"La storia insegna ma non ha scolari"
Antonio Gramsci
di Gianni Lannes
Cogente attualità. Agli occhi della storia il fascismo è
uno strumento di potere asservito al sistema di dominio che si
ripropone ciclicamente anche se cambia nome e costumi. Insomma
violenza calcolata con un fine preciso. Gli eredi? Mai antifascisti.
L'attuale capo del Senato, tale La Russa, è uno che portava i fiori
a piazzale Loreto per omaggiare Mussolini. Oggi a che serve stravolgere la Costituzione
repubblicana con il cosiddetto premierato, da Giorgia Meloni
ostinatamente invocato? A proposito: come mai adesso sul portale storico del Parlamento italiano non si trova più il famoso discorso di Giacomo Matteotti del 30 maggio 1924? Questa tragica vicenda è indimenticabile, non si può sbianchettare poiché è incastonata nel sangue di chi ha combattuto e ha perso la vita per difendere la libertà. Gli sfascisti in doppiopetto, tacchi a spillo e minigonna se ne facciano una ragione.
Prendiamo il caso del temibile antifascismo di Giacomo Matteotti. Il suo primo intervento parlamentare contro gli omicidi dei dirigenti delle leghe contadine negli anni Venti del secolo scorso, lo pronunciò il 31 gennaio dell'anno 1921. Il gruppo socialista alla Camera dei deputati lo incaricò di denunciare l'attività delle squadre mussoliniane e Matteotti, con rigorosa precisione, tracciò un corposo e agghiacciante bilancio di aggressioni, di pestaggi, di devastazioni di case e poderi, di omicidi (il deputato socialista Giuseppe Di Vagno sarà assassinato in Puglia nel settembre del 1921). Tutto compiuto con l'acquiescenza, quando non con l'espressa complicità delle autorità statali, prefetti e forze di polizia. Matteotti, tuttavia, non si limitò ad elencare i fatti, ma indicò il fine, l'obiettivo dei pestaggi e degli omicidi mirati. “La verità - disse rivolto ai banchi della destra - è che codesta violenza è esercitata da voi per interesse di classe. Il fascismo è una reazione contro le conquiste economiche del proletariato”.
Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti,
segretario del Partito Socialista Unitario, prese la parola alla
Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni del 6
aprile. Il discorso è indelebile sia perché l'oratore denunciò
con grande coraggio la nuova serie di violenze, illegalità ed abusi
commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni, sia perché
dopo soli undici giorni il deputato socialista fu rapito e
assassinato da cinque fascisti (la banda Dumini assoldata da
Mussolini in persona). Giacomo Matteotti era l'avversario politico incorruttibile in grado di mettere al tappeto Benito Mussolini e tutto il fascismo; così fu assassinato, mentre Antonio Gramsci (un'altra mente geniale) imprigionato fino alla morte avvenuta il 27 aprile 1937.
“Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni.”
All'epoca in base alla nuova legge elettorale (legge 18 novembre 1923 n. 2444, nota come legge Acerbo), alla lista più votata a livello nazionale - purché avesse almeno il 25% dei voti validi - venivano assegnati i 2/3 dei seggi in tutte le circoscrizioni, mentre gli scranni rimanenti erano assegnati alle altre liste in proporzione ai voti ottenuti e secondo ordine di preferenza personale.
La consultazione, tuttavia, si svolse in un grave clima di intimidazione e da ripetute violenze da parte dei sostenitori del Partito Nazionale Fascista. Il candidato socialista Antonio Piccinini fu ucciso, altri candidati di sinistra furono feriti, ovunque furono impediti i comizi, bruciati i giornali, impedito l'affissione dei manifesti, anche attaccando le stamperie, Vi furono brogli anche superiori alla media (alta) dell'Italia dell'epoca. In diverse circoscrizioni, soprattutto meridionali, il voto non fu esercitato in condizioni di libertà, ma in maniera palese e con la presenza di esponenti fascisti nei seggi e nelle cabine elettorali, mentre i prefetti ebbero ordini di contrastare l'astensionismo convogliando voti a favore del governo, il che rende rimarchevole il risultato delle opposizioni. Inoltre il listone nazionale di Mussolini aveva assorbito le macchine elettorali di molti partiti di centro e di centro destra, e transfughi (detti "traditori") del sardismo e del partito popolare, garantendosi una base elettorale più larga del semplice fascismo, oltre che vari specialisti del voto di scambio. Il risultato fu quindi ampiamente favorevole alla lista governativa, con l'elezione in blocco di tutti i suoi 356 candidati. Il 30 maggio 1924, al momento di convalidare le decisioni della Giunta delle elezioni, diversi parlamentari di minoranza segnalarono proteste per le modalità di voto in alcune circoscrizioni (Abruzzi, Campania, Calabria, Puglie e Sicilia) e fu presentata una richiesta da parte degli onorevoli Arturo Labriola, Giacomo Matteotti ed Enrico Presutti per il rinvio degli atti alla Giunta.
Matteotti pronunciò il discorso, che sarebbe rimasto famoso, mentre dai banchi fascisti si levavano contestazioni e rumori che lo interruppero più volte:
«[...] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. [...] L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. [...] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... [...] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse.
È nota una frase, riportata in seguito anche con alcune varianti, che Giacomo Matteotti rivolse ai compagni di partito al termine del discorso: «Ed ora potete preparare il mio elogio funebre.»
Il 24 giugno 1924 il senatore Luigi Albertini, in un intervento al Senato, riassunse alcuni aspetti del discorso di Matteotti:
«L'onorevole Matteotti osservò testè alla Camera nel discorso che gli valse la condanna a morte, che l'on. Mussolini non si sentiva soggetto al responso delle elezioni e che aveva lasciato capire come anche in caso di insuccesso avrebbe mantenuto il potere con la forza armata. Un sì clamoroso della maggioranza e un cenno assertivo del capo del Presidente del Consiglio confermarono l’affermazione del deputato socialista. Orbene, quel sì, quel cenno del capo si prestano meglio della più ampia dissertazione a descrivere l’illegalità di una situazione politica, la quale si può riassumere così: se c’era il consenso, il fascismo e il suo capo ne prendevano atto molto volentieri; ma, se il consenso fosse mancato, il potere sarebbe stato tenuto con la forza.».
La proposta di Matteotti di non procedere alla convalida in massa dell'elezione - secondo le sue accuse, meritevole di una nuova e più completa istruttoria della Giunta delle elezioni, almeno per un gruppo di deputati illegittimamente eletti a causa delle violenze e dei brogli - venne respinta dalla Camera con 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti.
Il discorso del 30 maggio 1924 - secondo lo storico Giorgio Candeloro - «diede a Mussolini e ai fascisti la sensazione precisa di avere di fronte in quella Camera un'opposizione molto più combattiva di quella esistente nella Camera precedente e non disposta a subire passivamente illegalità e soprusi».
Il 1º giugno Il Popolo d'Italia pubblicò in prima pagina un articolo, nel quale era indicato esplicitamente Matteotti come principale oppositore. L'articolo non era firmato, ma fu scritto da Mussolini; infatti una copia del manoscritto venne conservata dal suo segretario Fasciolo, che nel 1926 fu sanzionato proprio per i «documenti di carattere riservato sottratti al Capo del Governo».
«Mussolini ha trovato fin troppo longanime la condotta del governo, perché l'on. Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio che avrebbe meritato qualcosa di più tangibile che l'epiteto di "masnada" lanciato dall'on. Giunta.»
Pochi giorni dopo, il 4 giugno 1924, durante una discussione alla Camera, Matteotti ebbe un battibecco con Mussolini, ricordandogli l'approvazione data nel 1919 da Il Popolo d'Italia al decreto di amnistia per i disertori.
Il 10 giugno 1924, poco dopo le ore 16,
Giacomo Matteotti uscì di casa a piedi e fu aggredito e caricato a
forza su un automobile da cinque individui, in seguito identificati
come i fascisti Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto
Malacria e Amleto Poveromo. Nell'auto Matteotti cercò di reagire, ma
fu sopraffatto e accoltellato. Il corpo, sepolto nella macchia della
Quartarella a Riano, fu rinvenuto solo il 16 agosto.La moglie Velia e i figli Giancarlo, Matteo e Isabella rimasero immensamente soli.
L'11 giugno 1924 ripresero i lavori alla camera con la discussione su «esercizio provvisorio degli stati di previsione dell'entrata e della spesa», tema per cui si era iscritto a parlare anche Matteotti; secondo diverse fonti dell'epoca era previsto che il suo intervento fosse incentrato sulla denuncia dell'affarismo e della corruzione di esponenti fascisti (i fratelli Mussolini), in particolare per le concessioni petrolifere (Sinclair) e per le licenze per le bische.
Nel volume di Giuseppe Rossini, Il delitto Matteotti tra il Viminale e l'Aventino, Bologna (Il Mulino, 1966) a pagina 465 è riprodotta la lettera di Carlo Bazzi che, dalla Francia, inviò la prova che Mussolini «ha scritto di suo pugno l'articolo in cui appare il periodo in questione». Per la copia fotografica del manoscritto si veda Il signor Sobrero, su Senato della Repubblica. Patrimonio dell'Archivio Storico. Anche l'articolo di Gaetano Salvemini, Il mandante e il favoreggiatore (in La Libertà, 9 giugno 1927), alle pagine 1 e 2 contiene riproduzione del documento.
Riferimenti:
https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/LIB/LIB01-0700/
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1926/10/19/026U1745/sg
https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed006.pdf
https://www.youtube.com/watch?v=ulzYqNjF6rA&t=216s
https://www.youtube.com/watch?v=rzpVQJjUEXA
https://www.youtube.com/watch?v=5Z-hdBFn0TM
https://www.youtube.com/watch?v=5Z-hdBFn0TM
https://www.youtube.com/watch?v=JSaMtREbYtc
https://www.youtube.com/watch?v=nmizxgj8jL0&t=32s
https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed012.pdf
https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed013.pdf
https://storia.camera.it/deputato/giacomo-matteotti-18850522#nav
https://storia.camera.it/regno/lavori/PDF/RI_LEG27/unica/00057.pdf
https://storia.camera.it/regno/lavori/PDF/RI_LEG27/unica/00256.pdf
https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed010.pdf
https://www.britannica.com/biography/Giacomo-Matteotti
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Matteotti
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=di+vagno
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=meloni
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mussolini
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