di Gianni Lannes
Grazie anche all’ineletto governo Renzi è stata spianata
la strada per collassare tutto il Sud dello Stivale, mentre i rifiuti radioattivi
- come ben sanno le autorità statali ma non le popolazioni locali - sono stati
interrati addirittura nei pozzi dismessi o esauriti. Non è tutto. I petrolieri stranieri ora chiedono di trivellare 145 comuni tra Sannio,
Irpinia, Molise e Daunia. L'unico diritto che hanno attualmente gli italiani, specie i meridionali, è crepare o pagare tasse inique senza fiatare.
Va sempre avanti inoltre il "progetto Santacroce" dell’azienda palermitana Irmino Srl, un piano mastodontico, su cui vige il silenzio più assoluto; sarebbero infatti 745,60 i chilometri quadrati sottoposti alle prospezioni suddivisi in Campania 104,4 kmq e Molise 641,2 kmq, su un territorio che va da Ripamolisani e Matrice in provincia di Campobasso fino a Morcone, Sassinoro, Santa Croce del Sannio e Castelpagano in provincia di Benevento.
Peraltro, la Regione Campania, ha inserito nel
Piano di Bonifica regionale i siti interessati dai pozzi trivellati dagli anni
60 fin agli anni 90 e in più ha vietato qualsiasi tipo di coltivazione a scopo
antropico nel raggio di 1 chilometro dai pozzi scavati. Che tipo di disastro ambientale
ha provocato l’Eni al territorio di San Marco dei Cavoti”.
Tutto parte
dalle dichiarazioni di Schiavone (pentito del clan dei Casalesi) che fa
riferimento a come “fino al 1991-1992 scaricavamo dalla zona di Latina fino a
Benevento” (pag.25 delle dichiarazioni desecretate) mentre a pagina 20 si
denota come la ‘zona d’influenza ad est’ si estendesse da “tutto il Matese fino
alla zona di Benevento”. Fu dopo queste
dichiarazioni che l’Arpa Molise decise di effettuare degli accertamenti sulla
qualità dell’ambiente nel comune di Cercemaggiore ex pozzo petrolifero - ex
Montedison - S. Croce I loc. Capoiaccio. Il primo sopralluogo venne effettuato
il 15 gennaio del 2014 e vennero effettuate delle “misurazioni in specifici
punti sul valore della radioattività (gamma) ed il confronto dei dati col fondo
naturale”. Il secondo sopralluogo avvenne nei giorni 17 e 21 gennaio 2014 e
vennero effettuate “ulteriori indagini finalizzate alla corretta individuazione
dell’area ed alla identificazione di possibili fonti di contaminazione,
attraverso misurazioni estese della radioattività (gamma)”. Il terzo
sopralluogo avvenne il 13 ed il 18 febbraio 2014 e venne eseguita la
“misurazione in situ di tipo spettrometrico per la individuazione del tipo di
elementi radioattivi”. L’ultimo fu eseguito il 26 marzo 2014 e vide “
l’ulteriore verifica sulla presenza di radioattività anomala in aree attigue e
non precedentemente indagate”. Come si evince dall’incartamento dell’Arpa
Molise i risultati furono: “le indagini finora condotte hanno permesso di
stabilire una diffusa presenza su determinate aree di una radioattività (gamma)
superiore anche di 10 volte il valore di fondo, assumendo quale valore di fondo
quello dosimetrico di circa 50 nSv/h. Le aree sono state perimetrale ed esse
corrispondono ai seguenti parametri: l’intero complesso ‘Santa Croce 001’,
interessato dalle radioattività di estrazioni petrolifere ha un’estensione 2.5
ha. Dall’esame cartografico e dalle ortofoto storiche si è potuto evincere che
sull’area insistevano, in origine, ovvero durante la fase produttiva, elementi
impiantistici tra cui serbatoi e vasche destinate alla decantazione delle acque
di estrazione, per la successiva reiniezione nei pozzi di estrazione”. Poi
continua: «Da un’analisi della documentazione in possesso di questa Agenzia si
è potuto inoltre stabilire che in tali vasche venivano trattate anche le acque
di estrazione provenienti da altri pozzi insistenti sul territorio di
Cercemaggiore ed inoltre anche quelle provenienti da altri pozzi
extra-regionali(Basilicata). Nello specifico so è potuto stabilire che una
porzione di territorio sostanzialmente in prossimità delle vasche e della
misura di 0.5 ha è interessata dai citati valori abnormi di radiazioni(gamma).
Tale rilievo ha indotto il Sindaco, su sollecitazione di questo Dipartimento, a
circoscrivere l’area con la collocazioni di avvisi di “rischio radioattivo».
Nelle considerazioni il riferimento ai pozzi scavati negli anni ’70-’80 è
palese, e sono riconducibili ad esse dunque tali presenze di radioattività
perchè - si legge - «Normalmente, i processi usati per estrarre petrolio e gas
generano scarti radioattivi in differenti forme».
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