di Gianni Lannes
Altro che la carta straccia dell'euro acquistato a caro prezzo con il signoraggio dall'ignara popolazione italiana. Chi lo ha alienato,
quando e perché? Unitamente alla perduta sovranità dell’Italia, è uno degli argomenti
più elusi dai politicanti italidioti dediti alla spartizione di poltrone e prebende, palesemente eterodiretti da interessi
speculativi stranieri. Sulla carta, ma solo in teoria è l’oro degli italiani,
la quarta riserva aurea del mondo: gran parte di essa però è detenuta negli
Stati Uniti d’America, in Svizzera e Inghilterra, custodita nei sotterranei
della Federal Reserve, a New York;
ulteriori quote sono vincolate alla nostra partecipazione alla Banca
dei Regolamenti Internazionali ed alla BCE,
la parte residua, cioè poco meno di due terzi, è conservata a Roma, nei
sotterranei della Banca d’Italia. Perché altri Stati controllano il nostro oro,
quanto ne posseggono, quando lo hanno acquisito e quando lo restituiranno? Recita
un recente comunicato della Banca d’Italia, ormai proprietà di banche private, in particolare a direzione straniera:
«Le
riserve auree italiane ammontano a 2.452 tonnellate - delle quali 4,1
tonnellate sotto forma di moneta (si tratta di 871.713 pezzi di moneta il c.d.
"oro monetato") e le rimanenti sotto forma di lingotti - dopo che nel
1999 sono state conferite alla BCE - 141 tonnellate. Presso la Sede della Banca
d'Italia in Via Nazionale 91 sono custodite 1.100 tonnellate di oro di
proprietà dell'Istituto, comprendenti anche la totalità dell'oro
"monetato", insieme a una quota (100 tonnellate) delle riserve
conferite alla BCE».
In sostanza, secondo la versione ufficiale delle autorità tricolori: l’oro è della Banca d’Italia, ma non è dello Stato (e quindi dei cittadini), tantomeno dei partecipanti privati al capitale, che sulle riserve non possono vantare alcun diritto. E’ impossibile per la stessa Banca disporre liberamente della riserva dato che la stessa costituisce un presidio fondamentale di garanzia per la fiducia nel sistema Paese. Considerando però che la Banca Nazionale fa parte dell’Eurosistema, anche le riserve ne fanno parte e contemporaneamente garantiscono insieme a quelle degli altri Paesi europei il sistema stesso. In altri termini, la cosiddetta Banca d’Italia ha ceduto i suoi poteri sostanziali alla banca centrale (BCE presieduta non a caso da Mario Draghi).
"Gran parte della sovranità l'abbiamo già persa: non è la Banca d'Italia che fa la politica monetaria, la fa la Bce in tutta l'Europa... E' una cosa che va avanti al di là che il governo ci sia o non ci sia" ha dichiarato il presidente della Banca Mediolanum, Ennio Doris (Il Messaggero, 12 aprile 2018, pagina 9).
L’attacco all’Italia decollato nel 1992 dopo l’eliminazione di Giovanni Falcone (maggio) che aveva intituito tutto, l’incontro affaristico sul panfilo Britannia dei Windsor al largo di Civitavecchia (giugno) e poco dopo l’uccisione di Paolo
Borsellino (luglio), è finalizzato al furto del suo oro nonché del suo enorme patrimonio
ambientale, artistico e archeologico, unitamente alle imprese pubbliche. Carlo Azeglio Ciampi poco dopo essere
diventato capo del governo, il 30 giugno del 1993 nominò un Comitato di
consulenza per le privatizzazioni, presieduto da Mario Draghi, uomo Goldman
Sachs, non a caso, infine approdato alla presidenza della BCE. Ciampi ha
proseguito la svendita del patrimonio italiano iniziata dal socialista Giuliano
Amato, braccio destro di Craxi (inspiegabile miracolato dalla magistratura e
poi promosso alla Consulta) e dal “lottizzatore” democristiano Romano Prodi.
La sera di mercoledì 29 gennaio 2014, dopo una
movimentata giornata alla Camera - il giorno dell’ormai famosa “tagliola” o
“ghigliottina” - l’esautorato Parlamento di onorevoli abusivi ha convertito in
legge un decreto legge che riguardava temi diversi: i principali erano la
rivalutazione delle quote della Banca d’Italia e l’abolizione della seconda
rata dell’IMU. Dell’ipotesi di rivalutare le quote della Banca d’Italia si è
parlato con una certa insistenza a partire dai primi di novembre 2013, quando è
cominciato a diventare pressante il problema di trovare i soldi per
l’abolizione della seconda rata dell’IMU. Alla base di tutto c’è il fatto che
il capitale nominale della Banca d’Italia era fino a ieri di soli 156 mila
euro: 300 milioni delle vecchie lire che furono versati nel 1936 dagli istituti
di credito italiani, allora pubblici. Quegli istituti di credito sono oggi le
banche private italiane e una sessantina di loro, insieme a qualche
assicurazione e a INAIL e INPS, sono ancora oggi formalmente i proprietari
della banca (l’elenco completo e la distribuzione delle quote è qui). A causa
di una serie di acquisizioni e cessioni, oltre il 50 per cento delle quote è in
mano ai grandi gruppi Intesa e Unicredit.
Quando nel 2009, l’allora ministro dell’economia
Tremonti pensò di tassare “una tantum”
le grandi plusvalenze che la Banca d’Italia aveva realizzato sulle
riserve auree, la BCE avanzò tutta una serie di obiezioni; tra l’altro Jean
Claude Trichet, che presiedeva allora la Banca Centrale Europea, osservò:
«Siamo sicuri che l’oro sia della Banca d’Italia, e non del popolo italiano?».
Mario Draghi, che allora era governatore, confermò l’assunto: «Le riserve auree
appartengono agli italiani, e non a via Nazionale».
Una volta lo Statuto di Bankitalia specificava
all’articolo 1 che «la Banca d’Italia è Istituto di diritto pubblico», ed
all’articolo 2 che le sue quote «non possono essere possedute se non da Casse
di Risparmio, da Istituti di credito e da banche di diritto pubblico, da
Istituti di previdenza (anch’essi pubblici), e da Istituti di assicurazione». La legge 28 dicembre 2005 numero 262,
all’articolo 10 sancisce testualmente:
«Con regolamento da adottare ai sensi dell’art.17 della legge 23 agosto 1988
n.400 è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia e sono disciplinate
le modalità di trasferimento, entro tre anni dall’entrata in vigore della
presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia
in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri Enti pubblici». Le quote
in mano a soggetti privati entro tre anni avrebbero dovuto essere trasferite
allo Stato o ad altri Enti pubblici. Di anni da allora ne sono trascorsi 13, ma
per quanto riguarda la titolarità delle quote della Banca d’Italia, nulla è
cambiato. E’ stata disciplinata, con lo Statuto del 2006, non la proprietà, ma
la eventuale cessione delle quote, stabilendo che essa avviene su proposta del
Direttorio della Banca d’Italia e previo consenso del suo Consiglio Superiore
“nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e di una
equilibrata distribuzione”.
Sul portale di Bankitalia si legge:
«La
Banca d'Italia amministra le riserve ufficiali del Paese e, come altre banche
centrali nazionali (BCN) dell'Eurosistema, parte di quelle della Banca Centrale
Europea (BCE). Le riserve ufficiali contribuiscono a sostenere la credibilità
del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e possono essere utilizzate per
interventi sul mercato dei cambi; quelle del Paese consentono di adempiere agli
impegni dell'Italia nei confronti di organismi finanziari internazionali… La
Banca d'Italia detiene e gestisce le riserve nazionali in valuta e oro.
L'ordinamento assegna la proprietà delle riserve alla Banca d'Italia; in base
all'art. 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art. 105
del TCE), esse costituiscono parte integrante delle riserve dell'Eurosistema,
congiuntamente alle riserve delle altre BCN e a quelle di proprietà della BCE.
Una quota delle riserve in valuta della BCE, conferite all'avvio della terza
fase dell'Unione economica e monetaria da ogni BCN in ragione della
"chiave capitale", è gestita dalla Banca d'Italia sulla base di linee
guida fissate dal Consiglio Direttivo della BCE».
In punta di diritto, secondo l’autorevole parere del
professor Paolo Maddalena, vice presidente
emerito della Corte costituzionale (già presidente di sezione della
Corte dei Conti), «questa ingente riserva aurea appartiene unicamente al popolo
italiano».
Più della metà dell’oro fisico italiano, non è
custodito in Italia. Perché? Davvero vogliamo berci la storiella
dell’instabilità socio-economica? E se detto oro fisico, esiste ed è libero da
vincoli per quale criminale disegno rimane custodito in mani straniere? L’oro fisico
dell’Italia è stato prestato e riprestato nel tempo generando un interesse (gold lease)? Il motivo del prestito
sarebbe guadagnare un interesse (sottratto all’Italia che deposita l’oro in
maniera infruttifera)? Una
parte consistente dell'oro italiano è conservato "strategicamente" in
altre banche all’estero. Proprio un modo carino per dire che ci è stato
sequestrato dopo la fine della seconda guerra mondiale per toglierci ulteriore
potere di convertibilità?
La Banca d'Italia in questi ultimi anni non ha vigilato
sul sistema bancario nazionale, con tutte le conseguenze criminali sotto gli
occhi dell’opinione pubblica. Il Belpaese ha perso definitivamente questo
immenso capitale strategico per via di un incredibile decreto legge volto a
modificare l’assetto dei proprietari della Banca d’Italia, controllata dai più
potenti cartelli finanziari operanti all’interno dello Stivale, Intesa-Sanpaolo
e Unicredit in primis. Il provvedimento varato dall’esecutivo guidato da Enrico
Letta ha stabilito infatti un’enorme concessione agli istituti bancari in
attesa degli stress-test comunitari, rappresentata dalla rivalutazione del
valore nominale della quota societaria della Banca d’Italia attraverso una
ricapitalizzazione gratuita da 156.000 euro (equivalenti ai 300 milioni di lire
stabiliti nel 1936) a 7,5 miliardi di euro (legata ufficialmente all’accumulo,
capitalizzato nel corso dei decenni dalla stessa Bankitalia, di riserve
aggiuntive pari a circa 23 miliardi di euro) da attingere alle riserve della
stessa Banca Centrale. In base al decreto legge, è stato attuato un programma
di ripartizione del capitale della Banca d’Italia in quote nominative di
partecipazione del taglio di 20.000 euro ciascuna, completato il quale verrà
introdotto il divieto per ogni azionista di detenere quote superiori al 3 per
cento delle azioni. Siccome la partecipazione di Intesa-Sanpaolo e Unicredit al
capitale della Banca d’Italia ammonta complessivamente a circa il 60 per cento,
si è pensato bene di aiutare tali istituti a piazzare le loro plusvalenze
(quantificabili in circa 3 miliardi di euro) risultanti dalla rivalutazione del
capitale della Banca Centrale e dalla fissazione del tetto massimo sulle azioni,
imponendo la stessa Banca d’Italia come acquirente temporaneo di tutte le quote
in eccesso. Banca d’Italia. Infatti: «Al fine di favorire il rispetto dei
limiti di partecipazione al proprio capitale, può acquistare temporaneamente
[versando a Unicredit e a Intesa-Sanpaolo una cifra complessiva superiore ai 4
miliardi di euro] le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi
ad oggetto le medesime», recita il decreto.
Tredici anni fa era stata approvata la legge 28
dicembre 2005, numero 262 (in seguito modificata dal decreto legislativo 29
dicembre 2006, numero 303), mai applicata, che prevedeva la
ri-nazionalizzazione della Banca d’Italia con il passaggio del 100 per cento
delle quote dai privati allo Stato Italiano, si comprende agevolmente come
questa manovra rappresenti in tutta evidenza un colossale “regalo” ai due
grandi istituti in questione finalizzato a consolidare il loro potere a favore
unicamente dell’“unione bancaria” che rischia di sancire la conquista del
comparto bancario “periferico” da parte di quello “centrale”, con l’aggravante
che la vendita delle quote legate alla ricapitalizzazione (basata sul nulla)
della Banca d’Italia equivale di fatto a una creazione di liquidità che anziché
andare a vantaggio dello Stato verrà integralmente incassata da Intesa-Sanpaolo
e Unicredit. L’aspetto più distruttivo di questa manovra, che si ricollega al
tema centrale dell’oro, è tuttavia rappresentato dal fatto che gli azionisti
della Banca d’Italia potranno mettere le mani sulla riserva aurea detenuta da Palazzo
Koch.
Il tema delle sovranità è la questione cruciale dell’epoca
corrente, anche se la percezione che ne hanno gli italiani è alterata dalle
menzogne del sistema politico, economico e mediatico.
riferimenti: