di Gianni Lannes
Un mare di bombe ad orologeria, innescate da Berlino e sepolte nel voluto oblio. Bentornati a Pesaro: capitale della cultura italiana nel 2024 e al contempo discarica di guerra tedesca. Ecco uno straordinario biglietto da visita: un fritto misto con almeno 4300 bombe d'aereo imbottite di iprite e arsenico affondate dalle truppe germaniche il 10 agosto 1944 per ordine di Hitler, ad appena 3 miglia costiere fino a Cattolica e Fano. Letali per sempre con i loro effetti dannosi sulla salute ambientale e umana, tali insidie belliche giacciono su un fondale fangoso - dinanzi a Pesaro - che non supera i 12 metri di profondità. Queste armi chimiche sono entrate nella catena alimentare attraverso il noto effetto amplificazione del pescato? Nelle predette aree marine oltre all'acquacoltura operano numerose vongolare e si esercita la piccola pesca.
Pesaro: piazza del Popolo - foto Gilan |
Perché si fa finta di niente, nonostante il gravissimo pericolo? Una denuncia ben circostanziata e documentata è stata incredibilmente archiviata un decennio fa dalla locale Procura della Repubblica. Quanto durerà l'effetto cartolina patinata della sbornia turistica? Al ministero dell'Ambiente le bocche risultano stracucite ma le evidenze ormai tracimano ovunque: impossibile nascondere l'ennesimo segreto e negare l'evidenza senza piombare nel ridicolo.
Adriatico: un mare di bombe alleate e nemiche. Il 25 novembre 2010 ben cinque deputati indirizzarono all'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l'interrogazione parlamentare numero 4/09713 e in seguito incalzarono il primo ministro con 15 solleciti, ma a tutt'oggi non è mai pervenuta risposta da Palazzo Chigi.
La situazione è ben nota alle autorità italiane di ogni ordine e grado; non a caso i primi a pagare sono stati i pescatori a partire dal 1945, come attestano le copiose denunce di infortuni durante la pesca e tutte le patologie correlate agli aggressivi bellici proibiti dalla Convenzione di Ginevra del 1925. Infatti, già nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati del 20 novembre 1951, in risposta a una interrogazione dell'onorevole Enzo Capalozza (nativo di Fano), il Sottosegretario alla Marina mercantile Tambroni, confermava la presenza di tale arsenale nei fondali e indicava anche le coordinate dei siti di inabissamento (alcune errate) ove si sarebbero trovate almeno una parte delle bombe, ma da allora nulla si è fatto per la bonifica della vasta area trasformata in discarica di guerra, né tantomeno è stato oggetto di discussione in ambito parlamentare.
E la Giunta della Regione Marche che combina, nonostante le segnalazioni e le interrogazioni anche a livello di Consiglio regionale? Rilascia altre concessioni demaniali per gli allevamenti ittici proprio nella aree contaminate. Nel seguente piano intitolato “Il mare produce” è scritto alla lettera:
“A partire dal 2001 la Regione Marche ha assunto definitivamente dallo Stato la funzione di gestione e rilascio di concessioni specifiche su specchi di mare demaniale per attività di pesca, acquacoltura e ricerca scientifica. A seguito di tale funzione, a partire dal 2005 e in seguito con modifiche fino all’anno 2008, la Regione si è dotata di un vero e proprio Piano, individuante dieci zone di mare destinabili all’allevamento ittico e quindi da rilasciare in concessione a coloro che ne fanno adeguata richiesta. Lo scopo di questo Piano, oltre ad agevolare e sostenere lo sviluppo della maricoltura, è quello di contribuire ad un gestione integrata del mare, in armonia con le tradizionali attività di pesca. Le 10 aree individuate sono state infatti tutte volutamente posizionate in una fascia di mare ricompresa tra le 2 e le 3miglia, in modo da limitare l’effetto di sottrazione delle aree ora destinate alla pesca; infatti lo strascico opera al di fuori di tale distanza, le vongolare all’interno e quindi solo la piccola pesca verrebbe ad essere in parte limitata dalla presenza degli impianti ittici”.
coordinate ufficiali volutamente errate? |
Il sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, in data 10 marzo e 30 aprile 2010 sollecitato da chi ha a cuore la salubrità dell'ambiente, ha inviato al Ministro della Difesa due lettere per sollecitare spiegazioni e provvedimenti sopra in oggetto; il 21 giugno 2010 il sottosegretario alla difesa, onorevole, Giuseppe Cossiga (già presidente dell'Aiad, nonché figlio di un padre depistatore per eccellenza), propinò al sindaco una menzogna colossale, sostenendo che il dicastero «ha promosso i pertinenti approfondimenti e che le ricerche e le bonifiche dell'area sono state portate a termine tra il 1945 e il 1950. Da alcuni documenti risalenti al mese di luglio 1944 risulta testimoniato l’affondamento di ordigni al largo di Pesaro mediante una chiatta denominata ‘Maria Pia’. Peraltro l’esame della documentazione concernente ‘l’attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina Militare’ ha confermato l’attività di bonifica svolta dalla predetta Forza Armata tra il 1945 e il 1950 nei porti e nelle acque interessate dalla presenza di ordigni bellici incluso il tratto di mare di fronte alla costa del Suo Comune: in tale ambito risulta essere stato recuperato e neutralizzato un ingente quantitativo di ‘fusti e bombe ad aggressivi chimici’ per un totale di 9345 ordigni. In tale quadro ulteriori attività per la verifica dei fondali in parola appaiono di dubbia utilità e foriere di ingiustificato allarmismo».
«Esistono tuttora aree marittime sui cui fondali è presente armamento bellico inesploso di varia natura: trattasi non solo di armamento navale (mine, siluri, bombe di profondità) impiegato durante la guerra sul mare, ma anche munizioni di altra natura, terrestre o aerea (bombe d’aereo, proiettili di vario calibro, bombe da mortaio, bombe a mano) conseguenza sia di azioni belliche ma soprattutto di smaltimento a mare nell’immediato periodo post-bellico».
Questa conferma ufficiale è contenuta nel Portolano della navigazione (da pagina 30 a 41), edito nel 2021 dall'Istituto Idrografico della Marina Militare italiana, nonché nei successivi aggiornamenti del 2023. Le zone più colpite ricadono in Sardegna, Sicilia, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Puglia, Marche, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. Comunque non risparmiano Venezia, Genova, comprese le isole di Ischia, Capri e Pianosa delle Tremiti; addirittura le aree naturalistiche “protette” sulla carta (parchi blu). Senza contare le numerose zone perennemente «interdette alla navigazione», a causa di «Intensa attività aerea militare ed esercitazioni di tiri a fuoco» dalla terra al mare e viceversa, incluse le sperimentazioni belliche. E che dire delle brulicanti piattaforme per lo sfruttamento degli idrocarburi ad un soffio dalla riva?
«Le bombe chimiche sepolte davanti alle nostre coste? Gli amministratori locali preferiscono ancora una volta mettere la testa sotto la sabbia, mentre in Puglia sono da tempo iniziate le bonifiche». A risollevare il caso è l'ex presidente del Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, il professor Alessandro Lelli, docente di Economia all’Università di Bologna ma pesarese d’adozione. A chi tocca ripulire i nostri fondali dai “Veleni di Stato”? All'Italia o alla Germania? C'è un giudice almeno a Berlino?
Riferimenti:
https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4-09713&ramo=CAMERA&leg=16
Gianni Lannes, Italia USA e getta, Arianna editrice, Bologna, 2014.
Gianni Lannes, Bombe a...mare, Nexus edizioni, Battaglia Terme, 2018.
https://shop.nexusedizioni.it/products/bombe-a-mare
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=iprite
https://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0801/rsi0801.pdf
https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/armi-chimiche-fondali-fe8b57f0
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/iprite-mare-adriatico-c2610303
https://www.regione.marche.it/Portals/0/Agricoltura/Pesca/Pubblicazioni/Il-Mare-Produce.pdf
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