BIOGRAFIA

23.11.22

DIN-DON-DAN: L'INVENZIONE ITALIANA CHE HA FATTO IL GIRO DEL MONDO!

 

Agnone: fonderia Marinelli - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 

di Gianni Lannes

È lo strumento musicale più diffuso e sicuramente più popolare del mondo. Vi siete mai chiesti quante campane ancora risuonano nel globo terracqueo? Solo in Italia saranno qualche centinaia di migliaia: grandi, grandissime, medie e piccolissime. La nazione in cui più abbondano - nonostante la Rivoluzione d’Ottobre - è la Russia. Le più antiche - risalenti all’ VIII secolo avanti Cristo - si trovano in Cina. Le prime campane erano in lamina di ferro battuto e a sezione quadrangolare; poi nel settimo secolo dopo Cristo si presero a fondere in bronzo, usando l’antimonio per rendere più forte il suono. Il “copyright” spetta a San Paolino, vescovo di Nola nel quarto secolo dopo Cristo. Le campane batterono i loro primi rintocchi in Campania; anzi dovettero la loro attuale denominazione proprio alla regione partenopea, in cui veniva prodotto del bronzo particolarmente sonoro. Insomma, è un’invenzione italiana che ha fatto il giro del globo. E proprio nel Belpaese, l’Unesco ha nominato la fonderia Marinelli, “patrimonio dell’umanità”: è la più antica officina ancora operante su Gaia. 

Agnone: fonderia Marinelli - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 

Ad Agnone, in provincia di Isernia è un’arte che riassume 10 secoli (giorno più giorno meno). Qui, una famiglia di origine veneziana da 1000 anni esercita l’arte campanaria tramandandola di padre in figlio: il casato Marinelli, proprietario della fonderia che porta lo stesso nome. Fonderia che, dal 1924 si fregia del titolo di “pontificia”. E’ la fucina del Papa - depositaria di un’arte che resiste alle tentazioni tecnologiche ed elettroniche - al servizio delle chiese di tutto il mondo. 

Agnone: fonderia Marinelli - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 

La fusione di una campana in questo antro di Vulcano assume le caratteristiche di un rito. L’officina in cui lavorano una dozzina di artigiani si trasforma in un luogo sacro. Le parole più significative le ha espresse - a 82 aprimavere quando l'intervistai - l’ultimo caposcuola al mondo, Pasquale Marinelli: «Oggi usiamo le stesse tecniche dei maestri del Medioevo e del Rinascimento. Questo lavoro necessita di una mente che progetta e di mani che forgiano, perché qui non abbiamo macchine; ed infine, la passione». Arte, storia, qualità, esperienza costituiscono le peculiarità di questa antica fucina creativa. 

Agnone: museo della campana - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 

 Come nasce una campana? Per farne una ci vogliono da due a tre mesi di lavoro. Il rapporto fra lega di metalli (78 parti di rame e 22 di stagno), suono, dimensione, spessore, diametro, altezza del bronzo, è tassativo. Quanto più grande è la campana tanto più grave è la nota; quanto più piccola, tanto più acuta. Forse non lo sapete, ma la campana ha un’anima che parla, o meglio, suona. «Il processo di fabbricazione inizia con la costituzione di un’armatura di mattoni che prende il nome di anima e corrisponde alla forma interna della campana - spiega lo scultore Armando Marinelli - Questa struttura viene ricoperta da strati di argilla fino ad ottenere una superficie levigata, sulla quale gli artisti applicheranno la cera, ricavandone fregi. Su questa struttura che ha l’aspetto e la dimensione della futura campana (falsa campana, ndr) vengono stesi altri strati di argilla, fino allo spessore desiderato, formando il mantello. Quest’ultimo viene essiccato con carboni accesi, sistemati all’interno dell’anima di mattoni». Gli fa eco il fratello Pasquale junior (classe 1970): «La forma così completata si riscalda e con la tecnica della cera persa, che si scioglie, rimane impressa sul mantello in negativo; ed ecco la composizione artistica». Quindi «si solleva il mantello, si distrugge la falsa campana e lo si ricolloca sull’anima - rivela Armando, il “cesellatore di santi” - Nello spazio libero creatosi tra l’anima e il mantello scende il bronzo fuso a 1150 gradi centigradi che si raffredda lentamente». È il momento più suggestivo: il sacerdote intona le litanie dei santi. Quando il prete pronuncia “Santa Maria Mater Dei” è il segnale di via libera alla lega di metallo fuso. Dal fuoco all’aria: ora la campana, che ha una sua propria nota, è pronta per le rifiniture e il collaudo musicale. 

Agnone: fonderia Marinelli - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 

In sintesi. Per realizzare una campana occorrono procedure molto complesse, esperienza plurisecolare e tempi tecnici di circa 3 mesi. Si parte dalla costruzione di una forma composta da anima, falsa campana e mantello. 1) Anima: con una sagoma di legno si prepara una costruzione in mattoni ricoperta di argilla corrispondente all’interno della campana. 2) Falsa campana: sull’anima, rivestita di argilla sino ad ottenere una superficie levigata, si applicano le cere con le iscrizioni dedicatorie, le immagini ed i fregi artistici. 3) Mantello: sulla falsa campana si applicano diversi strati di argilla sino allo spessore desiderato. La forma così completata si riscalda con la tecnica della “cera persa” (la cera si scioglie col calore lasciando impressa in negativo, all’interno del mantello, la composizione artistica). A questo punto si solleva il mantello, si distrugge la falsa campana e lo si ricolloca sull’anima. Il modello è ora interrato nel fosso di colata dove avviene la fusione del mantello a 1200 gradi centigradi. Il bronzo per campane è una lega composta da 78 parti di rame e 22 di stagno. Il bronzo liquefatto viene versato nelle singole forme riempiendolo spazio libero creatosi tra l’anima e il mantello. Dopo un lento raffreddamento la campana è estratta dal fosso di colata, infine liberata dall’anima e dal mantello, viene ripulita e cesellata. Vi si applica poi il battaglio di ferro e si procede al collaudo musicale.

Nella fonderia Marinelli sono state create campane famose. Gioconda Marinelli ne elenca a memoria alcune: «La campana per il santuario di Lourdes, la commemorativa del primo centenario dell’Unità d’Italia, la campana del Concilio Vaticano II, le campane del Sorriso di Papa Luciani, quella dei Quattro Papi, l’Africana, la campana della Perestroika per lo storico incontro del Papa con Gorbaciov, la campana dell’Amicizia per il museo di Pechino, la campana della pace donata dal Pontefice all’Onu, la campana del Giubileo». E innumerevoli altre ancora. «Siamo solo una bottega e con questo intendo dire che qui facciamo le cose esclusivamente con le mani, senza utilizzare mai alcun macchinario. Ogni elaborato è un originale» ha così sintetizzato la sua attività Pasquale Marinelli, praticata per mezzo secolo col fratello Ettore scomparso prematuramente nel 1981. Insomma, artigianato puro. «Possiamo fabbricare campane senza l’ausilio dell’energia elettrica - racconta Armando - perché usiamo materiali naturali e poveri: argilla, legno, carbone, pula di grano, sterco e crine di cavallo come legante. La sagoma studiata ed elaborata dai nostri antenati custodisce il segreto della campana». 

Nel 1950, in seguito ad un devastante incendio, la fonderia fu trasferita dal centro antico di Agnone alla periferia del paese, negli spaziosi locali di un vecchio granaio. Qui i maestri fonditori ripetono gli antichi gesti dei loro antenati. Da qui partono, destinate in tutto il mondo - Gerusalemme, New York, San Francisco, Buenos Aires, Montréal, Manila, Rio de Janeiro, Seul, Tokyo, Sapporo, Hiroshima, Pechino, Tirana, Madrid, Macao, Cracovia, Montpelier, Nizza, Montecarlo, Mozambico, Kossovo - campane dai bellissimi rilievi artistici e dalla perfetta ed ineguagliabile sonorità. Questi Marinelli a vederli sono memorie a tutto campo con gocce di bronzo nel sangue. Giosuè Marinelli nel Del miglioramento delle campane (pubblicato nel 1849), aveva appuntato alcune annotazioni sulla fusione delle campane e Gaetano, nel 1873, aveva bonariamente riordinato appunti e calcoli matematici nel suo quaderno Elementi di campane. Ma è con L’arte delle campane (1888) di Tommaso che i fonditori Marinelli cominciano ad avvalersi di una salda base teorica; in sostanza l’autore infonde rigore scientifico a una pratica millenaria, tramandando le conoscenze e i segreti sulla fusione delle campane. Il patriarca Pasquale, amico di papa Wojtyla, non ha mai dimenticato la visita del pontefice. «Il 19 marzo 1995 è una data storica per noi, perché venne in visita Giovanni Paolo II, proprio in questa piccola bottega. Celebrò la colata della campana della Pace. Lui, come un ragazzo ci chiedeva continuamente notizie. Poi ci lasciò sotto un pannello di argilla, la sua firma in originale». Il pontefice scrisse a mano: «Ciascuno di noi porta con sé una campana molto sensibile. Questa campana si chiama cuore. Questo cuore suona, suona e mi auguro che il vostro cuore suoni sempre delle belle melodie». 

Le campane dei Marinelli abitano i cinque Continenti: le loro note squillano in Africa come in Cina, Sudamerica, Oceania ed Europa. La prestigiosa fonderia ha fabbricato le otto campane per la santificazione di padre Pio nella chiesa realizzata da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo. «Noi lavoriamo ad occhio, usando cuore e mente - bisbigliano all’unisono i fratelli Armando e Pasquale junior - Qui il tempo è fermo: non c’è la fretta di dover portare a termine il lavoro; c’è solamente la costanza e l’amore di seguire a passo d’essere umano le fasi di lavorazione ed infondere bellezza a questi meravigliosi strumenti musicali. La vera crisi per noi è reperire operai specializzati, ai quali infondere amore per questo mestiere». Oggi il suono delle campane si perde un po’ nel frastuono urbano ma rimane ricco di significati sacri e profani. Uno strumento che appartiene al nostro paesaggio sonoro interiore non poteva nascere e perfezionarsi che nel Belpaese. Per secoli le campane sono state degli insostituibili mezzi di comunicazione di massa. E hanno funzionato anche come orologio dei poveri, ma non solo. In molte città europee la campana del Comune segnava l’inizio e la fine della giornata lavorativa nelle botteghe artigiane. Dai campanili più celebri alle chiese più sperdute, riecheggia un suono che per millenni è stato il sottofondo della vita d’ogni giorno.

Mille anni di storia fusi nel bronzo. Il museo internazionale di Agnone, unico nel suo genere - aperto dai Marinelli ed inaugurato dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il 26 marzo 1999 - è stato intitolato a Karol Wojtyla ed è dedicato allo scultore Ettore Marinelli. In loco sono esposte oltre 500 campane: si naviga dall’anno Mille ai giorni nostri. Materiale scritto ed iconografico, disegni, bozzetti, riproduzioni, preziosi manoscritti e pubblicazioni, attrezzi da lavoro. Il museo è al tempo stesso fucina di studi: biblioteca, archivio, videoteca, sala convegni. Tra le documentazioni più importanti è esposta la Tavola Osca di Agnone del III secolo avanti Cristo, il cui originale è conservato al British Museum di Londra dal 1873. Essa attesta che in questi luoghi la fusione dei metalli era praticata 2.500 anni fa.


 


1 commento:

  1. Bellissimo articolo. Con Lei si impara sempre. Grazie Dottor Lannes, a Lei ed i suoi collaboratori. Siete preziosi

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Gradita firma degli utenti.