di Gianni Lannes
Nel mondo disumano che a malapena conosciamo, nella stagione del disamore di massa privo di coraggio, l'idea di futuro è
ipotecata dalle paure del presente. Sul futuro proiettiamo speranze di riscatto
e attese di progresso; dal futuro temiamo una qualche apocalisse. Infatti, il
mito del futuro è speculare a quello delle origini.
Il futuro è il tempo più concreto della coniugazione. Se il presente sembra inafferrabile, sempre colpito dalla contingenza che tutto travolge, mentre il passato appare oltrepassato, irrimediabilmente compiuto e subito dimenticato, il futuro allora è la vita che si vive individualmente e quotidianamente.
Il futuro non è l'avvenire. Il destino - personale o
collettivo - non è ineluttabile. Forse è l'eccesso di rappresentazioni
precostituite che impedisce di concepire il cambiamento. Ma se c'è un problema,
esiste anche una via d'uscita. La prima rivoluzione è interiore, e parte da
ognuno di noi. Bisogna vivere in un mondo migliore, non limitarsi a sognarlo ad occhi aperti.
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