BIOGRAFIA

12.9.20

LA SCUOLA DEL GRANDE FRATELLO


di Gianni Lannes

L'Italia è probabilmente l'unico Paese della comunità internazionale dove ogni legislatura parlamentare che esprime un governo diverso dal precedente è accompagnata da una nuova organizzazione scolastica dell'istruzione rivolta al peggio. Mentre i Paesi OCSE e quelli non OCSE ad economia avanzata perseguono un cammino rettilineo nel tempo che ha come obiettivo preciso ed unico quello di rendere l'istruzione un momento altamente formativo per lo studente in termini culturali, civici, di capacità relazionale e critica, ed un trampolino di lancio per il suo futuro professionale, in Italia nel corso degli anni si è assistito un graduale depauperamento culturale e ad una minor capacità competitiva delle nostre giovani generazioni rispetto a quelle di altri Paesi, dove la scuola di qualità, selettiva, che remunera in modo consono gli insegnanti, è considerata, insieme alla famiglia e al lavoro, la pietra d'angolo della società sulla quale costruire un Paese prospero in termini sociali ed economici.
 

In tale periodo di cosiddetta “emergenza sanitaria” infinita, la scuola si è necessariamente dovuta rimodulare per non sospendere i programmi di studio senza tuttavia avere i mezzi tecnologici necessari per l'insegnamento a distanza. Una scuola che si è rimodulata affidandosi senza alcuna esitazione alle risorse tecnologiche personali degli insegnanti e degli studenti. Una scuola che si è dovuta adeguare a continui mutamenti di indirizzo del ministro Azzolina, anticipati a mezzo stampa, su esami, scrutini, rientro a scuola di insegnanti e studenti che hanno determinato incertezze nel corpo insegnante, nelle famiglie e negli studenti su tempi, modalità, organizzazione dello studio. La comunicazione non chiara ha naturalmente sollevato perplessità sull'azione del governo grulpiddino e sulla sua capacità organizzativa di una realtà, quale quella della scuola e dell'insegnamento, articolata e complessa.

Dalle ultime dichiarazioni alla stampa dell'architetto e professore di disegno industriale Giulio Ceppi, membro del comitato di esperti del ministro Azzolina, sembra che l'esecutivo del Conte bis si stia indirizzando in modo certo e definitivo verso un modello di educazione, formazione e istruzione denominato "scuola ibrida". Le dichiarazioni, oltre a palesare una totale inadeguatezza del comitato di esperti a collaborare con le istituzioni dando come acclarate e di certa applicazione loro decisioni ancor prima che vengano conosciute e valutate dal Parlamento, non lasciano dubbi su quello che dovrebbe essere il futuro della scuola in Italia:

«Stiamo lavorando su un modello molto più ibrido, che adesso seguirà ancora la forzatura che il Covid ci impone, ma che nel tempo diventerà una modalità permanente. Lavorare con tempi diversi, con modalità diverse, con le differenze che ogni scuola vorrà applicare a seconda del numero di studenti, di come è collocata nel territorio. [Si tratterà] di avere tre piattaforme su cui lavorare: la fisicità della scuola, che è quella a cui siamo tutti abituati- andare a scuola. Si andrà meno a scuola ma si farà più scuola, perché in parte si lavorerà in piccoli gruppi anche da casa e in parte anche lavorando per creare degli spazi nuovi, degli spazi esterni alla scuola e fare quelli che abbiamo chiamato dei 'patti di comunità', quindi agevolare la possibilità per le scuole di avere dei laboratori, delle aule, degli spazi esterni, nelle vicinanze della scuola, ma che possano diventare spazi sicuri ma anche spazi dove fare didattiche alternative».

In altri termini, il comitato di sedicenti “esperti” disegna una scuola meno formativa ed inclusiva, in cui le strutture familiari e i contesti relazionali sociali e civici incideranno ben più di quanto avviene oggi alimentando diseguaglianze e iniquità nelle opportunità e nelle occasioni offerte a ciascuno studente.
La scelta del governo tricolore verso una scuola meno in presenza e più virtuale rischia di inverare la profezia del filosofo Giorgio Agamben, secondo il quale la pandemia sarebbe stata usata «come pretesto per la diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali».

È opportuno che consiglieri "tecnici" travalichino in maniera così esorbitante le proprie funzioni arrivando a dare per acquisiti obiettivi politici di cui il Parlamento non è informato, oppure è un atto eversivo ed anticostituzionale?


Riferimenti:

Gianni Lannes, IL GRANDE FRATELLO, Edizioni Draco, Modena, 2012.

http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/09/scuola-manca-tutto.html