di Gianni Lannes
La verità, prima o poi, spazza via le menzogne anche più raffinate, sedimentate nel senso comune. Restituire l'onore a chi è stato infangato da chi ha preso per oro colato quattro scartoffie del regime passato, poi resuscitato. Il grande scrittore abruzzese (inviso alle dittature di destra e sinistra), l'autore di Fontamara (un libro tradotto nelle più importanti lingue del mondo) è stato accusato ingiustamente dai cosiddetti storici Dario Biocca e Mauro Canali, di essere stato una spia al soldo dell'Ovra, la polizia politica fascista. La rivelazione, compiuta sulla base di superficiali ricerche d'archivio, da parte dei due ricercatori aveva suscitato enorme clamore. Però, alla prova dei fatti, non è rigorosamente documentata.
Si chiama Alberto Vacca ed ha scritto il saggio Le false accuse contro Silone, pubblicato dalla casa editrice Guerini e Associati. Alberto Vacca per oltre un anno si è recato tutti i giorni all’Archivio centrale dello Stato, esaminando più di quattrocento fascicoli che si occupano, anche marginalmente, delle vicende dello scrittore: li ha fotografati e poi li ha studiati attentamente. Ed ecco le clamorose scoperte, che smentiscono totalmente il falso scoop, vale a dire la spazzatura propinata da Canali e Biocca sulla presunta “doppiezza” dell’intellettuale abruzzese, sino a qualificarlo come spia al servizio della polizia fascista, mentre era ancora un dirigente del Pci.
In sintesi, dall’analisi dei documenti ritrovati da Alberto Vacca, presso l'Archivio Centrale dello Stato italiano a Roma, emerge che l’attività informativa di Silone fu simulata, ovvero non autentica. E ciò risulta dagli stessi verbali stilati dai funzionari dell’Ovra, dalle lettere, dagli appunti manoscritti conservati nei fascicoli. Non solo, ma numerose relazioni fiduciarie anonime vennero sbrigativamente attribuite dai due ricercatori a Silone, quando invece accurate analisi (di calligrafi professionisti) hanno accertato che quelle note informative erano state scritte da una nota spia fascista, infiltrata negli ambienti della sinistra. Si trattava di Alfredo Quaglino, un ingegnere che si spacciava per giornalista e che operò dal 1922 al 1932 al servizio dell’Ovra, con altissimi compensi documentati.
Vacca è riuscito a reperire anche una relazione del 1923, che contiene notizie delatorie contro alcuni dirigenti comunisti. Anche questo documento è stato attribuito, dai due accusatori, a Silone. Si è trattata, invece, di una copia di una nota fiduciaria di Quaglino trascritta da un funzionario di polizia. Dal libro di Vacca emergono una grande quantità di congetture, correlazioni arbitrarie su fatti non accertati ed errori elementari di ricerca storica. La verità, come viene documentato, è che negli archivi sono state trovate lettere degli stessi funzionari della polizia politica e dell’Ovra che smentiscono in modo deciso ogni connivenza di Silone con gli apparati di polizia del regime. Ad esempio, non è stata rinvenuta alcuna ricevuta o altro documento che attesti la collaborazione dello scrittore con gli apparati del regime, sotto forma di pagamenti o di servizi usufruiti. L’unico rapporto di Silone, che risulta documentato, è quello con l’ispettore Bellone (della polizia politica), a cui lo scrittore si era rivolto dopo l’arresto del fratello Romolo, accusato di aver collaborato ad attentati terroristici e di far parte del Pci. Un fratello, molto amato dallo scrittore e che morì in carcere in conseguenze delle torture della polizia fascista. Nelle poche lettere ritrovate nell’Archivio di Stato, Silone si era limitato a promettere a Bellone informazioni in cambio di un trattamento carcerario più umano per il fratello. In realtà però lo scrittore non rispettò neppure quell’impegno: si limitò a trasmettere solo notizie note, tratte dalla stampa antifascista clandestina, non denunciò mai nessuno e non provocò alcun danno al movimento antifascista. Del resto, a queste conclusioni erano pervenuti gli stessi funzionari dell’Ovra (documento datato 12 ottobre 1937) che, in un dossier trasmesso a Mussolini, spiegavano che Silone si era messo in contatto con loro solo per l’affetto che nutriva per il fratello.
Tutto è più che documentato nel libro di Vacca. Si tratta di una prova schiacciante dell’innocenza di un intellettuale che trovò il coraggio di ribellarsi a Stalin e ai massimi dirigenti del Pci, a cominciare da Togliatti (il “Migliore”), che promosse la sua espulsione dal partito comunista. Silone non si piegò mai. Prima degli altri aveva capito l’assoluta mancanza di libertà del regime comunista dell’Urss, ne denunciò i crimini (come racconta in “Uscita di sicurezza”), la “degenerazione tirannica e burocratica” e la doppiezza e brutalità della classe dirigente dell’Urss, che Togliatti e gli altri dirigenti del Pci negavano, con argomenti che si dovevano rivelare falsi e pretestuosi.
Silone fu per molti anni un punto di riferimento di intellettuali cristiani, liberali e socialisti di diversi paesi. Citiamo per tutti la profonda amicizia e stima che Albert Camus (premio Nobel per la letteratura) espresse per lo scrittore abruzzese. Quando vinse il Nobel, nel 1957, Camus dichiarò a Stoccolma: “A meritare il Nobel era Silone. Silone parla a tutta Europa. Se io mi sento legato a lui, è perché egli è nello stesso tempo, incredibilmente, radicato nella sua tradizione nazionale e provinciale”.
Finalmente la verità è venuta a galla, ma l'asservita e genuflessa a stampa covidiota tricolore non se ne è ancora accorta.
Quando uscì Fontamara, nel 1933, divenne subito un manifesto dell’antifascismo europeo. Possibile che i fascisti non usassero le missive di Silone per delegittimarlo? Inoltre: quando Togliatti divenne ministro di Grazia e Giustizia, dal 1945 al 1946, ebbe accesso agli archivi dell’Ovra. Proprio Togliatti che nell'ottobre del 1945 venne a conoscenza degli elenchi dell'Ovra nel corso di un colloquio con Guido Leto, ex direttore della polizia politica fascista, come mai non accusò mai Silone di spionaggio? Possibile che neanche lui, che pure ebbe uno scontro feroce con Silone, con insulti e contumelie personali, ritenne di non adoperare quel materiale compromettente? Negli negli anni Venti Silone avrebbe potuto far arrestare Togliatti il giorno dopo e demolire l’organizzazione clandestina del Pci. Sembra ragionevole la teoria, che fu di Terracini (la rivelò a Luce d’Eramo), di un triplo gioco voluto dal Pci: dare ai fascisti informazioni di scarso rilievo e nel contempo poterne spiare più da vicino certe logiche.
Più di un dubbio logico. Come mai, Silone, al vertice del movimento comunista e con segreto ruolo di delatore, nel 1927 si sarebbe dissociato, nel corso dell'esecutivo dell'Internazionale, dalla condanna di Trockij davanti a Stalin?
Come mai le informative erano così sporadiche (9 in ben 5 anni, dal 1925 al 1930) e talvolta superficiali?
Come mai Silone non riuscì a far liberare l'innocente fratello Romolo, accusato della strage alla fiera di Milano, nonostante i suoi appoggi e il suo persuasivo strumento di pressione? E come mai le delazioni non vennero retribuite?
Gli stessi Biocca e Canali a pagina 142 del loro opuscolo (L'informatore Silone. i comunisti e la polizia, edito da Luni) hanno scritto: “Non conosciamo, per il momento, le ragioni che indussero i funzionari della polizia politica negli anni successivi a mantenere il più stretto riserbo circa il ruolo svolto da Silone nel Partito comunista”. Circostanza alquanto strana: l'Ovra avrebbe potuto con estrema facilità smascherare il ripugnante passato di quello che era diventato il nuovo vessillo internazionale dell'antifascismo. Ma non lo fece. Hanno aggiunto i due storici: “Non sappiamo neppure perché l'Alto Commissario per i reati fascisti, incaricato nel dopoguerra di perseguire i collaboratori dei servizi informativi, ritenne di non procedere alla identificazione del n. 73 (ossia il fascicolo Silvestri, nda)”.
Negli anni Trenta durante l'esilio in Svizzera, Silone fu più di una volta nel mirino delle spie fasciste che provarono persino ad eliminarlo. Senza dimenticare che anche i familiari, in Abruzzo, erano costantemente sorvegliati.
A proposito: Il fascismo. Origini e sviluppo (titolo originario Der Faschismus: seine Entstehung und seine Entwicklung): è un saggio di Ignazio Silone sulla dittatura fascista, la sua genesi e la sua affermazione. Fu terminato dall'autore abruzzese nel 1931 e pubblicato a Zurigo in lingua tedesca nel1934 dalla casa editrice Europa Verlag. La monografia è stata pubblicata per la prima volta in Italia soltanto nel 1992 da SugarCo. Il saggio rivisita gli anni di storia italiana caratterizzata dall'avvento e dallo sviluppo del fascismo. Silone analizza le cause che hanno originato il fenomeno, testimoniando l'estrema difficoltà a ridurle semplicisticamente e considerandole nel loro insieme.
Riferimenti:
https://gnosis.aisi.gov.it/sito/Rivista18.nsf/servnavig/19
https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/silone_spia_fascista_scambio_di_persona-4112105.html
https://www.yumpu.com/it/document/view/56545066/alberto-vacca-il-dossier-silone
Alberto Vacca, Le false accuse contro Silone, Guerini e Associati, Milano, 2015.
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