foto Gilan |
di Gianni Lannes
Tesori a perdere? Destinate a morire? Il primo sintomo della scomparsa di un paese è la chiusura della scuola. Il fenomeno investe in particolare territori montani e isole. Nel cuore dell'Abruzzo spopolato le scuole dei minuscoli borghi sempre più disabitati, abbarbicati alle montagne, sono state le prime a chiudere i battenti come a Ofena e Villa Santa Lucia in provincia dell'Aquila; altrove molte classi risultano accorpate (ad esempio a Capestrano) e così tanti istituti scolastici. Qui, dove la qualità della vita è buona resistono soltanto i vecchi. Se prevale il tornaconto svaniscono le comunità, a prescindere dal calo demografico. Piccolo è bello: su queste risorse umane e sociali bisogna puntare e non su tanti soldi pubblici da sperperare, quanto piuttosto risanare. Il nuovo rinascimento segna il passaggio dall'economia all'etica. Il tempo di un microcosmo non è il denaro ma è costituito dall'inestimabile ricchezza umana.
Attenzione: oltre il 20 per cento degli
studenti italiani frequenta una scuola a rischio chiusura. L’erosione
della rete scolastica nei piccoli e medi centri urbani accelera lo
spopolamento di territori già marginalizzati. Eppure il governino
Meloni prevede altri tagli. Infatti il ministro Valditara ha
predisposto nuove norme per il dimensionamento, ossia per
l’aggregazione, soppressione e trasformazione delle istituzioni
scolastiche. Secondo la stima realizzata dall'Anquap
(“scuole sempre più grandi, complesse e frazionate”), il
provvedimento porterà nel giro di pochi anni all’eliminazione di
altre 600 autonomie scolastiche, con la riduzione o la scomparsa del
servizio scolastico nelle zone geograficamente isolate e nei piccoli
centri, in particolare nelle regioni del Sud già segnate da
situazioni di povertà educativa, come la Basilicata (meno 24% degli
istituti), la Calabria (meno 18,34%), la Sardegna (meno 17,91%), il
Molise (meno il 15,38%) la Campania (meno 12,85%) e la Sicilia (meno
11,39%). In ogni caso la scuola pubblica non è un'azienda.
Nei tempi correnti la rappresentazione dell’identità dei luoghi non è prodotta da chi ci abita, ma da quelli che hanno bisogno di proiettare altrove il bisogno di fuga da un'esistenza stressante o la possibilità di stili di vita in armonia con la Natura. Comunque vale sempre il diritto di chi abita nelle zone periferiche e marginali del paese a rimanere nei luoghi di origine.
Secondo le stime realizzate da Indire (Atlante delle piccole scuole), più del 20 per cento degli studenti italiani frequenta una “piccola scuola”, vale a dire un plesso che in base al numero di iscritti può essere considerato a rischio chiusura. Nella realtà le scuole di piccole dimensioni sono situate in comuni con basso grado di urbanizzazione (57,5%), ma la loro presenza è in aumento anche nei comuni di medie dimensioni (31,3%) e nelle periferie dei grandi centri urbani (11,2%).
A rischiare la chiusura dunque non solo le minuscole scuole di montagna o i casi di isolamento estremo che periodicamente guadagnano l’attenzione mediatica, come la piccolissima scuola di Alicudi arrampicata in cima a una scala di trecento scalini, ma un numero ben più ampio di scuola situate nelle aree interne del paese, cioè le zone distanti dai servizi essenziali, come i trasporti, i presidi sanitari e l’istruzione, segnate spesso da fenomeni di calo demografico e dal progressivo invecchiamento della popolazione.
Sono 11.627 le piccole scuola in Italia, suddivise tra 2.504 scuole dell’infanzia, 7.435 scuole primarie e 1.688 scuole secondarie di primo grado. È quanto risulta da un’indagine quantitativa condotta dal Movimento delle Piccole scuole INDIRE in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, pubblicata nel volume “Atlante delle piccole scuole in Italia. Mappatura e analisi dei territori con dati aggiornati all’anno scolastico 2020/21”, che consiste in una fotografia completa delle piccole scuole e dei loro territori, uno strumento a supporto della ricerca ma anche di orientamento per i processi di decision making delle governance nazionali e locali.
Secondo la ricerca, le piccole scuole vedono il coinvolgimento di 648.111 studenti, di cui 45.240 nella scuola dell’infanzia, 529.757 nella scuola primaria e 73.114 nella scuola secondaria di primo grado. Sono 1.325 le piccole scuole che hanno una o più pluriclassi (in quanto il numero esiguo di iscritti non consente la formazione di classi omogenee per età) e contano nel complesso 25.706 studenti.
“I dati testimoniano una realtà importante ed estesa come le piccole scuole, luoghi che giocano spesso un ruolo importante nei territori – spiega la Presidente di INDIRE, Cristina Grieco – garantendo il diritto ad un’istruzione di qualità nei confronti di studenti che abitano in contesti più fragili. L’Atlante, strumento unico nel suo genere, permette di avere una mappatura ampia e aggiornata delle piccole scuole, analizzando non solo i contesti isolati e periferici, ma anche le aree urbane e peri-urbane. Le piccole scuole, dunque, sono un fenomeno consistente nel sistema scolastico italiano e fortemente rappresentativo del primo ciclo di istruzione: le piccole scuole dell’infanzia risultano il 19,0% di tutte le scuole dell’infanzia statali, le piccole scuole primarie il 50,6% di tutte le scuole primarie, le piccole scuole secondarie di I grado il 23,3%. Le regioni che contano complessivamente il maggior numero di piccole scuole – conclude Cristina Grieco – sono Campania (33,9%), Piemonte (28,2%), Lombardia (25,1%), Calabria (32,1%), Sicilia (26,8%)”.
La chiusura della scuola avviene spesso per l’effetto combinato della denatalità e di una politica di dimensionamento scolastico alimentata da logiche funzionaliste. A seguito della cosiddetta riforma Gelmini del 2008, sono stati infatti soppressi circa duemila istituti scolastici ritenuti sottodimensionati, mentre i plessi situati nelle aree geograficamente isolate sono stati accorpati a istituti di grandi dimensioni. Alcuni studi hanno individuato una circolarità tra i fenomeni di calo demografico, la scomparsa dei presidi scolastici e l’impoverimento del tessuto sociale ed economico dei territori. Le chiusure dei plessi operate dal ministro Gelmini risultano infatti aver contribuito allo spopolamento dei centri abitati di piccole e medie dimensioni, con l’abbandono da parte della popolazione attiva nel mondo del lavoro e dei nuclei familiari con figli in età scolare. Il trasferimento in altri centri abitati di questa fascia di residenti ha inciso a sua volta sul mercato immobiliare e sull’ulteriore riduzione dei presidi sanitari e dei servizi di trasporto pubblico.
Insomma, la chiusura della scuola innesca un circolo vizioso che contribuisce ad aumentare la condizione di marginalità dei luoghi e di coloro che vi abitano. Se si considera inoltre che le fragilità del territorio si cumulano alle condizioni di svantaggio individuale, come quelle derivanti dalla condizione famigliare, è evidente che una politica di dimensionamento dettata esclusivamente da criteri di ottimizzazione delle risorse rischia di incidere nella determinazione di un numero sempre maggiore di periferie educative, ovvero di territori in cui il pieno accesso a un’istruzione di qualità risulta severamente compromesso.
Nel frattempo avanza il peggio. Il vice presidente del consiglio Salvini ha appena espresso apprezzamento per l'iniziativa del ministro dell'Istruzione e del Merito Valditara, che ha stanziato 400 milioni di euro per l'apertura estiva delle scuole, mentre il risanamento delle numerose strutture non a norma attende il peggio.
Riferimenti:
https://piccolescuole.indire.it/ricerca/la-piccola-scuola-in-numeri/
https://www.anquap.it/categorie03.asp?id=8244
GiannI Lannes, L'Italia trema, Edizioni Mondo Nuovo, Pescara, 2023.
https://www.edizionimondonuovo.com/catalogo/litalia-trema/
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=scuola
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Corvara
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2024/04/abruzzo-non-e-un-mondo-parte.html
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