foto Gilan |
di Gianni Lannes
Una crisi planetaria che irreggimenta l'umanità verso la catastrofe. L'azione politica appare inefficace e inconsistente. L'edificio della civiltà sociale si disintegra sotto i nostri occhi stanchi e distratti, assuefatti al peggio? Il dibattito mondiale è totalmente e retoricamente incentrato sul cosiddetto riscaldamento globale, mentre tutti gli altri disastri ambientali provocati dall'uomo sono rimossi d'ufficio, nonostante ci si ammali e si muoia a causa dell'onnipervasivo inquinamento. A risolvere teoricamente la crisi si impone come unico soggetto colui che l'ha provocata, vale a dire il capitalismo in salsa green, tanto di moda. Stagioni a rischio: l'uomo in divisa e doppiopetto multinazionale - a furia di esperimenti per sottomettere ulteriormente l'umanità - sta modificando l'inclinazione della Terra. Il capitalismo ha distrutto l'equilibrio ambientale e avviato il mutamento climatico e geologico. Questa mutazione indotta provoca enormi migrazioni di persone, spostamenti di masse umane prevalentemente dal Sud del globo terrestre, che non hanno più un territorio vivibile, a causa dello sfruttamento del Nord. La grande migrazione suscita una reazione panica che si manifesta nell'epidemia di demenza nazionalistica e nella violenza istituzionale. La guerra devasta territorio e comunità. Il capitalismo green è un affare destinato a durare poco, incrementando i profitti economici dell'1 per cento della popolazione bianca, che si prepara ad emigrare su Marte dietro Elon Musk in affari con Israele. I valori sbiaditi della civiltà occidentale, riverberati da Tel Aviv sono quelli di Auschwitz e Hiroshima? Allora? Disconnettersi dalla rete transumana; disertare dai limiti e dalle imposizioni del sistema di dominio globale; sperimentare forme di vita realmente ecologiche, frugali e solidali, oltre il mercato, indipendenti da qualsiasi stato o entità internazionale. Organizzare su basi di massa critica e consapevole la diserzione concreta - e senza compromessi - dal necro-capitalismo che ha incrancrenito il vivente. Cercare vie di fuga, percorsi alternativi al peggio della globalizzazione, percorrere sentieri di liberazione, luoghi di vita autonomi e indipendenti in relazione empatica con altri esseri umani sensibili e coscienti della situazione di non ritorno. Il tempo è scaduto: madre Natura ce lo comunica in ogni momento. Bisogna solcare e lasciare alle prossime generazioni una traccia etica. Che fare? Disertare: dalle armi, dalla guerra, dalla violenza, dalla stupidità, dall'incomprensione, dall'ignoranza, dal profitto, dalla slealtà, dal consumo, dallo sviluppo e dal progresso. Insomma, disubbidire al sistema di dominio planetario. Passare finalmente dall'economia all'etica. Più che un altro paradigma occorre un nuovo rinascimento.
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