BIOGRAFIA

10.7.24

ADRIATICO: SFRUTTAMENTO E DEGRADO PER DECRETO!

 

Venezia - foto Gilan

 

di Gianni Lannes

L'evidente inquinamento dell'estate 2024 spacciato per fioritura algale: non è un caso se si riduce il Mare Adriatico  - che impiega un secolo per ripulire le sue acque superficiali - in una cloaca a cielo aperto. Va sempre peggio col dilagante cemento armato spalmato sulla fascia costiera da Trieste a Otranto. Un mare di trivelle, grazie infine al governino Meloni e il Veneto sprofonda sempre più. Con decreto-legge 18 novembre 2022, numero 176, cosiddetto «aiuti quater», convertito con legge 13 gennaio 2023, sono state riattivate le concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi, stabilendo che in deroga a quanto previsto dall'articolo 4 della legge 9 gennaio 1991, numero 9, è consentita la coltivazione delle concessioni per la durata di vita utile del giacimento previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa da condurre sotto il controllo del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.

La regione Veneto ha istituito un gruppo di lavoro per la valutazione preliminare degli aspetti ambientali legati ad interventi di estrazione di gas naturale nell'Alto Adriatico, formato da docenti dell'università di Padova e delle Università Iuav e Ca' Foscari di Venezia le cui valutazioni, contenute in un documento conclusivo, fanno emergere effetti significativi sull'ambiente marino e costiero del Polesine e del Delta del Po, riferiti sia alla subsidenza, che ai danni all'ecosistema marino; la posa delle condotte sottomarine e l'utilizzo delle piattaforme per estrarre il gas avrebbe effetti sia sull'attività di pesca che sui siti di importanza comunitaria della Rete europea Natura 2000 ai sensi della direttiva 92/43/CEE «Habitat», a tutela del Tursiops trucantus e della tartaruga marina.

Le mappe di subsidenza porrebbero in evidenza una situazione di fragile equilibrio che induce a porre attenzione anche a minimi incrementi di abbassamento del terreno che possono generare significativi effetti in termini di incremento del rischio idraulico, dell'erosione costiera e delle morfologie lagunari, oltre che del processo di intrusione salina nei fiumi.

Le due concessioni interessate dalla possibile ripresa delle attività estrattive sono rispettivamente A.C14.AS, con i giacimenti Gaia e Rosanna e A.C15.AX, con i giacimenti Valentina, Raffaela, Emanuela e Melania, facenti capo a Eni ed a Energean Italy, entrambe ancora attive, anche se prive di infrastrutture estrattive.

Inoltre si apprende che risulterebbe tutt'ora attivo un «tavolo tecnico idrocarburi» composto da funzionari del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, di Ispra e delle regioni Veneto ed Emilia-Romagna per approfondire soprattutto il rischio subsidenza in merito alla ripresa delle attività estrattive nell'Alto Adriatico.

PerchP la Meloni non adotta le iniziative di competenza volte ad escludere un'autorizzazione alla ripresa delle attività estrattive relative alle concessioni di Eni e Energean Italy nell'Alto Adriatico che violerebbero i vincoli costituiti dalla vigente legislazione europea in materia di salvaguardia della biodiversità e di conservazione degli habitat naturali, oltre a determinare un ulteriore aggravamento dei fenomeni di subsidenza presenti nell'area?

Appunto l'articolo 4 del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (cosiddetto decreto-legge «Aiuti-quater»), con l'obiettivo di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre le emissioni di gas climalteranti, ha consentito l'aumento della produzione di gas nazionale e il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in siti precedentemente interdetti, al fine di contenere i prezzi per i clienti industriali energivori.

Il provvedimento, in deroga alle disposizioni di legge vigenti, ha esteso, fino al 2024, la possibilità per i concessionari di estrarre per tutta la durata di vita utile del giacimento, a condizione che aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e offrano agli energivori forniture di gas a prezzi calmierati per il tramite del Gse.

Per i nuovi volumi di gas estratti, il Gse riconosce ai citati concessionari un prezzo garantito compreso fra 50 e 100 euro al MWh, cioè un prezzo almeno doppio di quello pre-crisi e anche più alto di quello attuale che – malgrado le esportazioni russe molto ridotte e la guerra ancora in corso – è ormai stabilmente sotto i 50 euro al Mwh.

Attraverso l'adozione di un meccanismo di copertura del rischio finanziario, basato sullo scambio di contratti derivati della durata massima di 10 anni, i produttori, senza dover attendere i mesi o gli anni necessari per estrarre fisicamente nuovo gas dall'Adriatico o dal Canale di Sicilia, possono cedere fin da subito, cioè da gennaio 2023, ad un prezzo definito, grazie a dei contratti derivati legati al gas già disponibile sul mercato.

Il Gse «ribalta» gli stessi contratti ai clienti energivori i quali, ovviamente, non avranno interesse a legarsi a un prezzo che, verosimilmente, sarà sempre o quasi più alto di quello di mercato. Ecco come i concessionari vengano doppiamente favoriti a scapito dei contribuenti, perché da un lato vedono allentarsi i vincoli sui siti per le estrazioni e dall'altro si vedono riconosciuti un prezzo del gas superiore a quello di mercato.

E c'è di peggio con l'ecologia di facciata. Il 18 febbraio 2021 presso il palazzo dei Congressi di Ravenna, è stato presentato il progetto "Agnes" (Adriatic green network of energy sources) da parte dell'omonima società Agnes srl, come primo progetto al mondo che combina idrogeno e fotovoltaico nonché uno dei "più grandi parchi eolici del Mediterraneo" da realizzare al largo di Ravenna.

L'11 febbraio 2023 è stata presentata al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ai sensi dell'articolo 23 del testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) l'istanza per l'avvio del procedimento di VIA del progetto denominato "Hub energetico 'Agnes Romagna 1e2'" nel comune di Ravenna.

Il progetto, che prevede investimenti per oltre un miliardo di euro, consiste in un parco eolico offshore da 520 megawatt affiancato da un impianto fotovoltaico galleggiante da 100 megawatt e da elettrolizzatori per la produzione di 4.000 tonnellate all'anno di idrogeno, per un sistema che a pieno regime sarà in grado di produrre elettricità per oltre 500.000 famiglie.

Secondo quanto dichiarato dall'amministratore unico di Agnes, si tratta di un progetto molto complesso, la cui definizione è durata oltre 3 anni, che prevede la costruzione di 2 parchi eolici offshore per un totale di 65 turbine, integrati con un impianto solare fotovoltaico galleggiante di 100 megawatt; inoltre, il progetto prevede la produzione di idrogeno verde mediante l'elettrolisi dell'acqua di mare, utilizzando esclusivamente energia rinnovabile prodotta dalle turbine eoliche e dall'impianto fotovoltaico, grazie a 50 megawatt di capacità di immagazzinamento con accumulatori al litio.

Da informazioni riportate a mezzo stampa risulta che siano emersi dubbi in merito al rilascio della concessione demaniale in tempi precoci rispetto all'iter procedurale per l'approvazione del progetto e senza una procedura di gara.

Agnes è una società creata a Ravenna solo nel 2019 con lo scopo principale di sviluppare impianti energetici innovativi nell'Adriatico pur non avendo un know how particolarmente avanzato.

Questo progetto è stato dagli inizi supportato dal sindaco di Ravenna e dal presidente della Regione Emilia-Romagna, e quest'ultimo ha commentato che "ci sono tutte le condizioni perché l'hub di Ravenna diventi un'operazione strategica per l'Emilia-Romagna e per il Paese intero".

A fronte del valore stimato per il progetto di circa 1.8 miliardi di euro, risulta che, ad inizio 2023, il capitale sociale della Agnes fosse circa 10.000 euro, elemento che rende evidente la necessità di ricevere ulteriori finanziamenti esterni, come anche dichiarato dallo stesso amministratore unico della società.

Ad inizio 2023 la società ha deliberato un deciso aumento di capitale, grazie anche all'intervento di F2I SGR S.p.A., importante gestore italiano di fondi infrastrutturali che vanta tra i propri soci anche Cassa depositi e prestiti.

Il sindaco di Ravenna, in qualità di presidente dell'Unione delle Province italiane, è anche membro della gestione separata di Cassa depositi e prestiti.

Nel corso della puntata del 6 marzo 2024, la trasmissione "Fuori dal Coro" ha presentato un servizio sul progetto Agnes nel corso del quale un esponente del gruppo consiliare "La Pigna-Città-Forese-Lidi" ha espresso dubbi e perplessità sul progetto annunciando di aver presentato un esposto sulla vicenda al procuratore della Repubblica di Ravenna e ad ANAC.

Giorgia Meloni può fornire i chiarimenti e le rassicurazioni necessari in merito alla correttezza procedurale seguita dalla società Agnes in relazione all'omonimo progetto, in particolare riguardo al rispetto delle norme europee in materia di concessioni, alla tutela dei cittadini dal potenziale rischio derivante dalla vicinanza della stazione di stoccaggio di idrogeno alla città e a località turistiche, all'adeguatezza del know how della società e alla sua mancanza di adeguati mezzi finanziari, anche in considerazione degli esposti presentati alla Procura e ad ANAC?

Ben cinque leggi speciali dal 1973 al ‘95, il Piano morfologico del 1993 e il PALAV del 1995 hanno dettato prescrizioni per il riequilibrio della laguna di Venezia, in particolare per ridurre la portata idraulica delle bocche di porto e dei canali e lasciare fuori dalla laguna navi sempre più grandi incompatibili.

Dopo dieci anni, nel 2003 la Commissione di salvaguardia, dopo mesi di approfondimenti, ha approvato all'unanimità le prescrizioni e le direttive per il progetto di riqualificazione del Canale dei Petroli che, tra l'altro, precisano: a)«Riduzione dell'officiosità (portata idraulica) del canale fin dalla bocca di Malamocco»; b) «Opere rimovibili e sperimentali al prosieguo degli interventi programmati con il piano morfologico del '92-'93»; c) «Marginamenti per la Cassa di colmata B con un intervento maggiormente sensibile e meno impattante con il contesto ambientale»; d) «Le energie anomale ed eccessive dovute alla innaturalità dell'assetto attuale e ai passaggi delle navi vengano ridotte al minimo»; e) «Riduzione dell'invaso del Canale dei Petroli nel primo tratto a una profondità massima 12-13mt»; f) «Le energie anomale non riducibili dovranno comunque essere inglobate nei nuovi assetti in modo da divenire fattori di vivificazione, di rinaturazione e di nuovo equilibrio dinamico»; g) Nel tratto intermedio «sul lato acque libere del Canale, la protezione delle sponde non limiti la funzionalità delle nuove superfici a barena e velma... consentire la circolazione delle acque in corrispondenza dei canali preesistenti in modo da ricevere le onde provocate dalle navi trasformandole da elementi di aggressione ad elementi di vivificazione delle aree lagunari retrostanti»; h) «Lato casse di colmata creare dei chiari interni per costituire piccole casse di espansione per l'onda prodotta dalla nave e rinaturazione progressiva dell'assetto morfologico ed energetico».

Il 21 dicembre 2022 l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale avviava ad esecuzione, mediante bando di gara con scadenza delle domande di partecipazione al 24 gennaio 2023, un «nuovo progetto», sebbene sostanzialmente il medesimo succitato con una diversa titolazione «Opere di manutenzione e ripristino ... delle casse di colmata A, B, D-E, lato laguna viva».

Tutto ciò affinché lo Stato con le sue strutture (Provveditorato opere pubbliche, Distretto idrografico, Soprintendenza) e la regione possano riprendere in mano la responsabilità di rispettare e attuare le norme che prescrivono di riequilibrare e riqualificare la laguna portando all'esterno le navi incompatibili con la funzionalità morfologica ed ecosistemica della laguna.

Nonostante ciò, recentemente Italia Nostra, WWF, Ecoistituto del Veneto, Venezia Cambia e Comitato ambientalista Altro Lido, sono stati costretti ad inviare un esposto denuncia al Ministero dell'ambiente, al Comando dei Carabinieri e al NOE, alla Commissione europea e all'Unesco, contro un bando di gara dell'Autorità Portuale per la «protezione e la conservazione delle aree di bordo del canale Malamocco-Marghera», per un valore complessivo di 19 milioni e mezzo di euro, progetto identico già presentato dal Provveditorato, oggi ne è stata cambiata solo l'etichetta, già bloccato dal Ministero dell'ambiente perché privo di valutazione d'impatto ambientale.

Non si tratta di manutenzione ordinaria per garantire la navigazione, ma di oltre 7 chilometri di nuovo marginamento e le cosiddette casse di colmata come previsto dal decreto del 1975 avrebbero dovuto essere tolte per ripristinare la laguna.

Quali urgenti iniziative di competenza il governo Meloni intende adottare al fine di scongiurare interventi invasivi che possano compromettere il Piano morfologico del 1993 e il PALAV del 1995 che hanno dettato prescrizioni per il riequilibrio della laguna di Venezia, in particolare per ridurre la portata idraulica delle bocche di porto e dei canali portuali e lasciando fuori le navi sempre più grandi incompatibili?

Dulcis in fundo. La società Energas s.p.a. (affiliata Q8 Petroleum) ha richiesto l'autorizzazione per realizzare un deposito costiero di gas da petrolio liquefatto (Gpl) a Manfredonia, alimentato da un gasdotto di collegamento al porto industriale e servito da raccordo ferroviario.

Il deposito sorgerà in località Santo Spiriticchio (zona industriale) su un'area recintata di 180.000 metri quadri. Sono previsti 12 serbatoi tumulati da 5.000 metri cubi cadauno. Il gasdotto, che collegherà il pontile, servirà per consentire l'attracco delle navi gasiere che scaricheranno il Gpl nella conduttura al deposito.

Il progetto Energas, che prevede lo stoccaggio di 60 mila metri cubi (circa 28 mila tonnellate) rientra tra le attività «a rischio di incidente rilevante» – di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999. Rilevante è quindi la possibilità che si verifichino incidenti dalle conseguenze disastrose, considerando anche l'aumento del traffico di autocisterne sulla statale 89. Ove l'incidente si verificasse nell'area portuale, gli effetti per l'ecosistema marino sarebbero devastanti.

Concreto e inoltre il rischio di una nuova procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, in quanto la zona interessata è considerata ad alto pregio naturalistico e archeologico.

La realizzazione di tale gigantesca opera ha incontrato il parere avverso della Regione Puglia, del Comune di Manfredonia e della cittadinanza, che si è espressa con un referendum consultivo svoltosi il 13 novembre 2016, dove oltre il 95 per cento dei votanti ha decretato la netta contrarietà all'opera.

I tre tavoli di conciliazione, convocati dalla Presidenza del Consiglio per cercare l'accordo delle parti in causa (Regione, Comune, Autorità portuale Mar Adriatico meridionale, Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico, soprintendenza archeologica, per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia) sulla realizzazione di tale progetto (l'ultimo tenutosi il 4 marzo 2022) hanno confermato il mancato accordo.

A fronte dello stallo il 6 aprile 2022, il Ministro della transizione ecologica ha precisato che la decisione sull'opera era stata demandata al suo Ministero e al Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri per una possibile deliberazione del Cdm. Secondo il Ministro, «la remissione del procedimento deriva dalla constatazione della strategicità dell'intervento proposto e dalla considerazione per cui le osservazioni tecniche espresse nell'intesa negativa della regione Puglia sono state approfondite nell'ambito dell'istruttoria di valutazione di impatto ambientale».

Il Ministero della cosiddetta “transizione ecologica” ha analizzato diversi aspetti, in particolare la coerenza del progetto con l'opportunità del Pnrr rilevando che nel settore trasporti il Gpl è addirittura ancora tra i carburanti alternativi per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del comparto nella direttiva «DAF». Tuttavia è anche vero che l'Italia nel Pnrr si muove in direzione dei synthetic fuel.

L'avversione della città di Manfredonia, località marittima ai piedi del Gargano, che aspira ad uno sviluppo turistico ecocompatibile, non è frutto di un capriccio, ma la risultante di una serie di considerazioni, la prima delle quali è che non crea occupazione, ma solo beneficio per un'azienda privata, ma soprattutto degrado l'ambiente.

Infatti il progetto Energas non risponde alla necessità di energie prodotte da fonti rinnovabili, può rappresentare un problema insormontabile per le strategie di sviluppo del territorio previste dalla regione Puglia e dal comune di Manfredonia. È del tutto incompatibile con quelli che sono i punti di forza dell'area che dovrebbe ospitarlo: dalle bellezze paesaggistiche alle ricchezze ambientali fino all'immenso patrimonio culturale e archeologico di Siponto.

La Daunia ha già pagato un prezzo altissimo a causa delle politiche industriali completamente slegate dalle vocazioni della «porta del Gargano». Manfredonia subisce ancora le conseguenze dell'ex Enichem, con un processo di bonifica del sottosuolo ancora inattuato.

Il Consiglio dei ministri del 10 novembre 2022 nel corso del quale è stato esaminato il decreto-legge «Aiuti-quater» che introduce misure urgenti in materia di energia, ha valutato la questione del progetto del mega impianto costiero di Gpl a Manfredonia, ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990, ai fini dello sblocco del rovinoso progetto speculativo.

Sotto il profilo dei costi-benefici il progetto di realizzazione di un deposito costiero di gas da petrolio liquefatto (Gpl) a Manfredonia, in considerazione degli impatti sul territorio, della contrarietà dei cittadini, della vocazione turistico-culturale dell'area e dell'obsolescenza di una impostazione energetica basata sullo sviluppo dello stoccaggio dei combustibili fossili, è inaccettabile.

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2024/07/adriatico-fogne-in-mare.html 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=trivelle 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Adriatico 

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