa è veramente accaduto in quell'alba del 26 ottobre 2006 al largo di Porto San Giorgio al peschereccio di San Benedetto del Tronto? Con un mare da calma piatta chi ha provocato il repentino affondamento e la morte di tre lavoratori? A proposito: perché non è mai stato recuperato il relitto che giace ad appena 76 metri di profondità? Forse avrebbe parlato troppo? E che sono quei segni impressi sullo scafo rivelati dalle immagini subacquee? Come al solito è stato lo zio Sam che in tempo di pace gioca alla guerra nei mari italiani?
Il capitano di fregata Emanuele
Lombardi, all'epoca tenente di vascello, era presente sul pontone AD3 (con regia della Rana Diving di Ravenna, pagata per non aver svolto il lavoro richiesto) nel
novembre 2006. Ecco le sue parole in apertura di telefonata: “Quella
barca è stata recuperata”. Obietto prontamente, non è possibile:
è ancora in fondo al mare. Lo stesso ritornello mi era stato ripetuto da Stefano Marchionne, dirigente
dell'Ilma di Ancona. In effetti, almeno nominalmente, o meglio
ufficialmente, secondo le autorità italiane, a detta del ministro
Bianchi, il Rita Evelin è stato tirato a galla. Eppure, alla prova dei fatti sono stati
sperperati circa 800 mila euro. Oggi chi risponde di
questa truffa con denaro pubblico ai danni dello Stato italiano? Il procuratore Piero Baschieri (defunto), il comandante Luigi Forner (in pensione) o altri in concorso criminale che hanno seppellito ed insabbiato l'indicibile? Anche l'ufficiale Lombardi, attualmente impiegato presso il Comando
Generale della Guardia Costiera, non si è fatto più sentire. Chi ha causato la morte dei tre pescatori e ha tentato di assassinare pure la verità? Nel frattempo, ai giorni nostri sia la Direzione Marittima di Ancona che il Tribunale di Ascoli Piceno hanno eretto all'unisono un muro di gomma al rilascio dei documenti giudiziari.
Il Rita Evelin con i suoi tre marinai è stato inghiottito dal mare e scaraventato nelle oscure profondità senza il tempo di invocare aiuto. Erano soltanto tre uomini con tre famiglie, e figli, e mogli, e padri e madri. Era soltanto un'innocua e disarmata barca da pesca italiana.
Un libro o un film sono fatti per raccontare e narrare a chi non sa, lasciare una memoria, imprimere un segno indelebile: una tragedia e i suoi crudeli effetti; a volte ottenere giustizia terrena. Un libro e un film sono anche un atto d'amore per coloro che meritano di essere ricordati per ciò che erano e che sognavano di realizzare nella vita. Anche una storia così complessa e apparentemente senza testimoni ha diritto alla verità, fino in fondo.
Riferimenti:
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=rita+evelin
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