Nel saggio Disobediences as a Psychological and Moral
Problem (La disobbedienza come problema psicologico e morale), pubblicato a
Londra nel 1963 Erich Fromm ha spiegato che cosa significhi obbedire alla
natura umana e alle finalità della società umana, e disobbedire invece agli
idoli e alle ideologie politiche d’ogni genere. La sua posizione teorica è
ancora oggi di incredibile attualità: la disobbedienza al conformismo e un
atteggiamento critico nei confronti del comune “nonsenso” dovrebbero costituire
tuttora il nostro obiettivo di maggior impegno. Di questi tempi il caso del nazista Adolf
Eichmann è sempre paradigmatico. Infatti, pensate per un attimo, ai piloti che giorno
e notte spruzzano sui centri abitati e sui territori scie chimiche imbottite di
veleni. Questi automi telecomandati, alla stregua dei burocrati, non hanno più
la capacità di disobbedire.
di Erich Fromm
«Per secoli re, sacerdoti e signori feudali, magnati dell’industria
e genitori hanno proclamato che l’obbedienza è una virtù e che la disobbedienza
è un vizio. Quale premessa a un altro punto di vista, ci sia lecito
contrapporre a questo atteggiamento la seguente proposizione: la storia dell’uomo
è cominciata con un atto di disobbedienza, ed è tutt’altro che improbabile che
si concluda con un atto di obbedienza. Secondo i miti giudaici ed ellenici, la
storia dell’uomo è stata inaugurata da un atto di disobbedienza…
Esattamente come il mito giudaico di Adamo ed Eva, quello ellenico di Prometeo concepisce la civiltà umana basata tutta quanta su un atto di disobbedienza. Rubando il fuoco agli dèi, Prometeo pone le fondamenta dell’evoluzione umana…
L’uomo ha continuato a evolversi mediante atti di disobbedienza. Non soltanto il suo sviluppo spirituale è stato reso possibile dal fatto che nostri simili hanno osato dire “no” ai poteri in atto in nome della propria coscienza o della propria fede, ma anche il suo sviluppo intellettuale è dipeso dalla capacità di disobbedire: disobbedire alle autorità che tentassero di reprimere nuove idee e all’autorità di credenze sussistenti da lungo tempo, e secondo le quali ogni cambiamento era privo di senso….
Esattamente come il mito giudaico di Adamo ed Eva, quello ellenico di Prometeo concepisce la civiltà umana basata tutta quanta su un atto di disobbedienza. Rubando il fuoco agli dèi, Prometeo pone le fondamenta dell’evoluzione umana…
L’uomo ha continuato a evolversi mediante atti di disobbedienza. Non soltanto il suo sviluppo spirituale è stato reso possibile dal fatto che nostri simili hanno osato dire “no” ai poteri in atto in nome della propria coscienza o della propria fede, ma anche il suo sviluppo intellettuale è dipeso dalla capacità di disobbedire: disobbedire alle autorità che tentassero di reprimere nuove idee e all’autorità di credenze sussistenti da lungo tempo, e secondo le quali ogni cambiamento era privo di senso….
Sussiste la possibilità, e anzi la probabilità che la razza umana distrugga la civiltà e addirittura ogni forma di vita sulla terra… E’ un evento del tutto privo di razionalità e di senso, e tuttavia è un fatto che, mentre sotto il, profilo tecnico viviamo nell’era atomica, la maggioranza degli esseri umani, compresi i detentori del potere, vivono ancora, a livello emozionale, nell’età della pietra… Se l’umanità si suiciderà, sarà perché si obbedirà a coloro che ordineranno di premere i fatali bottoni; perché si obbedirà alle arcaiche passioni della paura, dell’odio, della brama di possesso…
Tutti martiri delle fedi religiose, della libertà e della
scienza hanno dovuto disobbedire a coloro che volevano imbavagliarli, se
volevano obbedire alla propria coscienza, alle leggi dell’umanità e della
ragione. L’essere umano capace solo di obbedire, e non di disobbedire, è un
ribelle (non un rivoluzionario): costui agisce mosso da collera, da delusione,
da risentimento, non già in nome di una convinzione o di un principio…
Perché l’uomo è tanto proclive all’obbedienza e perché gli
riesce tanto difficile disobbedire? Finché obbedisco al potere dello Stato,
della Chiesa, dell’opinione pubblica, mi sento al sicuro e protetto. In
effetti, poco importa a quale potere obbedisco, trattandosi sempre di un’istituzione
o di esseri umani che fanno ricorso alla forza in una qualche forma e che
fraudolentemente si proclamano onniscienti e onnipotenti. La mia obbedienza fa
di me una parte del potere al quale mi inchino reverente, e pertanto io mi
sento forte…
Per disobbedire, bisogna avere il coraggio di essere solo,
di errare, di peccare. Ma il coraggio non basta. La capacità del coraggio
dipende dal grado di sviluppo di una persona. Soltanto chi si sia sottratto al
grembo materno e agli ordini del padre, soltanto chi si sia costituito come
individuo completamente sviluppato, e abbia così acquisito la capacità di
pensare e di sentire autonomamente, può avere il coraggio di dire “no” al
potere, di disobbedire. Una persona può diventare libera mediante atti di
disobbedienza, imparando a dire “no” al potere. Ma, se la capacità di
disobbedire costituisce la condizione della libertà, d’altro canto la libertà
rappresenta la capacità di disobbedire. Se ho paura della libertà, non posso
osare dire “no”, non posso avere il coraggio di essere disobbediente. In
effetti, la libertà e la capacità di disobbedire sono inseparabili, e ne
consegue che ogni sistema sociale, politico e religioso che proclami la
libertà, ma che bandisca la disobbedienza, non può dire la verità…
Durante gran parte della storia umana, l’obbedienza è stata
equiparata a virtù e la disobbedienza a peccato, e ciò per una semplicissima
ragione: così facendo, durante gran parte della storia umana una minoranza ha
dominato la maggioranza. Il dominio in questione era reso necessario dal fatto
che solo per pochi le buone cose della vita erano bastanti, e ai molti
restavano unicamente le briciole. Se i primi volevano godersi le buone cose e
inoltre avere al proprio servizio i molti, facendoli lavorare a proprio
beneficio, una condizione era imprescindibile: i molti dovevano imparare l’obbedienza…
Sicché, l’obbedienza radicata unicamente nel timore della
forza deve essere trasformata in un’obbedienza che abbia radici nel cuore. L’essere
umano deve voler obbedire, e anzi sentire la necessità di farlo, invece di
avere soltanto paura di disobbedire. perché questo sia possibile, il potere deve
assumere le qualità della Bontà Assoluta, della Sapienza Assoluta; deve
diventare onnisciente. E se questo si verifica, il potere può proclamare che
la disobbedienza è peccato e l’obbedienza
è virtù; e una volta che l’abbia fatto, i molti possono accettare l’obbedienza
perché è un bene, e detestare la disobbedienza perché è un male, anziché odiare
se stessi per il fatto di essere vigliacchi…
L’Uomo inserito in un’organizzazione ha perduto la capacità
di disobbedire, non è neppure consapevole del fatto che obbedisce. Nell’attuale
fase storica, la capacità di dubitare, di criticare e di disobbedire può essere
tutto ciò che si interpone tra un futuro per l’umanità e la fine della civiltà».
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