di
Gianni Lannes
Per
verificare se l’Italia è o non è una colonia UNITED STATES OF AMERICA (usa e getta),
chiedete (ai parlamentari e governativi) informazioni dettagliate
relative ai seguenti accordi segreti: 1) le clausole segrete
della ‘Convenzione
d’Armistizio’
del
3 Settembre 1943; 2) le clausole segrete del
‘Trattato
di pace’
imposto
all’Italia, il 10 Febbraio del 1947 (Parigi); 3) le
clausole segrete del ‘Trattato
NATO’
firmato
a Washington il 4 Aprile 1949, ed entrato in vigore il 1 Agosto
1949; 4) il ‘Bilateral Infrastructure Agreement’ (BIA) o
‘Accordo
segreto USA-Italia’
del
20 Ottobre 1954 (Accordo firmato dal Ministro Scelba e
l’Ambasciatrice statunitense Clare Booth Luce, e mai sottoposto
alla verifica, né alla ratifica del Parlamento); 5) il
Trattato
Italia-NATO,
firmato a Parigi il 26 Luglio 1961 (reso operativo con Decreto del
Presidente della Repubblica No. 2083, del 18 Settembre 1962); 6)
l’Accordo
bilaterale Italia-USA,
firmato dal Governo Andreotti, il 16 Settembre 1972; 7) il
‘Memorandum d’intesa USA-Italia’ (Shell
Agreement)
del 2 Febbraio 1995; 8) l’Accordo
segreto ‘Stone Ax’ (Ascia
di Pietra), concluso inizialmente negli anni ‘50/’60 e rinnovato
l’11 Settembre 2001. Ipoteca sulla democrazia. Si tratta di
una flagrante negazione, violazione ed infrazione degli articoli 80
ed 87 della Costituzione
repubblicana (stracciata
dal Trattato di Lisbona
entrato in vigore nel 2009) che prevedono rispettivamente la ratifica
obbligatoria di ogni accordo internazionale,
sia da parte del Parlamento che del Presidente della Repubblica. Ergo: politicanti tricolore eterodiretti dall'estero.
Nel rapporto ufficiale reso noto da Washington, ovvero: «2004
Statistical Compendium on Allied Contributions to the Common
Defense» alla
pagina «B-10» c'è la scheda relativa all'Italia in cui si legge
che il contributo
annuale alla «difesa comune» versato
dall'Italia agli Usa per le «spese di stazionamento» delle forze
armate americane è pari a 366
milioni di dollari.
Tre milioni, spiega il documento ufficiale, sono versati cash, mentre
gli altri 363 milioni arrivano da una serie di facilitazioni che
l'Italia concede all'alleato: si tratta (pagina II-5) di «affitti
gratuiti, riduzioni fiscali varie e costi dei servizi ridotti». Nel
caso del centinaio e passa di basi americane (coperte dallo status
Nato), il 41 per cento dei costi totali di stazionamento sono a
carico del Governo italiano, ovvero degli ignari contribuenti che
lavorano veramente: il dato è riportato alla pagina B-10. Alla
tabella di pagina E-4 sono invece messi a confronto gli alleati: più
dell'Italia pagano solo Giappone e Germania. Inoltre in base
agli accordi bilaterali capestro firmati da Italia e Usa nel 1995, se
una base americana chiude, il nostro Governo deve indennizzare gli
alleati per le «migliorie» apportate al territorio,
con un ulteriore vincolo: se l'Italia intende usare in qualche modo
il sito entro i primi tre anni dalla partenza degli americani,
Washington riceverà un ulteriore rimborso.
L'allora
Ministro della difesa Arturo
Parisi ebbe
a dichiarare, alla Camera dei Deputati, il 19 settembre 2006, che
esistono ufficialmente otto
basi Usa
in Italia disciplinate sulla base accordi bilaterali Italia-Usa.
Secondo una precisazione pubblicata dagli autori della prassi
italiana diritto internazionale nell'Italian Yearbook of
international Law, le otto basi (o meglio basi e infrastrutture)
degli Stati Uniti in Italia sarebbero le seguenti: a) aeroporto di
Capodichino
(attività
di supporto navale) b) aeroporto di Aviano,
Pordenone
(31o
stormo e 61° gruppo di supporto regionale; c) Camp
Derby
(Livorno);
d) la base di Gaeta,
Latina;
e) la base dell'Isola
della Maddalena
(disattivata
senza bonifica dall’inquinamento nucleare nel 2008, ndr; f) la
stazione navale di Sigonella;
g) l'osservatorio di attività solare in San
Vito dei Normanni;
h) una presenza in Vicenza
e Longare.
Il
trattato fondamentale che disciplina lo status
delle basi americane in Italia è
l'accordo
bilaterale sulle infrastrutture
(Bia),
stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954. Tale atto,
noto agli specialisti come «accordo
ombrello»,
non è mai stato pubblicato. Secondo un autorevole commentatore, esso
fu firmato dall'allora Ministro italiano degli esteri (Giuseppe
Pella)
e dall'ambasciatrice Usa in Italia (Clara
Booth Luce).
Si tratta quindi di un accordo in forma semplificata che stabilisce,
tra l'altro, il tetto massimo delle forze Usa che possono stazionare
in Italia. Quanto alle armi
convenzionali,
proibite da trattati ratificati dall'Italia ma non dagli Stati Uniti,
dovrebbe essere chiarito, come politica generale, che queste non
possono essere detenute in basi americane in Italia.
Studi di ricerca specializzati hanno affermato che pur considerando
le basi americane come una bilateralizzazione dell'articolo 3 del
Trattato Nato, bisognerebbe affermare che la base dovrebbe essere
usata per scopi strettamente difensivi, cioè qualora l'Italia o
altro membro dell'Alleanza sia oggetto di un attacco armato. Ma
il reale uso della base smentisce questo assunto.
Il concetto di sicurezza si è ampliato e la Nato
ha ormai intrapreso una serie di missioni, ovvero la guerra, che
vanno ben oltre la nozione di legittima difesa contro un attacco
armato. Un uso delle basi per fini diversi da quelli stabiliti
dal trattato, sia come missioni ex articolo 5 sia come missioni
non-articolo 5 non dovrebbe essere consentito. Anche tale assunto,
però, viene smentito dalla prassi. Durante il conflitto
iracheno,
la base di Vicenza
fu
usata, avendo l'Italia aderito ad una politica di non-belligeranza.
Questa è prevedibile se si hanno basi straniere sul territorio
nazionale, poiché la neutralità perfetta, che comporterebbe
l'internamento di uomini e materiali, non può essere mantenuta.
Da
un rapporto del Consiglio d'Europa si apprende che la base di Aviano
e
quella di Ramstein (Germania) sarebbero state usate per operazioni
di extraordinary rendition.
L'individuo catturato sarebbe stato poi consegnato all’Egitto e
sottoposto
a tortura.
L'arresto di individui con procedure extragiudiziali è procedura in
violazione del diritto internazionale e costituisce un trattamento
inumano e degradante – aggravato, a quanto sembra, dalla successiva
sottoposizione a tortura dell'individuo. Ovviamente l'extraordinary
rendition non
rientra tra gli usi consentiti della base. Si
tratta di un uso in violazione del diritto internazionale,
la cui illiceità non è superabile neppure qualora lo stato
territoriale abbia acconsentito all'operazione. All'interno di
questo scenario di palese occupazione gli Stati Uniti detengono 90
bombe nucleari in Italia,
così come confermato dai rapporti
ufficiali dell’Us Air Force:
50 ad Aviano
(Pordenone)
e 40 a Ghedi
Torre
(Brescia).
Altre circa 400 sono dislocate in Germania, Gran Bretagna, Turchia,
Belgio e Olanda. Sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui
potenza va da 45 a 170 kiloton (13
volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima).
L'Italia
per eludere gli obblighi derivanti dal Trattato di non proliferazione
con
la presenza di armi atomiche ricorre al sistema
della «doppia chiave».
Le armi nucleari restano in possesso degli Stati Uniti e sotto il suo
stretto controllo. Solo gli Usa potranno decidere se ricorrere
all'arma nucleare. Tuttavia l'uso è consentito solo dopo
autorizzazione dello stato territoriale, cioè dell'Italia. In questo
modo solo formalmente l'Italia non esercita alcun controllo sulle
testate nucleari Usa e quindi la loro presenza non è incompatibile
con il Tnp. Tuttavia, non sono pubblici i dettagli del sistema
connesso alla doppia chiave. Le bombe nucleari tattiche sono
alloggiate in particolari hangar insieme ai caccia pronti per
l'attacco nucleare: tra questi, i tornado
italiani che sono armati con 40 bombe nucleari (quelle
tenute a Ghedi Torre). A tal fine, rivela il rapporto, piloti
italiani vengono addestrati all'uso delle bombe nucleari nei poligoni
di Capo
Frasca
(Oristano)
e Maniago
II
(Pordenone). Questo
fatto viene confermato ufficialmente, per la prima volta, nel Nuclear
Posture Review 2010,
dove si attesta che «i
membri non nucleari della Nato posseggono aerei specificamente
configurati, capaci di trasportare armi nucleari».
Il
26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi
Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al
Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un
dibattito,
già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri
dell'Alleanza atlantica del 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul
ritiro
delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio
europeo.
Il
28 maggio 2010, dopo quasi un mese di lavori, si è conclusa a New
York
la conferenza quinquennale di revisione
del trattato di non proliferazione nucleare:
i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di 28 pagine
nel quale si dettagliano i passi successivi nella strada verso il
disarmo
globale.
In sostanza le cinque potenze nucleari riconosciute (Stati
Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina)
si impegnano ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire
l'importanza strategica delle armi nucleari e a presentare un
rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014. Inoltre, viene
indetta per il 2012 una Conferenza
internazionale «per la denuclearizzazione del Medio Oriente»
e
l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa.
La
risoluzione
numero 1887,
adottata nel mese di settembre 2009 dal Consiglio di sicurezza
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU),
prefigura un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi a
rafforzare il Trattato
di non proliferazione nucleare
(Tnp).
Il documento «chiede
a tutti gli Stati che non fanno parte del Tnp di entrare nel Trattato
come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in
una data prossima».
Il primo pilastro del Tnp è il disarmo nucleare: ma si tratta di un
Trattato
discriminatorio,
in quanto alcuni Paesi,
i cinque che avevano effettuato un test nucleare prima del gennaio
1967 e che sono anche i membri permanenti del Consiglio di sicurezza
dell'ONU, sono autorizzati a possedere le armi nucleari, mentre ciò
è interdetto agli altri Paesi aderenti al Trattato,
che sono perciò definiti «Paesi non nucleari» nel Trattato
stesso. Il secondo pilastro è la non proliferazione: a nessun
Paese membro del Trattato è consentito trasferire o ricevere armi o
esplosivi nucleari o parti di essi. Nessun Paese nucleare – sulla
carta – può fornire assistenza per la costruzione di esplosivi
nucleari a Paesi non nucleari, né affidare il controllo diretto o
indiretto di armi nucleari a Paesi non nucleari. Inoltre, tutti i
Paesi non nucleari devono concordare con l'Agenzia internazionale
dell'energia atomica (AIEA)
di Vienna le procedure di controllo delle proprie attività nucleari
pacifiche. In questo scenario il Governo di coalizione tedesca
ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente
esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l'eliminazione
delle armi nucleari in Europa sono poi stati i Paesi del Benelux,
primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non
ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un
dibattito in merito. La Corte
internazionale di giustizia,
nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso
è contrario al diritto internazionale umanitario.
L’Italia
ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto
umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armamenti nucleari, è stata
costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo
addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi
nucleari. Il parere della Corte internazionale di giustizia, inoltre,
ha confermato che il possesso delle armi nucleari e la stessa
deterrenza nucleare non sono contrari al diritto internazionale. Il
parere in questione, però, ha stabilito che l'uso dell'arma nucleare
è sottoposto alle regole del diritto internazionale umanitario.
L'Italia dovrebbe pertanto ritirare la riserva interpretativa al I
Protocollo addizionale alle quattro
Convenzioni di Ginevra del 1949,
che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari.
Inoltre c'è
l'obbligo di uno Stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere
o ricevere armi nucleari.
Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema
per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato
nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare
sul cui territorio le armi sono stanziate rischiando di andare contro
lo scopo e l'oggetto del Tnp.
Durante
il vertice
di Lisbona
(
novembre 2010) Italia e Turchia hanno accettato una
riallocazione
dell'arsenale europeo
concentrandolo
sul proprio territorio e precisamente nelle basi sotto controllo
degli Usa di Aviano
in
Italia e Incirlik in Turchia. Risultano, inoltre, oltre ad
Augusta
e Napoli,
altri nove
porti italiani in cui vengono periodicamente ospitati sottomarini o
unità navali a propulsione nucleare (Brindisi,
Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia,
Livorno, Taranto e Trieste). In
Sicilia si sono verificati alcuni incidenti nucleari mantenuti
segreti, provocati da mezzi delle forze armate USA di stanza
a Sigonella.
Le conseguenze da allora hanno provocato leucemie
fulminanti nei bambini.
Nonostante sia stata depositata una documentata denuncia nel 2006
alla Procura
della Repubblica di Siracusa,
non è stato adottato alcun provvedimento di bonifica per salvare la
vita di chi si affaccia alla vita, né tantomeno si è fatta
giustizia.
E’
altresì di dominio pubblico la presenza di oltre 100
basi ed installazioni logistiche e militari USA e NATO
che, dal 1945, occupano parcelle importanti del nostro territorio
nazionale con statuto extra-territoriale. Da documenti ufficiali
USA emerge che Washington considera l'Italia «una
piattaforma strategica unica per le truppe Usa, permettendoci di
raggiungere facilmente le aree turbolente del Medio Oriente,
dell'Europa orientale e dell'Africa. E con Africom sarà partner
ancora più significativo della nostra proiezione di forza».
(Africom sta per Africa
Command
che
è il comando responsabile delle operazioni militari americane in
Africa che a fine 2009 si è insediato a Vicenza).
La
Repubblica Italiana non è certo ‘cosa nostra’… perché se
davvero fosse nostra, ovvero di cittadine e cittadini italiani, non
si fonderebbe sui “segreti”. “Segreti”
su questioni fondamentali,
la cui esistenza configura una repubblichetta
di facciata,
sostanzialmente appunto ‘cosa loro’. “Loro”
sono ovviamente gli Stati
Uniti d’America,
che nel lontano 1943-45 hanno effettuato la conquista
dell’Italia aiutati dalla mafia e dalla massoneria
(come
nel 1860 con Garibaldi
e i Savoia),
eufemisticamente chiamata “Liberazione”. “Liberazione” da noi
stessi, tant’è vero che dopo
oltre 70 anni non se ne sono più andati.
Potevano farlo dopo la fine dell’URSS, visto che il “problema”
era il comunismo, ma non l’hanno fatto. L’Italia è, infatti,
‘cosa loro’, anche se il
popolo italiano non lo deve percepire assolutamente.
Questo
è il “segreto dei segreti” –
altrimenti definibile la “madre
di tutte le menzogne”
– della “Repubblica Italiana delle banane”. Tutti gli altri
“segreti” (la “strategia della tensione”, le BR, le “trame
nere”, Gladio, le “stragi di Mafia”, “Mani Pulite”, il
“terrorismo islamico”eccetera) sono una conseguenza logica del
“segreto dei segreti”. Pretendere
la verità su questo punto non è una cosa “di destra”, “di
centro” o “di sinistra”. È semplicemente una cosa sensata,
da “patrioti”, se la parola “patria” non avesse assunto per i
più un significato distorsivo. Senza contare i
comandi di intelligence dipendenti dalla
National
Security Agency.
Vi
pare poco? Vogliamo
ancora parlare di “Repubblica Italiana”?
La “Repubblica Italiana” non è quello che sembra: l’Italia
è una nazione occupata. In
questa tragica situazione, pensare di risolvere qualsiasi problema
soltanto con le parole o con le petizioni è semplicemente folle.
Strategia: occorrono azioni
politiche, forti, decisive e determinate.
Se esiste realmente come entità politica, va
liberata tutta l’Europa da questa colonizzazione alienante. La
soluzione risponde al nome di autodeterminazione dei popoli.
Riferimenti:
Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014.
Gianni Lannes, BOMBE A...MARE, Nexus edizioni, Padova, 2018.
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=1943
Riferimenti:
Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014.
Gianni Lannes, BOMBE A...MARE, Nexus edizioni, Padova, 2018.
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=1943