di Gianni Lannes
In Sicilia, ad un soffio da Siracusa in
riva allo Jonio, in quella terra che una volta era la Magna Grecia,
il paesaggio è costellato di invadenti ciminiere che hanno annichilito
la vita. Nel 1949 sbarcò tra Augusta, Priolo Gargallo e Melilli la
prima raffineria di idrocarburi. E fu l'iniziò della fine. In questo
quadrilatero della morte i livelli di inquinamento si spingono oltre
qualsiasi livello di immaginazione umana. Nella rada di Augusta il
petrolchimico ha sversato ininterrottamente per oltre mezzo secolo,
col beneplacito di ogni autorità, sostanze tossiche di ogni tipo:
mercurio, piombo, idrocarburi pesanti, esaclorobenzene e
policlorobifenili. Almeno cinquecento tonnellate dal 1959 al 1981 e
poi anche più. L'inquinamento industriale ha pervaso ogni lembo di
questa terra insinuandosi nel suolo, nel sottosuolo e anche
nell'aria. Nei pozzi che un tempo stillavano acqua, emergono soltanto
veleni assassini. Meglio morire di cancro che di fame? L'opportunità
di un lavoro è ancora il fattore alla base di una rassegnazione
atavica e sulle conseguenze disastrose di una gestione criminale
dell'ambiente. Inoltre nel porto di Augusta approdano sommergibili a propulsione armamento atomico targati United States of America, eppure il piano di sicurezza nucleare è ignoto alla società civile. In loco la salute e i diritti della gente non contano
niente. In questa antica isola il degrado ambientale e istituzionale (alla voce "Ponte sullo Stretto") si manifestano con più violenza che altrove nel Belpaese incarnando l'idea di un sacrificio collettivo in nome di un fantomatico progresso. Qui il destino è la morte prematura o la servitù perenne.
Riferimenti:
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Sicilia
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=priolo
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=augusta
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2023/03/la-sicilia-muore-sotto-gli-idrocarburi.html
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