BIOGRAFIA

26.2.22

DALL' ABRUZZO ALLA PUGLIA: I TEMPLARI!

 

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


di Gianni Lannes

Viaggi nella storia dal fascino ancestrale e misterico che veleggia in un'altra dimensione. Ecco cio' che sopravvive al tempo convenzionale. Dagli Abruzzi alle Puglie in riva all'Adriatico transitando dal Gran sasso sotto la Maiella, fino alla mitica Daunia diomedea, attraverso le primordiali vie erbose dei tratturi. E sul cammino preziosi gioielli dell'arte incastonati nella natura tramandati ai posteri.

Deesis (Museo nazionale d'Abruzzo)


Monumento nazionale dall'anno 1902, eppure privo di un vincolo effettivo di tutela e salvaguardia, a ridosso della statale 153 per l'Aquila. A Bussi sul Tirino, in corrispondenza dell'antica via d'epoca romana, denominata Claudia Nuova, sorge Santa Maria di Cartignano: una mirabile chiesa millenaria restaurata a rudere nell'anno 1968, che ingloba alcune iscrizioni funerarie d'epoca romana. Insomma, a rischio sfregio, come e' gia' accaduto a piu' riprese.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan 

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Siamo dinanzi a un gioiello architettonico, emblema di una storia indimenticabile; eppure a tutt'oggi, questo simbolo dell'Italia medievale, non gode - incredibilmente - neanche di una protezione a salvaguardia della sua residua integrita'. Peggio: l'austero rudere rischia di crollare da un momento all'altro, anche a seguito delle scosse telluriche e degli eventi atmosferici. Infatti, il catino absidale presenta crepe evidenti e notevoli lesioni strutturali e cosi' all'interno di alcuni archi a tutto sesto delle navate sopravvissute all'incuria e al degrado. Inoltre, l'altare centrale in pietra locale, risulta danneggiato da ignoti vandali con incisioni deturpanti.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Qui si incontrano e si fondono in un sincretismo dimenticato, civiltà antica, civiltà cristiana e raffigurazioni cosmologiche che ci restituiscono la cifra nascosta di una sorta di religiosità perenne espressa attraverso quegli enigmatici custodi che sono i simboli incisi nella pietra. L'abside orientata ad est, Versus Solem Orientem. Orientazione questa, comune sia ai pagani che ai cristiani che vedevano in questo un simbolo di salvezza e di rinascita. 

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


La muratura di questa chiesa, come quella di San Pietro ad Oratorium è un pregevole esempio di quello che viene definito come “apparecchio aquilano”. Questo modo di costruire a “conci” di dimensioni ridotte creando una sorta di disegno, rimanda al ben più noto opus reticulatorum romano e all’opus vittatum e si deve probabilmente proprio alla cultura benedettina la riproposizione di questo antico modo di costruire. Incisi sulla facciata troviamo due simboli gemelli cari ai Cavalieri Templari. Si tratta del Fiore e dell'Albero della Vita. Nell’arco dell’abside si intravedono tracce di quelli che probabilmente erano affreschi, dove qualcuno riesce a vedere le sagome evanescenti come fantasmi di due santi. Si tratta di una Deesis: un particolare tema iconografico che rappresenta una supplica o una intercessione. Vi è raffigurato un Cristo benedicente in trono tra la Madonna e San Giovanni Battista. Ai lati del Cristo che nella mano sinistra regge un libro con la scritta “EGO SUM LUX OMINIA” sono raffigurati il Sole e la Luna. Lo sfondo è quello di un cielo stellato in un luogo paradisiaco. 

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Il toponimo prediale Cartinius mostra evidenti origini latine e nulla ha a che vedere con la lavorazione rinascimentale della carta, quando l'incantevole Valle Tritana era sotto la dominazione medicea. I documenti storici attestano inequivocabilmente, che nel 1065 diviene monastero, in seguito distrutto a piu' riprese dalle rovinose alluvioni del torrente Parata.


S. Maria di Cartignano - foto Gilan
S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan



Il 3 dicembre 1887, in una lettera ministeriale dell'Istruzione Pubblica, inviata dal ministro al prefetto dell'Aquila, si legge quanto segue:

«...Alla destra del Tritano o Tirino, a poca distanza di Bussi, in fondo ad un vallone esisteva un tempo un monastero o grancia con chiesa annessa, intitolata alla Madonna di Cartignano. A causa di continue alluvioni il monastero fu distrutto sin chè al presente non rimangono che pochi ruderi. Anche la Chiesa perdé le de navate laterali e quella di mezzo e' sepolta per meta'. Il rosone della facciata e' piccolo ma ha il pregio di essere di un sol pezzo. Pregevole l'abside che esternamente e' ancora intatto, e all'interno nella parte superiore ha buoni affreschi. Si notano tuttavia la figura del Padre Eterno con alato Gesu' cristo e la Madonna e sotto varie messe di santi e poi una legenda a caratteri longobardi ma credo probabile che, se si scoprisse internamente tutto l'abside, si potrebbe trovare l'altare e le figure degli affreschi si vedrebbero per intero. Lo stesso dicasi per la facciata. Sotto al rosone ci dev'essere la porta, e forse l'affresco della lunetta. Prego la S.V. Ill,ma di fare queste pratiche che credera' opportuno presso il locale municipio affinche' la cura di questo importante monumento non sia ulteriormente trascurata».

Notizie della prima costruzione risalgono all’XI secolo, quando nel 1021 una bolla papale cita una cella benedettina dedicata a San Benedetto. Negli anni successivi del 1000, la chiesetta divenne un vero monastero dedicato a Santa Maria di Cartignano, sotto la guida dell’abbazia di Montecassino. L'edificio religioso a partire dal 1500 venne gradualmente abbandonato e infine sepolto dall'oblio, nonche' dal fango alluvionale. Nel XVIII secolo la chiesa fu inglobata nel territorio dell’abbazia di San Liberatore a Majella e dei Monaci Celestini del Morrone. Documenti risalenti al 1770 attestano che la chiesa era ancora integra e in perfetto stato di conservazione, fino al completo abbandono nel 1800, e alla successiva riscoperta a fine '800. Tuttavia in quegli anni numerosi terremoti avevano colpito l’Abruzzo, facendo crollare tutta la copertura dell’edificio. La chiesa venne riscoperta nella seconda metà del Novecento. L’esterno ha un aspetto tipicamente duecentesco, costituito da una facciata assai semplice, composta da un minuto portale con architrave a semicerchio, un rosone floreale, e un campanile a vela, frutto di ricostruzioni per anastilosi, dopo il crollo dell’originale. L’altra parte integra della chiesa è l’abside con decorazioni a “dentelli”, e il prospetto posteriore a capanna. I lati della chiesa sono circondati da piccoli archi. Sul fianco sinistro della chiesa, a ridosso di una collina, ci sono resti del cosiddetto “romito del pastore”, ossia di una casupola che accoglieva gli eremiti. L’interno prima del restauro possedeva vari affreschi e oggetti di culto, successivamente essi furono trasferiti a L’Aquila, nel Museo nazionale d’Abruzzo, in particolare l'affresco nell’abside, la Deesis ritraente il Cristo Benedicente, seduto in trono tra la Madonna e San Giovanni Battista, opera di Armanino da Modena. Altri affreschi sono visibile nei resti delle mura di copertura laterali, ritraenti San Nicola, San Benedetto, Sant’Agata, San Paolo, San Amico, San Mauro e San Pietro. All’interno era presente anche un importante bassorilievo, oggi conservato nella chiesa parrocchiale di Bussi sul Tirino: la morte in Croce di Cristo con alcune figure alate che volano attorno d esso, e due imponenti leoni che proteggono la scultura, in segno decorativo. Secondo le ipotesi degli studiosi della chiesa, l’edificio in origine doveva essere a tre navate. Inoltre il campanile a vela era più ricco e massiccio, con una colonnina che divideva la finestra delle campane, come si evince da una foto. Dopo il restauro dell’abside con una copertura lignea del tetto, gli studiosi ipotizzarono che dietro l’altare, vi fosse un altro affresco nella lunetta dell’abside, oltre a quello del Cristo Benedicente; andato però perduto a causa delle intemperie naturali e della disattenzione umana.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Nella parte meno visibile e appariscente di questa chiesa che esercita una sorta di magico magnetismo, priva di copertura è in diretto collegamento con il cielo, come avrebbero voluto gli antichi costruttori. Nel retro della chiesa, in alto, sui peducci simili a mensole su cui posano gli archetti ciechi che decorano l’esterno dell’abside, sono scolpiti alcuni antichi e arcaici simboli che si mostrano al nostro sguardo carichi di affascinanti e primordiali misteri. Non sono lì per caso e non sono lì come decorazione, ma per un motivo preciso.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Siamo nel periodo d’oro di questi simboli ancora a cavallo con il paganesimo perché solo qualche secolo dopo, nel ‘400 sia l’Oriente che l’Occidente perderanno questa conoscenza simbolica e l’architettura cesserà di essere orientata.  

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


L'incredibile periodo medievale nel quale sorge questa chiesa, lungi dall’essere un periodo di decadenza fu al contrario l’ultimo sussulto di un mondo straordinario capace di evocare tutta la ricchezza di una tradizione primordiale oggi scomparsa.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


In sequenza da sinistra verso destra sono quella che sembra essere una colomba, un fiore della vita nella sua rappresentazione più classica, un albero della vita e due croci, di cui l’ultima molto significativa e rara. Sia il Fiore della Vita che l’Albero della vita sono simboli arcaici che non hanno a che vedere solo con il cristianesimo, ma con quasi tutte le culture del mondo. Simboli che il cristianesimo fa suoi proprio in questo periodo del Medioevo.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Questo simbolo in Italia compare per la prima volta nel VII secolo a.C. su un’urna etrusca rinvenuta a Civitella di Paganico e il suo significato simbolico è strettamente connesso con la Resurrezione. Su quest’abside lo ritroviamo nella sua più classica e inconfondibile rappresentazione, quella dei sei petali dentro un cerchio. La stessa già vista, solo tracciata, sulla facciata.


S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Sintesi armonica della geometria sacra, questo simbolo contiene in sé il numero aureo che consente di passare dalla geometria bidimensionale a quella tridimensionale, una delle costanti matematiche più antiche che esistano.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


Microcosmo e macrocosmo sono entrambi rappresentati da questo simbolo, attraverso un complesso e perfetto sistema di geometrie, proporzioni e rapporti matematici in grado di spiegare la genesi e l’evoluzione di ogni forma di vita nel cosmo.

Nei manufatti che avevano relazione con i cavalieri Templari stava a significare che l’edificio era stato realizzato secondo i dettami divini.

I Templari ritenevano che la presenza di un simbolo armonico nelle loro costruzioni favorisse la sintonizzazione con i principi universali che governavano il cosmo e la natura, facilitando il collegamento con l’Alto così da poter mettere in pratica l’antico principio ermetico “Così come in Alto così in Basso”. Principio ripreso dal cristianesimo che lo trasformerà in: “Come il Cielo così in Terra”.

Il secondo simbolo è un Albero della Vita in stretta connessione con il Fiore della Vita. Non è un caso che stia accanto al Fiore della Vita. Si tratta di una raffigurazione simbolica che racchiude significati esoterici e religiosi la cui raffigurazione muta a seconda delle civiltà dove è rappresentato. Rappresenta il cosmo e unisce la terra e il cielo assicurando la coesione dell’Universo.

Infine, c'e' una croce orbicolare inclinata a destra. È rarissima: in Abruzzo è presente e si conosce solo un’altra a Luco dei Marsi nella chiesa di Madonna delle Grazie, considerata un tempio templare. In Italia se ne conoscono solo altre tre a Lunigiana in Toscana. Può essere inclinata sia a destra che a sinistra e ha a che vedere con l’inclinazione dell’asse terrestre. È un simbolo che si relaziona con gli equinozi e i moti di precessione del pianeta Terra che incidono sia su aspetti astronomici che climatici del pianeta.

In Abruzzo i Templari si stabilirono nei punti strategici della regione, a guardia di valichi, lungo le vie consolari e lungo le antichissime direttrici viarie dei “tratturi” che oltre a consentire la transumanza permettevano il mantenimento dei traffici commerciali tra la parte tirrenica e la parte adriatica dell’Italia centro meridionale.

Atto notarile stipulato a Bussi il 10 ottobre 1770, conservato presso l'Archivio di Stato a L'Aquila



Questa chiesa, come testimonia un documento notarile datato 10 Ottobre1770, era ormai ridotta a due sole navate, con il pavimento compromesso ed il tetto crollato per un quarto, le mura sul lato orientale crollate, lasciata in abbandono dopo l’ennesima frana. Nel 1887 viene redatta una relazione dallo studioso Di Nino rivolta al Ministero in cui si descriveva lo stato di fatto della chiesa ormai ridotta a rudere a causa delle continue alluvioni. Solo nel 1912 il Gavini, per conto della Soprintendenza ai monumenti d'Abruzzo, lanciò un appello nella “Rassegna d’arte” per salvare l’edificio; appello rimasto inascoltato in quegli anni, verrà raccolto solo nel 1968 , quando finalmente in seguito a lavori di scavo ,interventi di restauro e parziale ricostruzione. All'epoca sono state intraprese dalle autorita' intraprese scelte di restauro non fedeli all'originale, come è successo ad esempio per la vela del campanile, originariamente bipartita ma restituita con una sola apertura. 

Singolare la somiglianza formale dell'architettura esterna con la chiesa coeva di Santa Maria di Monte Devia, a San Nicandro Garganico. Anch'essa infatti presenta la facciata a doppi salienti ,il campanile a vela a coronamento, ed uno stile umile e austero, sebbene quest'ultima sia triabsidata . È legittimo pensare a fenomeni di contaminazione stilistica, poiché il Tratturo Magno univa Abruzzo e Puglia dall'Aquila alla Capitanata. Anche questa e' l'Italia, il belpaese delle meraviglie nascoste.

S. Maria di Cartignano - foto Gilan

S. Maria di Cartignano - foto Gilan


S. Maria di Cartignano - foto Gilan


S. Maria di Cartignano - foto Gilan




S. Maria di Cartignano - foto Gilan



S. Maria di Cartignano - foto Gilan
 


Riferimenti:

Di Nino A., “S. Maria di Cartignano”, in Arte e storia, VII, 1888.

Piccirilli. P., “L'Abruzzo monumentale”, in Rassegna Abruzzese, III, 7, 1899.

Gavini L.C., Storia dell'architettura in Abruzzo, Roma, 1927.

Visoni A., “Restauri della Chiesa di Cartignano”, in La Valle del Tirino, VII, 5 dicembre 1968,

Di Carlo G., I ruderi di S. Maria di Cartignano, Editrice Graphitype, Pescara, 2005.

https://archive.org/details/elencodegliedifi00ital

http://portalecultura.egov.regione.abruzzo.it/abruzzocultura/index.d

https://www.academia.edu/19172759/Bussi._Chiesa_di_Santa_Maria_di_Cartignano

http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/scheda/opera/2803/Armanino%20da%20Modena%2C%20Cristo%20in%20trono%20tra%20la%20Madonna%20e%20san%20Giovanni%20Battista

http://www.comune.bussisultirino.pe.it/index.php?id=4&oggetto=342







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