di Antonio Bassi
Il virus si è indebolito. A dirlo sono i dati statistici in nostro possesso e il buon senso. Al di là delle opinioni personali e delle dichiarazioni spesso contraddittorie che abbiamo sentito e sentiamo in tv, facciamo un ragionamento logico e pacato basandoci sui dati ufficiali. Alla data del 24 ottobre, i casi ufficiali di positivi al tampone accertati in Italia sono circa 485000 a fronte di circa 37000 morti dichiarati, mentre un mese fa erano poco più di 300000 a fronte di un numero di morti appena inferiore a 37000. La percentuale del numero di decessi in rapporto ai casi accertati è passata da circa il 12% al 7% in un mese, perché, aumentando i positivi, non è aumentato esponenzialmente il numero di decessi per Covid. È aumentato un po’ rispetto all’estate, ma non in modo esponenziale, e comunque siamo lontanissimi dai dati di marzo-aprile. Secondo il rapporto Altems dell’Università Cattolica, l’indice di mortalità attuale è al 2,7%, paragonabile a quello dell’influenza stagionale, che varia tra l’1 e il 3%.
Tuttavia, non si tiene conto di due fatti importanti: 1. il numero di persone entrate in contatto con il virus (positivi) e rilevate con il tampone crescerà esponenzialmente al numero dei tamponi effettuati, 2. i tamponi non rilevano solo i casi positivi con alta carica virale, ma anche e soprattutto gli asintomatici con carica virale bassa e non contagiosa e i contagiati ormai guariti che ancora portano con sé pezzi di virus morto. Dopo la riapertura, il virus si è diffuso a macchia d’olio, la quasi totalità della popolazione lo ha superato con sintomi lievi e la stragrande maggioranza non si è neppure accorta di averlo avuto. Adesso, a detta dei microbiologi nei laboratori di analisi, i test stanno rilevando una grande percentuale di persone che hanno avuto il virus, lo hanno superato e portano con sé ancora residui di virus morto. Molto probabilmente, milioni di italiani sono entrati in contatto con il virus, per cui attualmente potremmo già avere milioni di positivi guariti a cui si aggiungono nuovi positivi, per un totale esorbitante. Tuttavia, il numero dei malati gravi e dei morti resta basso, non è cresciuto e non cresce esponenzialmente al crescere dei positivi. Questi semplici ragionamenti portano ad una conclusione ovvia: il virus è più debole ed è paragonabile ad una normale influenza e sfido chiunque, sulla base dei dati, a sostenere il contrario.
Tuttavia, sussistono ancora casi in cui il virus produce malattia anche grave, più grave dell’influenza stagionale. Se sommiamo questi casi a quelli prodotti dall’influenza stagionale e da altre patologie ben peggiori, il numero dei ricoverati potrebbe salire al punto da creare situazioni difficili negli ospedali. L’unica soluzione che abbiamo per prevenire il possibile collasso delle terapie intensive è quella di curare i malati prima che necessitino di cure ospedaliere e far fronte al problema dei molti anziani soli che, in caso di malattia, vengono trasportati necessariamente in ospedale, non avendo nessuno che si occupi di loro (i cosiddetti “ricoveri sociali”). Il Ministero della Salute dovrebbe attivare i medici di famiglia affinché assistano e curino i sintomatici e le persone in difficoltà nelle loro case, come ha fatto il Prof. Luigi Cavanna tra marzo e aprile, onde prevenirne l’ospedalizzazione.
Il virus è più debole. Il numero dei sintomatici e dei malati gravi non è cresciuto e non cresce esponenzialmente alla crescita del numero di coloro che sono entrati in contatto con il virus e dei nuovi positivi. I medici hanno acquisito conoscenze che a marzo non avevano e adesso sanno quali sono le terapie giuste. Il Ministero deve attivarsi affinché i medici di famiglia possano seguire i pazienti a casa nello stadio iniziale della malattia, prevenendone l’ospedalizzazione, salvando vite e consentendo agli ospedali di funzionare normalmente e potersi occupare di quelle migliaia di malati di patologie gravi di cui tutti sembrano essersi dimenticati. I medici devono attivarsi pretendendo che il Ministero si attivi.
Giorgio Palú, ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università di Padova e past-president della Società italiana ed europea di Virologia, ha dichiarato recentemente: «Chi ha sintomi gravi viene ricoverato. Ma ci sono anche i “ricoveri sociali”, mi informano i clinici. Persone che hanno disturbi lievi, ma non possono stare a casa perché sono soli o perché possono infettare altre persone in famiglia o perché sono poveri e non sanno dove andare. Se ne dovrebbero occupare i medici di famiglia, ma non esistono regole e protocolli che li orientino nella scelta delle terapie. Sono lasciati soli».
Dunque, il Ministero della Salute si muova a produrre regole e protocolli per attivare i medici di famiglia nella direzione già intrapresa dal Dott. Cavanna e suggerita da Palú, e smettiamola con l’isteria di massa. La vita continua.
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