BIOGRAFIA

13.4.20

A CHI GIOVA IL CORONAVIRUS?



di Gianni Lannes


La libertà è il principio fondamentale dell'umanità. Scopriamo a chi giovano gli arresti domiciliari per l'intera nazione Italia e risolveremo l'inghippo dell'isolamento sociale forzato (privo di valida giustificazione scientifica sul piano epidemiologico), prorogato di volta in volta dall'ineletto Conte. Peraltro, la quarantena stabilita dal Regolamento sanitario internazionale è ampiamente scaduta, anche a fronte dei 14 giorni massimi, indicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per l'incubazione del Sars CoV-2 (nuovo coronavirus), confuso proprio da Conte - e da tutto il cucuzzaro governativo, incluso Mattarella - negli atti ufficiali con la malattia conseguente, ossia Covid-19. Epidemia, pandemia o piuttosto diffusione e contaminazione della paura? In ogni caso, si tratta di un'arma per il controllo delle masse sociali. Virologia? No, geopolitica del dominio. La realtà è sempre una costruzione sociale. Stato d'emergenza infinito, targato governicchio grulpiddino? Lo Stivale (isole incluse) bombardato dal contagio del panico, più che dall'ultimo agente virale messo in circolazione truffaldinamente, ordinato dal potere esecutivo e veicolato da massicce dosi quotidiane di terrore inoculato dai mass media direttamente nel corpo sociale, scivola nell'indifferenza e passività generale. Dalla democrazia incompiuta alla democrazia sospesa ed infine annullata d'ufficio. 

 

Il referendum per la riduzione dei crassi e nullafacenti parlamentari italopitechi (29 marzo 2020) è già stato rinviato alle calende greche. E il Quirinale con addirittura 765 dipendenti, costa il doppio della White House. Oggi, se il popolo è "sovrano" (secondo la Costituzione repubblicana), allora di chi o di cosa è garante in realtà, il capo dello Stato, Sergio Mattarella? Nel Belpaese tira una brutta aria di rinvio su ogni tipo d'elezione. In ben sette Regioni (Campania, Puglia, Marche, Toscana, Liguria, Veneto, Valle d'Aosta) avrebbero dovuto votare il 19 aprile, poi il 10 maggio, ora non si sa più. Così i governatori, senza legittimazione popolare, si sono trasformati in sceriffi e carcerieri istituzionali (De Luca in Campania docet), alla stregua delle forze dell'ordine, in particolare carabinieri e polizia statale nonché comunale (con in testa il ministro pro tempore dell'Interno Lamorgese, coadiuvato dai zelanti prefetti) che ne stanno approfittando per criminalizzare ed angariare sempre più cittadine e cittadini, inclusi i bambini.

Ormai siamo al rinvio del rinvio, con buona pace dello Stato di diritto. Anche le elezioni suppletive per il Senato sono slittate a chissà quando. Medesima solfa per più di mille Comuni, fra i quali diciotto capoluoghi di provincia (da Arezzo a Trento, da Mantova a Chieti, da Venezia a Reggio Calabria, per citare qualche esempio documentato); caso speciale la regione Sicilia dove il voto comunale programmato per il 24 maggio, prima è stato spostato al 14 giugno, poi chissà.

Dai tempi dell'antica e nobile Grecia è risaputo che arrestare la durata temporanea delle cariche pubbliche è un pericolo, poiché incoraggia la deriva autoritaria, come attesta la vicenda delle cosiddette Autorità: i componenti di Agcom e Privacy (interessate, singolare coincidenza, dalle questioni cruciali come il 5G ed il Sars CoV-2) hanno esaurito il proprio mandato da un bel pezzo, precisamente dall'estate dell'anno 2019, ma sono stati incredibilmente prorogati per due volte, giacché partiti e partitini (il vero cancro italidiota, con buona pace di giganti politici del calibro di Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Marco Pannella e Giorgio Almirante) non riescono a mettersi d'accordo sulla spartizione clientelare di poltrone e cadreghini. Un'altra cosa è certa: la latitanza di un'opposizione politica all'altezza dei tempi o se preferite della situazione, nonché l'inesistenza proprio in Italia di una società civile con peso politico. Altra cosa sono "gli intellettuali", pardon, gli urlatori da salotto televisivo, di cui si può fare decisamente a meno, anche in ragione della loro evidente insignificanza etica e culturale.

Il voto è la quintessenza della democrazia. Non a caso la Costituzione repubblicana italiana (articolo 48) lo declina come un diritto, ma altresì come un importante dovere civile. Aggiungendo (articolo 60) che la durata della Camera dei Deputati e del Senato può venire prorogata soltanto in caso di guerra. Ammesso (e non concesso) che quella in corso sia una guerra, nessuna proroga può estendersi in eterno. Qualche giorno fa, l'8 aprile 2020, l'ha ricordato al primo ministro pro tempore Conte, addirittura il Consiglio d'Europa: occorre “un limite temporale chiaramente definito” allo stato d'emergenza. Questa lezione è molto antica, risale almeno a Machiavelli: «In una Repubblica ben ordinata non si dovrebbero mai usare poteri straordinari, sia pure a fine di “bene”; altrimenti s'offre un precedente che in futuro giustificherà l'abuso».

Quanti gas climalteranti e polveri sottili si vogliono immettere nell'aria che respiriamo, visto che esiste una correlazione tra tale fenomeno e la letalità del famigerato virus (inerte)? La Pianura padana è notoriamente una delle zone più inquinate d'Europa, mentre gran parte delle città italiane infrange - ininterrottamente ed impunemente - i sia pur ampi limiti fissati dalla legge (in base a criteri economici, ma non biologici), per la presenza di particolati dannosi per la salute umana, al punto che si stimano ufficialmente, 80 mila morti precoci all'anno causate da patologie legate all'inquinamento?


L'emergenza sanitaria ha provocato l'emergenza economica e poi a cascata l'emergenza democratica. Ma chi ha indotto la prima, ovvero la crisi sanitaria? Chi è il regista planetario, chi il pilota e chi il vettore?

Perché dovremmo accettare il peso delle limitazioni alla libertà e a tutti i diritti civili ormai senza limite temporale (prorogate periodicamente alla scadenza dall'ineletto Conte)? Quella in atto non sembra per caso la prova generale (di portata mondiale) per un futuro nebuloso, quasi un esperimento sul grado di accettazione, rassegnazione, passività del corpo sociale, per sapersi regolare dinanzi alle future repressioni (probabili) del sacrosanto malcontento popolare? Quando si tratta di libertà e democrazia le cautele non sono mai troppe. La cosiddetta “emergenza” non è un'autorizzazione in bianco al governo tricolore. Non implica affatto i pieni poteri, arrogati dall'avvocato del popolo. Piuttosto un'autorizzazione proporzionata al mero scopo: una limitazione che esclude l'arbitrio istituzionale. Nei momenti straordinari i regimi democratici esaltano il ruolo dell'esecutivo, ma al contempo anche le responsabilità del Parlamento che deve controllarlo passo dopo passo, mantenendo il fiato sul collo. Invece, così non è in Italia: l'assunto vale anche per il giornalismo che in teoria dovrebbe controllare ogni forma di potere, ma invece ne risulta invischiato, poiché non è più indipendente. Per tutta la durata dell'emergenza il Parlamento (remunerato lautamente da cittadine e cittadini) dovrebbe essere riunito in permanenza e non invece a singhiozzo, quando capita. Un esempio lampante della deriva autoritaria? Il decreto legge 25 marzo 2020, numero 19: è stato annunciato dal governo il 24 marzo scorso, ma non è stato presentato alle Camere nei tempi vincolanti stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione repubblicana italiana. Eppure il 25 marzo è stato pubblicato in Gazzetta, emanato da Mattarella, controfirmato da alcuni ministri e dello stesso Conte. L'inquilino in scadenza del Quirinale non s'è accorto di niente?

Dove inizia la difesa del diritto alla salute? Dinanzi ai sintomi individuali di una malattia? Oppure prima, nella protezione dell'ambiente ormai avvelenato dal modo di produzione industrial-bellico e dai nostri stili di vita consumistici? Quanto potranno durare e che senso hanno le attuali misure di “contenimento”? La difesa della salute individuale e collettiva inizia molto prima e lontano dalla comparsa di alterazioni biologiche nei malcapitati individui. Conta anche il diritto collettivo a non essere inutilmente esposti a rischi come quelli che originano dalla deforestazione e dagli allevamenti intensivi. Le infezioni e le malattie accompagnano da sempre la vita degli esseri viventi. La vera causa di epidemie e pandemie (passate, presenti e future) è il virus in sé, oppure più probabilmente le deforestazioni a tappeto, lo stravolgimento di consistenti habitat naturali, l'inquinamento e il deperimento delle capacità respiratorie, il mutamento climatico indotto dalle sperimentazioni militari più o meno segrete, le condizioni di vita subumane, la concentrazione di milioni di individui in mostruose città. Se c'è da pensare almeno ad alcune di queste cause, allora la “guerra contro il virus”, la battaglia per la vita dovrebbe prendere di mira le esasperazioni contenute nell'inciviltà dello sviluppo capitalista.

Insomma, la questione nodale in relazione alle crisi sanitarie è di natura preventiva: agire per impedirle o almeno per non causarle, ancora prima di curare. L'ambiente e la popolazione, ancor prima degli ospedali e dei malati. In tal caso, occorre un mutamento epocale, un passaggio di paradigma: dall'economia all'etica, nell'interesse del bene comune alla vita dell'umanità e per ogni essere vivente.