BIOGRAFIA

6.6.23

UN DELITTO MARINO!

 


 

di Gianni Lannes

Ecco un delitto ambientale tollerato e spesso impunito in Italia. Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga), appartenente alle specie marine protette sulla mera carta, è un mollusco bivalve perforatore che colonizza le rocce calcaree fino a 35 metri di profondità; in tutti i Paesi dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) 1967/2006, è vietata la pesca, la detenzione e il consumo del dattero di mare, mentre in Italia tale divieto era già fissato nel decreto ministeriale del 16 ottobre 1998.

Nonostante tale divieto, il fenomeno della pesca illegale del dattero di mare è molto diffuso, specie in alcune regioni quali Campania e Puglia, e tale fenomeno, anche a causa delle ricadute sul circuito dell'economia illegale – il commercio del dattero di mare è infatti molto redditizio, specie nel contesto della ristorazione –, è sempre più spesso legato ad azioni di vera e propria criminalità organizzata.

Nel Gargano e soprattutto nel barese in molti ristoranti si servono i datteri di mare in barba alle leggi vigenti. La pesca di questi molluschi ha un altissimo potenziale distruttivo per l'ecosistema marino: i datteri, che raggiungono 5 centimetri di lunghezza dopo circa venti anni, vengono estratti spaccando e sminuzzando la roccia con picconi, scalpelli e addirittura martelli pneumatici. Tale pratica, oltre a comportare la distruzione irreversibile della roccia, determinerebbe anche l'eliminazione del suo substrato costituito da decine di specie viventi sia animali che vegetali con rilevanti squilibri dell'ambiente marino.

In Campania, le numerose indagini, condotte da Guardia costiera e Guardia di finanza, e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, hanno consentito di accertare l'esistenza di una vera e propria organizzazione criminale operante dal 2016 e dedita in maniera professionale alla raccolta e messa in commercio dei datteri di mare e di altri prodotti della pesca vietati al consumo e pericolosi per la salute umana; il 29 ottobre 2022, tali indagini hanno portato all'adozione di una sentenza che accerta e documenta il reato di disastro ambientale provocato da una alterazione permanente dell'ecosistema marino delle zone interessate.

In particolare, il disastro ambientale è rappresentato dalle alterazioni irreversibili dell'ecosistema marino con la completa desertificazione; dall'alterazione irreversibile del sistema costiero, derivante dalla perdita irreversibile del «bene geologico», dall'alterazione irreversibile dei rilievi sommersi e dalla conseguente modifica ed alterazione della direzione, del tipo di flusso e dell'energia delle correnti locali.

Tale reato è aggravato dal fatto di essere stato prodotto all'interno dell'Area marina protetta di Punta Campanella, dei Faraglioni di Capri e della ZTB (Zona tutela biologica) del Banco di Santa Croce ed ai danni dell'habitat di scogliera della penisola sorrentina, incluso nella «Direttiva Habitat 92/43/CEE – Rete Natura 2000», come habitat d'interesse comunitario e di tutte le specie ad esso associate.

Oltre al danno irreversibile dei fondali marini predati e alla conseguente desertificazione degli habitat preesistenti, il danno economico causato dai datterari è pari a circa 3.000,00 euro/mq; l'inchiesta ha comportato tre anni di indagini, 113 indagati, 245 capi di imputazione, oltre 2 tonnellate e mezzo di datteri di mare sequestrati, più di 6 chilometri di costa devastati dall'azione dei datterari e un giro di affari stimato in oltre 100 mila euro al mese.

Ad oggi si è proceduto all'arresto di 18 persone, tra custodia cautelare e arresti domiciliari, nonché all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per altre due persone, l'accusa è quella, appunto, di disastro ambientale, ricettazione e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati concernenti la pesca illegale dei datteri di mare; sempre in materia di pesca illegale, dal 2016 è in vigore un efficace strumento repressivo del bracconaggio acquatico rappresentato dalla legge numero 154 del 2016, che superando le vecchie sanzioni amministrative ha trasformato in un illecito penale la pesca fuori dai regolamenti.

Perché il governino Meloni non adotta iniziative normative per introdurre tale fenomeno tra i delitti di disastro ambientale di cui all'articolo 452-quater del codice penale, sostenendo in questo modo il lavoro della Guardia costiera, inasprendo le pene per tale attività e disincentivando in maniera decisa i fenomeni criminali?

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=dattero


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