di Gianni Lannes
Un ecocidio in piena regola e ancora in atto, favorito dall'omertà delle istituzioni italiane, a livello nazionale e locale. Chi ha autorizzato un impianto di maricoltura in un'area notoriamente inquinata dall'Eni, perimetrata dal ministero dell'Ambiente il 10 gennaio 2000 (Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2000), dove l'Ispra ha riscontrato oltre all'arsenico anche il mercurio nei sedimenti marini? Muore il presente: se non verranno sanate al più presto queste ferite sanguinanti Manfredonia e la Daunia non avranno futuro.
Con la sentenza della Corte di Giustizia europea (quinta sezione) del 25 novembre 2004, nella causa C-447/03, avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’ articolo226 CEE, proposto il 22 ottobre 2003, l’Italia è stata condannata per non avere adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti stoccati o depositati in discarica, presenti nel sito dell’ex area Enichem di Manfredonia fossero recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute.
Nella poco nota sentenza del 25 novembre
2004 emessa dalla Corte di Giustizia Europea, si legge a chiare lettere:
«La
Commissione ha quindi constatato, per quanto riguarda i rifiuti presenti sul sito
Enichem, che le autorità italiane non avevano chiarito, salvo il suolo contaminato
da arsenico e da anidride arseniosa, se i rifiuti fossero stati asportati o
meno e che le stesse autorità non avevano fornito alcuna informazione
sull’effettiva esecuzione dei progetti preliminari per la messa in sicurezza
dell’area di cui trattasi, né sull’approvazione definitiva di tali progetti. La
Commissione ha altresì rilevato che le autorità italiane non avevano fornito alcuna
informazione sul ricupero o lo smaltimento dei fanghi «accelator», contenuti in
una delle discariche denominate «4», nell’isola 12 del sito Enichem, sul
ricupero o lo smaltimento dei 3 500 fusti metallici contenenti rifiuti contaminati
da arsenico, situati nell’isola 14 dello stesso sito, sul ricupero o lo smaltimento
dei rifiuti depositati nelle discariche delle isole 16 e 17 del detto sito
(code benzoiche, code tolueniche, rifiuti provenienti dall’impianto di purificazione
di caprolattame, costituiti essenzialmente da farine fossili, caprolattame e
biossido di manganese). Le autorità italiane hanno altresì indicato che, sul
sito Enichem, risultavano depositati rifiuti nelle isole 5, 12, 14, 16 e 17,
aggiungendo che le discariche contenenti tali rifiuti sono sprovviste di
presidi idonei ad impedire la dispersione degli inquinanti nell’ambiente e che,
per di più, i lavori di messa in sicurezza di emergenza di tali discariche
erano impediti dal sequestro disposto dall’autorità giudiziaria che aveva
richiesto, prima di qualsiasi intervento, l’espletamento dell’iter istruttorio
relativo al progetto di bonifica… Il
governo italiano ha fatto valere inoltre che, per quanto riguarda in
particolare le discariche «D» e «A» dell’isola 16 del sito Enichem, la fine dei
lavori di svuotamento e relativo smaltimento sarebbe avvenuta rispettivamente
nel febbraio e nel dicembre 2004 e che l’attuazione del complesso delle misure
di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica assicurerà la rimozione delle
fonti inquinanti ed il loro conseguente smaltimento, prevenendo in tal modo la diffusione
dell’inquinamento… Non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che
i rifiuti stoccati o depositati in discarica, presenti nel sito dell’ex
stabilimento Enichem di Manfredonia (provincia di Foggia) e nella discarica di
rifiuti urbani Pariti I, sita nella zona di Manfredonia, fossero ricuperati o smaltiti
senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, e non avendo adottato le
disposizioni necessarie affinché il detentore dei rifiuti stoccati o depositati
in discarica presenti nel sito Enichem e il detentore dei rifiuti presenti
nella discarica Pariti I e nella discarica di rifiuti urbani Conte di Troia,
anch'essa sita nella zona di Manfredonia, consegnassero tali rifiuti ad un
raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste
nell’allegato II A o II B della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975,
75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata della direttiva del Consiglio
18 marzo 1991, 91/156/CEE, oppure provvedessero essi stessi al loro ricupero o smaltimento,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi
degli artt. 4 e 8 della detta direttiva. La Repubblica italiana è condannata
alle spese».
Il sito del petrolchimico Enichem è diventato sede
di nuove attività industriali, spesso fallimentari e di rapina del denaro
pubblico, nate nell’ambito
del Contratto d’Area inventato da prodi nel 1996, che, con un
investimento di 1.200 miliardi delle vecchie lire, ha consentito l’avvio di circa
80 iniziative affaristiche. L’insediamento delle nuove aziende è
avvenuto, però, tenendo in scarsa considerazione la
presenza di aree
ancora occupate dagli
impianti dello stabilimento chimico
in corso di
smantellamento e l’esigenza di bonificare l’intera area,
soggetta oltretutto ad una particolare procedura, in quanto inserita tra i 15
maggiori «Siti di interesse nazionale». I problemi maggiori della
complicata vicenda Enichem
riguardano oggi i rifiuti tossici che per anni l’azienda ha
sepolto, abusivamente, nei terreni dello stabilimento. Secondo i dati forniti
dalla stessa Enichem le discariche contengono 28.000 tonnellate di code
benzoiche, 9.000 tonnellate di code tolueniche, 1.000 tonnellate di fanghi
permanganato, 2.000 tonnellate di fanghi biologici, oltre a decine di migliaia
di tonnellate di materiali contaminati dall’arsenico fuoriuscito nel 1976. Lo
Stato italiano, disattendendo
l’obbligo di bonificare
il sito, è
stato condannato dalla Corte
di Giustizia europea, con
sentenza del 25
novembre 2004, per inadempienza in materia ambientale nella gestione
dell’inquinamento del sito «Enichem» di Manfredonia. Le bonifiche – per le
quali l’Enichem ha ricevuto ingenti finanziamenti statali,
in contrasto con
il principio europeo (Convenzione di Aarhus del 1998) del «chi
inquina paga» – non è mai stata avviata
avviata dopo anni dall’inserimento di Manfredonia nel Sin della legge 426.
riferimenti:
http://www.amblav.it/Download/Corte_UE_Sentenza_25-11-2004.pdf
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2017/02/eni-i-rifiuti-nascosti.html
http://www.statoquotidiano.it/10/12/2016/conferenza-gpl-magno-vs-riccardi-si-un-volo-bruxelles-2-paginette/509369/
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2017/02/eni-i-rifiuti-nascosti.html
http://www.statoquotidiano.it/10/12/2016/conferenza-gpl-magno-vs-riccardi-si-un-volo-bruxelles-2-paginette/509369/
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