di Gianni Lannes
Aveva la corsa nel cuore: era un puledro
indomabile. Ecco una leggenda ignota dello sport italiano, sepolta nell’oblio
del profondo mezzogiorno d’Italia. Correva a piedi nudi nel secolo scorso: olimpionico a Los Angeles nel 1932. Un
campione puro, di livello internazionale, ma sconosciuto perché inviso al
regime fascista. Questa è la storia di un uomo libero, che non ha mai abbassato la testa, che non si è mai rassegnato alla dittatura.
Nel 1932 vinse la maratona di Torino. Nel 1934, dopo essersi
aggiudicato il titolo nazionale di maratona rifiutò di stringere la mano al
dittatore Mussolini, e fu imprigionato. Aveva talento naturale, ma era povero,
proveniva dal basso, da una famiglia di contadini, per giunta comunisti. Si
spense nel 1989, dimenticato dalla sua terra natia. Ora se chiedi in giro, tutti ignorano il suo nome. Certo, in un remoto passato, in loco si sono limitati ad intitolargli un campo sportivo, e nulla più. Insomma, poco e niente.
Ai suoi tempi il compagno Fanelli non aveva allenatori, volava a
piedi scalzi sulla nuda terra, quando la fame era nera. Michele era un fuscello di energia, ma soprattutto di resistenza: 166
centimetri d’altezza per 56 chilogrammi di peso. Il fascismo all’epoca
aveva bisogno di questo rude campione naturale senza trucchi e senza inganni, per l’avventura a cinque cerchi al di là dell’Oceano. Il
viaggio per raggiungere gli Stati Uniti d’America era davvero una magica avventura. Gli azzurri (non
c’erano donne in gara) solcarono in nave l’oceano Atlantico per due settimane e passa. Nel
libro ormai introvabile di Ugo Frigerio (scovato casualmente alla biblioteca provinciale di Foggia, ormai in fase di dismissione dalla Regione dell'illuminato Emiliano dopo la legge Delrio), intitolato Marciando nel nome d’Italia, a pagina 222, si legge: «Sono
cento-otto gli azzurri che il giorno due luglio s’imbarcano a Napoli sul
transatlantico “Conte Biancamano”… la notizia del tempo impiegato dal
maratoneta Wright a vincere nei campionati inglesi valse a elettrizzare il
nostro Fanelli, il quale, già persuaso da un grande spirito di combattività,
alla nuova del successo riportato da Wright non sapeva più qual mezzo
escogitare per mantenere in piena efficienza i suoi muscoli».
Dopo una breve sosta a New York, gli atleti in
treno attraversarono il continente nordamericano per giungere la California.
Gara epica, quella della maratona. La maglietta era ovviamente, azzurra, ma calzava
le scarpette fatte a mano da Nicola il calzolaio di Orta Nova. Trentadue gli iscritti in rappresentanza di 18
Paesi, 27 gli atleti in gara. Alla partenza l’argentino Juan Carlos
Zabala, 20 anni, si piazzò fulmineamente al comando. Occorreva macinare due
giri e mezzo dello stadio prima di uscire sul percorso. Michele Fanelli aveva 25
primavere e non ci stava. Per lui era una specie di affronto. Al secondo giro
di pista era primo, a fare l’andatura tra gli applausi del pubblico festante. I
maratoneti lasciarono così il Memorial Coliseum. E le immagini che sono giunte ai giorni nostri regalano manciate di emozioni tricolori, nonostante il bianco e nero. Dal resoconto sportivo della gara al primo controllo Fanelli aveva 100 metri di ritardo sui primi due atleti.
Al secondo controllo i metri di distacco divennero 200, ma l’Ortese era
comunque in testa al gruppo dei nove inseguitori. Al traguardo arrivò 13°, nel tempo di 2 ore 49
minuti e 9 secondi. Oro e record per l’argentino Zabala (2h31’36”).
Michele Fanelli partì in testa, ma non dosò le
energie. In Italia criticarono la sua strategia di corsa. Sul quotidiano La Gazzetta
del Mezzogiorno del 9 agosto 1932 (pagina 4), era scritto: «Nella maratona l’Italia
aveva in gara Roccati e il pugliese Fanelli. Roccati si è ritirato al 30esimo
chilometro mentre Fanelli, malgrado la sua combattività, non ha potuto che
classificarsi 13, pur registrando un ottimo tempo». Il filmati dell’epoca
attestano che dopo una partenza strepitosa, fu costretto ad accontentarsi di un
piazzamento più che modesto per un atleta del suo valore. Così, testardo, Michele
preparò la rivincita dimostrando a tutti che Los Angeles era stato un incidente
di percorso. Due mesi dopo, infatti, ad ottobre del 1932, c’era un altro
appuntamento con la storia. Si disputava l’edizione numero 13 della maratona
internazionale di Torino, la più antica d’Italia, valida anche per
l’assegnazione dello scudetto tricolore. Erano presenti allora tutti i rivali
delle Olimpiadi, tranne l’argentino Zabala (il vincitore). Fanelli non era tra
i favoriti. Questa volta non partì in testa. Rimontò posizione dopo posizione.
Al chilometro 32 andò in scena l’apoteosi narrata dalla cronaca del tempo: «Il
piccolo Fanelli raggiunge l’ultimo avversario con una serie di lunghi balzi
elastici e leggeri, lo supera e procede indisturbato verso la vittoria. Corre
in mutandine, già stanco, forse esausto, sorretto soltanto dalla volontà di non
essere secondo. Il piccolo atleta appare dal sottopassaggio del Velodromo e un
po’ barcollando, mentre un grave e autorevole signore gli si mette al fianco,
correndo con lui, incitandolo nell’ultimo giro, correndo anche lui affannato e
raggiante».
Fanelli vinse con il tempo di 2h31’36”. Ma rimase
sempre una testa calda. Rifiutò la M che il Duce in persona consegnava di
persona ai campioni italiani. Nel 1934 vinse il titolo italiano di maratona. A
Roma conquistò i primati nazionali delle 20 miglia (1h55’31”) e delle 2 ore (km
33,370). Poco dopo, stabilì il record mondiale delle 25 miglia, ossia dei 40
chilometri (2h26’10”). Per 4 lustri il bracciante di Orta Nova divenne il
protagonista delle corse italiane. Nel 1941 arrivò la miglior prestazione
personale sulla maratona con 2h33’30”. Nel 1942, nella lista dei tempi, era
accreditato della 13ª prestazione al mondo (2h46’32”). Tornò ad Orta Nova il 6 maggio del 1942. Allora l'atletica leggera non faceva guadagnare quattrini.
Finita la guerra l’amministrazione comunale di Foggia, non quella ortese, si ricordò delle sue imprese sportive. Diventò per qualche anno custode dello stadio di calcio Zaccheria. Poi Fanelli il 10 febbraio 1954, per sfamare i suoi cari emigrò a Torino con la famiglia e la valigia di cartone, accompagnato da sua moglie Antonia Pennella, sposata nel 1930, e dai suoi figli. Chiuse gli occhi il 31 dicembre 1989.
Finita la guerra l’amministrazione comunale di Foggia, non quella ortese, si ricordò delle sue imprese sportive. Diventò per qualche anno custode dello stadio di calcio Zaccheria. Poi Fanelli il 10 febbraio 1954, per sfamare i suoi cari emigrò a Torino con la famiglia e la valigia di cartone, accompagnato da sua moglie Antonia Pennella, sposata nel 1930, e dai suoi figli. Chiuse gli occhi il 31 dicembre 1989.
post scriptum
di Lino Di Gianni
Mio nonno, si
chiamava Michele
Mio nonno, era figlio
di contadini molto
poveri
Mio nonno, correva
Mio nonno, era
comunista
Correva scalzo,
chilometri
e chilometri, attorno
Alla campagna di Orta
Nova,
in provincia di
Foggia
Correva con le
scarpette
fatte a mano dal
calzolaio
del paese, alle
maratone
alle Olimpiadi di Los
Angeles
del 1932
Quando c’era il
passaggio del duce
nelle vicinanze, per
precauzione
lo mettevano in
galera, come testa calda
In gioventù andò in
America,
e sua moglie lo fece
tornare, dopo due anni
dicendogli che la
figlia prediletta, mia mamma,
era gravemente malata
In vecchiaia, andava
ancora a piedi
alla fabbrica, 16
chilometri ad andare
16 a tornare
E’ morto con un buco
nel piede, mal curato
aveva consumato le
suole correndo
da uomo libero
Per le strade del
mondo, senza soldi
senza trucchi di
medicine,
con le scarpette
fatte a mano
dal calzolaio del
paese
La sua città natale
gli ha dedicato
lo stadio del paese,
a Orta Nova
Commosso io, nipote,
ringrazio
riferimenti:
X Olympiade
Committe, Track and Field Athletics — Men, in Official Report of the Olympic
Games, Los Angeles, 1933, pp. 377-460;
molte grazie per questo articolo, mia madre, la figlia di Michele Fanelli, mi dice che lui arrivò distrutto negli Stati Uniti, dopo 15 giorni di nave, e che mentre correva aveva i crampi (lino di gianni, nipote di Michele Fanelli)
RispondiEliminaVorrei parlare con sua madre. Desidero scrivere un libro su suo nonno. Grazie!
RispondiEliminase vuole può scrivermi una email
RispondiEliminaper prendere accordi
lino.digianni@gmail.com