BIOGRAFIA

23.3.14

SCORIE NUCLEARI INGLESI IN FONDO AL MARE ITALIANO: L’INSABBIAMENTO DEL GOVERNO BERLUSCONI

nave CUNSKI





di Gianni Lannes

«Nessuna nave dei veleni» avevano sentenziato nel 2009 il ministro Prestigiacomo e il procuratore nazionale Grasso. Ebbene, i due unitamente a magistrati, ufficiali della Guardia Costiera e politicanti governativi, hanno depistato e mentito spudoratamente. Perché? In attesa di una bonifica dell'ineludibile pericolo, si attendono le doverose dimissioni del presidente del Senato.




Le coordinate sono esatte al millimetro: latitudine 39°28,541’ N - longitudine 015°41,569 E. In questo punto del Tirreno, sul fondale marino a 487 metri di profondità, giace una nave imbottita di veleni micidiali. La prova inequivocabile è un filmato subacqueo di ben 40 minuti, girato dal Rov della società Arena Sub, per conto della Regione Calabria. 


Non è un caso se nel pescato sono stati rilevati quantità abnormi di cesio 137, un sottoptodotto della fissione nucleare dell'uranio, nonché di cobalto, mercurio cromo e arsenico. Il radioisotopo Cesio 137 ha notoriamente un dimezzamento dopo tre decenni: ergo, non può svanire nel nulla dopo appena un anno. In questa zona della Calabria non vi sono industrie o centri  nucleari. Allora come si spiega un inquinamento così specifico? Ecco quanto è scritto nel resoconto della Commissione antimafia (legislatura XVI):

«Il Ministero degli affari esteri, al riguardo, ha fatto conoscere che il Consolato Generale a Mumbai, ha rivolto una richiesta di informazioni alle Autorità marittime e portuali dello Stato del Gujarat. I suddetti interlocutori indiani hanno confermato, dopo una ricerca nei loro archivi resa complessa dall’esigenza di reperire dati risalenti a circa venti anni orsono, che nessun natante con il nome di Shainaz o Shaihinaz (ex Cunski) è stato mai demolito presso i cantieri navali del porto di Alang…  Tale notizia, nello spirito di collaborazione istituzionale è stata comunicata alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nonché  all’Autorità Giudiziaria di Catanzaro e Reggio Calabria che avevano condotto indagini sul caso… All’inizio del 2007 l’Arpacal effettuava il campionamento, per le successive analisi, di sedimenti marini prelevati a profondità compresa tra i 370 e i 450 metri che indicavano la presenza di concentrazioni di metalli oltre i limiti di legge. L’ufficio circondariale marittimo di Cetraro, in data 18.04.07, emanava l’ordinanza con cui vietava la sola attività di pesca “a strascico” in due zone di mare, di ridotte dimensioni, antistanti il litorale dei Comuni di Cetraro (1,38 miglia x 1,24 miglia) e Belvedere Marittimo (1,87 miglia x 1,54 miglia), corrispondenti alle aree marine in cui erano stati effettuati i prelievi dall’ARPACAL. Il servizio veterinario dell’ASL n. 1 di Paola, a seguito di 12 campionamenti di specie diverse, effettuati nel periodo compreso tra il 21 maggio 2007 e il 21 giugno 2007, dei quali 11 direttamente a bordo di mm/pp all’arrivo nel porto di Cetraro e uno in una locale pescheria, rappresentava che, dai risultati delle analisi di laboratorio effettuate dall’Istituto Zooprofilattico di Portici, in quasi tutti i campioni, la presenza di cromo e, in tutti i campioni, la presenza di arsenico. La Procura di Paola, segnalava che, dai rapporti di prova effettuati dall’Istituto Zooprofilattico di Portici inerenti i campioni effettuati in data 21 maggio 2007 dall’ASL, emergeva «giudizio sfavorevole per la presenza di mercurio oltre il limite consentito dal regolamento CEE 1881/2006, nei prodotti ittici freschi… In occasione dell’audizione del Comandante Generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, Ammiraglio Ispettore Capo (CP) Marco Brusco, in data 3 febbraio 2011 il senatore Caruso, con riferimento alla vicenda della nave Cunski, aveva chiesto di acquisire elementi chiarificatori in ordine alla circostanza che la nave Coopernaut Franca nel 2009 ha individuato un relitto al largo di Cetraro in posizione 39º28,541’N – 015º41,569’E, con prua in direzione SO (relitto poi attribuito alla nave Catania); Il relitto del piroscafo Federico viene collocato (doc.523.1 e doc.523.2) in posizione 39º28,53’N – 015º51,96’E, cioè in posizione estremamente vicina alla nave Catania; inoltre il Procuratore Nazionale Antimafia, nell’audizione del 27 ottobre 2009, ha fornito indicazioni in merito (con riferimento alle notizie secondo le quali il relitto individuato dall’Arpacal (mediante la Coopernaut Franca), forse il piroscafo Cagliari, avrebbe presentato uno squarcio a prua, verosimilmente ascrivibile a un’esplosione, e nessun riferimento alla nave Catania si trova in precedente comunicazione della Direzione marittima di Reggio Calabria (doc.124.5)».

Nell’ottobre 2009, invece, la nave Mare Oceano inviata dal Governo Berlusconi ha ispezionato un piroscafo a 6,6 chilometri di distanza (lat. 39°32’ N – long. 15° 42’ E) dal sepolcro della morte. Eppure il posizionamento preciso della Cunski era stato comunicato tempestivamente dalla Regione Calabria al ministro dell’Ambiente. Perché la nave di Diego Attanasio (già titolare della Diamar), sodale affaristico di Berlusconi e David Mills - come hanno chiarito alcune sentenze di condanna del Tribunale di Milano - è andata parecchio fuori rotta, e non è stato consentito ai tecnici regionali nonché ai giornalisti di seguire la ricerca marina?










Una serie di discrepanze incredibili, tra cui l’evidente distanza geografica tra le due navi, su cui, tra l’altro, i due magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro (Borrelli e Lombardo) hanno sorvolato con disinvolta superficialità.  

I rilievi del ministero dell’Ambiente sono stati condotti su un altro relitto, diverso da quello ripreso in fondo al mare di Cetraro, dalla telecamera subacquea calata in mare dalla nave Copernaut Franca, inviata dalla Regione, con il preciso intento governativo di tacitare la popolazione calabrese ed ingannare il popolo italiano. 

varo di nave Cunski nel luglio 1956
 
 varo di nave Cunski nel luglio 1956

La comparazione dei due video è illuminante: i dati della Cunski presenti sul registro navale dei Lloyd’s di Londra (Name LOTTINGE Type Cargo Yard Number 1280  Launched 30/01/1956  Completed  07/1956 Off. Number 187420 Engine builder  British Polar Engines Ltd., Glasgow Engine type 2 x 2SA each 6 cyl., engine aft GRT 4215 Length (feet) 382 Beam (feet) 51 First owner Constants Ltd., Cardiff) sono corrispondenti con il profilo disegnato dal sonar. La lunghezza della nave che non presenta bullonature è di 116,3 metri: una misura compatibile con il dato raccolto di 110-120 metri.   

nave CUNSKI


Al largo di Cetraro, dunque, staziona il relitto della Shahinaz, meglio nota come la famigerata Cunski. La nave imbottita di scorie radioattive è stata affondata 22 anni fa. I segreti di Stato non sono un caso, se Berlusconi in veste di primo ministro non ha risposto alle innumerevoli interrogazioni parlamentari in merito.







Il mercantile (number Imo 5212608) varato in Inghilterra nel 1956 ha cambiato nome ben quattro volte: Lottinge, Samantha M., Cunski, infine Shahinaz, battente bandiera ombra di  St. Vincent & The Grenadines,appartiene all’Alzira Shipping Corp. Company di Londra.



Cinque anni fa i tecnici Arpacal salgono a bordo della nave oceanografica Copernaut Franca e calano in mare il Rov della società Arena Sub per le riprese subacquee. Il lancio giornalistico Ansa datato 12 settembre 2009 delle ore 20,33, riferisce alla lettera:

«RIFIUTI: TROVATO RELITTO IN TIRRENO, FORSE NAVE VELENI  VISIBILE SQUARCIO A PRUA, SI INTRAVEDONO ANCHE DEI FUSTI. Il robot ha rispedito in superficie le immagini di un mercantile lungo almeno 120 metri con un profondo squarcio sulla prua dal quale si intravedono anche dei fusti. Due contenitori sono visibili anche dall’esterno della nave. Dai primi accertamenti risulta che la stiva è piena, ma non si sa di quale materiale… “Finora”, è stato il commento del procuratore Giordano, “ si sono fatte solo supposizioni, ipotesi, ma ora abbiamo la conferma della presenza del mercantile. E’ un forte aggancio da cui partire”».

Il testo Ansa del 13 settembre 2009 inizia a fare il punto della situazione: 

«Il primo passo è stato fatto. Adesso occorre andare oltre e mettere punti fermi sulla vicenda delle ”navi a perdere” cariche di rifiuti tossici, ma soprattutto trovare la verità sui veleni che sarebbero sparsi lungo le coste calabresi. E’ questo l’obiettivo che si è posto il procuratore di Paola, Bruno Giordano, all’indomani del ritrovamento della nave inabissata nel Tirreno a 14 miglia dalla costa di Cetraro col suo carico di fusti che secondo un pentito di ‘ndrangheta contengono fanghi radioattivi.  L’identità di quella nave non è ancora conosciuta, visto che il nome non è leggibile sulla fiancata ripresa dal robot subacqueo, ma di certo, non doveva trovarsi lì, dal momento che nessun affondamento in quella zona è mai stato ufficializzato. Il che rende quasi certo che si tratti della Cunsky, il mercantile che Francesco Fonti, il pentito di ‘ndrangheta, ha detto di aver fatto affondare con l’esplosivo nel 1992 con il suo carico di 120 fusti con scorie radioattive. A confermalo sarebbe anche lo squarcio a prua, il luogo dove il pentito collocò l’esplosivo. Giordano al riguardo non si sbilancia. ”Noi - dice - partiamo da un dato oggettivo: quella ritrovata è una nave clandestina che ufficialmente non è mai naufragata. L’ipotesi concreta è che sia stata fatta affondare per farla sparire insieme al suo carico”».  

A pagina 268 della Relazione stilata dalla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti (doc. XXIII, n.21, approvata il 28 febbraio 2013), oltretutto è scritto:

«risulta alla Commissione che le autorità indiane marittime e portuali dello Stato del Gujarat, per il tramite del Ministero degli affari esteri italiano, interpellate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere al fine di sapere se la nave Cunski (dopo aver assunto il nome Shainaz) fosse stata demolita in India presso il porto di Alang, hanno riferito che nessun natante con il nome di Shainaz è stato mai demolito presso i cantieri navali del porto di Alang (doc. 1363/1, trasmesso in data 27 settembre 2012). Ciò evidentemente non consente più di attribuire al dato della demolizione di detta nave nel 1992 valore dirimente rispetto all’attendibilità di Fonti».

A rigor di logica è crollato l’architrave su cui si reggeva la traballante versione ufficiale, che ha insabbiato e depistato i fatti nell’ottobre 2009, ma le autorità non ne hanno preso atto, a parte la storpiatura del nome corretto Shahinaz.

La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro aveva chiesto e ottenuto l'archiviazione dell'indagine aperta dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Fonti. Il pentito, deceduto il 5 dicembre 2012, aveva rivelato di aver fatto inabissare il mercantile Cunsky al largo di Cetraro con la stiva carica di rifiuti radioattivi. Gli accertamenti giudiziari erano, però, terminati davanti a due dati mai dimostrati: il relitto trovato nel Tirreno cosentino appartiene al piroscafo Catania affondato da un U-boat tedesco durante la prima guerra mondiale; ma soprattutto la Cunsky era stata demolita il 23 gennaio 1992 nel porto indiano di Alang. Caso chiuso, e invece. Succede che giunge l'esito di alcune rogatorie internazionali. L'autorità indiana mette nero su bianco che la nave non solo non è mai stata rottamata nel porto di Alang, ma non è mai giunta sulle coste indiane.  

Al largo di Capo Bonifati sonnecchiano una mezza dozzina di relitti risalenti alla prima e seconda guerra mondiale, tra cui le navi Federico, Cagliari, Gran Sasso, ecetera. Infatti, nel volume edito nel 1952 (prima edizione riveduta) all'Ufficio Storico della Marina Militare, sono riportati i dati essenziali anche sulla nave da carico Catania (non un piroscafo passeggeri così come erroneamente indicato dal ministro Prestigiacomo): a pagina 111 si legge:

"CATANIA: piroscafo - carico - 6176 tsl ... .. Danneggiato durante l'incursione aerea nemica su Napoli del 4 agosto 1943. Successivamente dato per affondato...".




Anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, oggi presidente del Senato, lo stesso 27 ottobre 2009 in audizione dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia, prima ipotizza che il relitto di Cetraro non sia quello del Cunski, come sostenuto dal ministro Prestigiacomo, e poi fornisce notizie false, o quantomeno imprecise. E non a caso il presidente della Commissione Beppe Pisanu ha secretato l’audizione del magistrato quando la deputata Angela Napoli ha iniziato a porre domande sul ruolo dei servizi segreti.

«Proprio stamane - spiega Grasso alla Commissione - mi è stato comunicato che gli ultimi riscontri non danno certezza che si tratti di quella nave. Si potrebbe trattare di un piroscafo, suggerisce poi, e tira fuori il nome del Cagliari affondato nel 1943. Affermazioni depistanti quelle di Grasso. Perché il Cagliari - come si evince dai documenti estratti dall’Archivio storico della Marina Militare - è stato colato a picco nel 1941, più a sud.  

 
 tratto dal libro Navi mercantili perdute, pubblicato dall'Ufficio Storico della Marina Militare, edizione 1997.
La Marina Militare italiana non ha mentito. Ministri e magistrati invece si. E sempre sul libro NAVI MERCANTILI PERDUTE, pubblicato nel 1952 (riedito fino al 1997 in altre due edizioni), pagina 92 (delle complessive 587 pagine di testo documentato), è scritto inequivocabilmente, a totale smentita di Piero Grasso:

"CAGLIARI: piroscafo - passeggeri - 2322 tsl.... In navigazione da Messina a Napoli, con un carico di agrumi, alle ore 18.45 del 6 maggio 1941, a 6 miglia per 285° da Paola (o a 3 miglia dalla spiaggia di Fuscaldo) fu colpito con due siluri lanciati dal sommergibile britannico Taku. Colò a picco in meno di due minuti".

L'ulteriore e decisiva conferma proviene dal più antico ed autorevole documento al mondo: il Lloyd's Register che attesta l'affondamento del Catania nel '43 a Napoli, nonché ulteriori documenti reperiti presso l'Archivio Storico della Marina Militare italiana, e da me esibiti in conferenza stampa a Cosenza il 9 gebbraio 2010 (rassegna stampa del 10 febbraio 2010 e servizio tramesso dal TG 3 nazionale della Rai nell'edizione del 9 febbraio 2010).

 
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


Nel 1947 lo Stato Maggiore della Marina Militare ha disposto un censimento su tutto il territorio nazionale: i documenti dell’omonimo Archivio storico a Roma sono inequivocabili, basta consultarli con attenzione. Oppure appartenere ai servizi segreti, per conoscere l’esatta mappatura e agire impuniti. In quella stessa area marina calabrese, tuttavia, giace dal 1992 una nave di veleni radioattivi, affondata proprio in quel punto da chi era stato telecomandato da professionisti di Stato (all’epoca il Sismi e il Sisde) per mimetizzarsi e confondere eventuali ricercatori. Come attesta un documento del Sismi, a firma del generale Siracusa, lo Stato ha gestito l’occultamento delle scorie nucleari. 

Ecco l’interessante audizione alla Commissione parlamentare Antimafia, risalente al 2010 dell’ispettore della Polizia Municipale Emilio Osso:

Al di là delle note dell'Antimafia che ho citato, io ho partecipato direttamente all'attività di campionamento e di verifica col ROV. Vorrei chiarire che in quel fondale c'è una contaminazione di cobalto, vanadio e arsenico, che è agli atti. Il Ministero dell'ambiente sostiene che questi sono valori non confrontabili con quelli limitrofi e che l'alluminio e il cromo sono a valori elevatissimi. Era necessario, pertanto, un intervento di bonifica. Questo elemento è sicuramente agli atti. Alcuni pesci che sono stati pescati e analizzati contenevano un tenore di mercurio superiore ai limiti di legge e avevano una concentrazione elevatissima di arsenico, di 25,9 milligrammi al chilo. L'ho raffrontato con altre pescate delle altre zone e non ho mai trovato questi valori. Se esiste un effetto negli anni sulle persone, mi pare che l'AIRC classifichi l'arsenico al primo livello. Vi porgo questo inciso. Noi abbiamo trovato un relitto mai segnalato sulle carte nautiche, un relitto che era di una certa dimensione. Quando l'ho visto, ho notato che aveva una paratia altissima, sicuramente oltre i 10 metri. Dalla paratia di questa nave usciva del materiale biancastro, dall'interno esso stesso solidificato e sgocciolante. Ne abbiamo visto le stive piene. Secondo il tecnico del ROV le stive erano piene. Ci hanno riferito tutti che si trattava di una nave da carico. Noi abbiamo visto un fusto - o almeno sembrava un fusto - e, spostandoci verso la prua, una nave sventrata e aperta. Aveva le alette rivolte come se qualcosa dall'interno l'avesse provocato. Noi abbiamo visto queste situazioni. Sappiamo che la ex Cunski era intorno a 116 metri. Le rilevazioni del nostro ROV ci indicavano tra 110 e 120 metri. Io ho visto dagli atti che il Catania era di 95 metri di lunghezza e di 5,80 di altezza. Dalla lettura degli atti io ho notato questo aspetto. Noi abbiamo fatto del nostro meglio nella nostra prima operazione, con i pochi mezzi che avevamo. Abbiamo lavorato con un'imbarcazione modesta e in condizioni davvero pessime. Per tre giorni abbiamo rinviato l'operazione, con tanti sacrifici, e la società che ha lavorato con noi ha poi recuperato tutti i corpi morti e le corde galleggianti. Successivamente ci è stato riferito che si trattava del Catania, il quale, però, dalle verifiche sugli affondamenti, sembrerebbe sia molto più spostato a nord, all'intersezione tra Capo Bonifati e Capo Cirella. L'intersezione sarebbe, dunque, molto più in là. È vero anche che le indagini allora erano meno raffinate, ma stiamo parlando di parecchie miglia di distanza tra il punto verificato da noi, come procura di Paola, e quello di questo presunto affondamento. Si trattava di numerose miglia. La nave avrebbe potuto essere stata affondata 10 miglia più in là e poi magari con la deriva essersi spostata, ma dagli atti risulta distante alcune miglia dalla zona.

SUSANNA CENNI. Poiché su questo tema c'è un'attività intensa della Commissione, vorrei sapere se ci sono stati riscontri di carattere istituzionale ai fatti che lei ci sta riferendo oggi. Avendo presentato anche alcuni atti formali per approfondire il tema, domando se rispetto ad alcune campagne che ci sono state sono emersi sviluppi.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. In seguito io non ho riscontrato nulla, in termini né di interventi di ulteriori verifiche, né di indagini. Per quanto ne so, il fatto che ci fossero l'arsenico, il cobalto, il vanadio, il cromo e l'alluminio nei fondali non risulta che sia stato indagato. Peraltro, io ricordo che all'epoca noi mandammo tutte queste analisi ai ministeri competenti. Rispose unicamente il Ministero dell'ambiente, evidenziando che questi dati erano totalmente difformi da quelli dei comuni vicini. Il comune di Paola e altri vicini erano totalmente difformi. Il Ministero dell'ambiente ci riferì che in materia si applicava il decreto legislativo n. 152 del 2006 riguardo le bonifiche. Per quanto ne so io, però, non sono state svolte né attività di bonifica, né ulteriori indagini. Inoltre, volevo evidenziare che sempre sulla stessa area, alcuni anni prima, ritrovammo un altro relitto, che poi la Capitaneria classificò come il piroscafo Federico C. Anche in quel caso nelle cartografie dell'Istituto idrografico del 1978, la n. 12, e del 1992, la n. 915, tale relitto non figurava. Nelle cartografie del 1994 e del 1999, invece, compariva. È chiaro che, ipotizzando un affondamento nel 1993, anche all'epoca abbiamo pensato che ci fosse qualcosa di strano. Volevo portare, pertanto, a conoscenza che, oltre al relitto che abbiamo trovato nel 2009, che non era la Cunski o il Catania, ce n'è anche un altro che si chiamerebbe Federico C. Così ci è stato riferito dalla Capitaneria. In merito si rilevava un fatto strano, per cui il relitto non figurava fino al 1992 sulle cartografie e poi vi è comparso nel 1994. Tutto intorno ci sono cobalto, vanadio e arsenico superiori alla tabella del decreto legge n. 152.

PRESIDENTE. Le pongo una domanda conclusiva. A che punto è attualmente lo stato delle indagini?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Allo stato, tutto il fascicolo, come ho ricordato prima, è passato per competenza alla distrettuale antimafia di Catanzaro. Per quanto so dai giornali, il procedimento è stato archiviato».

La cosiddetta “operazione Cetraro”, così denominata nel powerpoint ministeriale è stata orchestrata su due fragili capisaldi. Non poteva essere la Cusnky si propinò all’opinione pubblica, in quanto quella nave era stata smantellata ad Alang in India il 23 gennaio del 1992. Per cui quella carcassa sui fondali era un’altra imbarcazione, e precisamente il piroscafo Catania affondato nel 1917. Il caso in base a queste uniche affermazioni, e ad alcuni video girati dalla Mare Oceano incredibilmente diversi da quelli filmati dalla nave Copernaut Franca, venne archiviato in un lampo e non se ne parlò più. Ma gli indagatori di Stato avrebbero dovuto sapere che uno dei trucchi usati da chi gestisce questo traffico è proprio quello di dimostrare con documenti, naturalmente falsi che quelle navi venivano smantellate, dopo aver cambiato due o tre volte nomi sui documenti. Difatti la Cunsky, non si chiamava più Cunsky. L’ultimo proprietario del cargo risulta essere una società di faccendieri londinesi con sede a Saint Vincent, nelle Antille. Si tratta della Alzira Shipping Corporation, come risulta dagli archivi dei Lloyd’s inglesi, una delle fonti più attendibili per ricostruire la storia di una nave. Questa società acquistò il cargo nel 1991 da un’altra compagnia, mutando il nome da Cunski a Shahinaz. Dal registro la Cunski-Shahinaz risulta poi fittiziamente demolita ad Alang il 23 gennaio 1992. Il cambio dei nomi serviva anche a rendere difficile la ricostruzione dei trasporti che facevano queste navi, così come risultava difficile identificare il porto di provenienza e la società che organizzava il trasporto.

Ebbene è documentato da due anni che in India non vi è mai stata alcuna demolizione della Cunski. Però lo Stato, ovvero i governi tricolore (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) si sono ben guardati dall’informare nei dettagli l’opinione pubblica. Ecco quanto è scritto nel resoconto della Commissione antimafia (legislatura XVI):

«Il Ministero degli affari esteri, al riguardo, ha fatto conoscere che il Consolato Generale a Mumbai, ha rivolto una richiesta di informazioni alle Autorità marittime e portuali dello Stato del Gujarat. I suddetti interlocutori indiani hanno confermato, dopo una ricerca nei loro archivi resa complessa dall’esigenza di reperire dati risalenti a circa venti anni orsono, che nessun natante con il nome di Shainaz o Shaihinaz (ex Cunski) è stato mai demolito presso i cantieri navali del porto di Alang…  Tale notizia, nello spirito di collaborazione istituzionale è stata comunicata alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nonché  all’Autorità Giudiziaria di Catanzaro e Reggio Calabria che avevano condotto indagini sul caso… All’inizio del 2007 l’Arpacal effettuava il campionamento, per le successive analisi, di sedimenti marini prelevati a profondità compresa tra i 370 e i 450 metri che indicavano la presenza di concentrazioni di metalli oltre i limiti di legge. L’ufficio circondariale marittimo di Cetraro, in data 18.04.07, emanava l’ordinanza con cui vietava la sola attività di pesca “a strascico” in due zone di mare, di ridotte dimensioni, antistanti il litorale dei Comuni di Cetraro (1,38 miglia x 1,24 miglia) e Belvedere Marittimo (1,87 miglia x 1,54 miglia), corrispondenti alle aree marine in cui erano stati effettuati i prelievi dall’ARPACAL. Il servizio veterinario dell’ASL n. 1 di Paola, a seguito di 12 campionamenti di specie diverse, effettuati nel periodo compreso tra il 21 maggio 2007 e il 21 giugno 2007, dei quali 11 direttamente a bordo di mm/pp all’arrivo nel porto di Cetraro e uno in una locale pescheria, rappresentava che, dai risultati delle analisi di laboratorio effettuate dall’Istituto Zooprofilattico di Portici, in quasi tutti i campioni, la presenza di cromo e, in tutti i campioni, la presenza di arsenico. La Procura di Paola, segnalava che, dai rapporti di prova effettuati dall’Istituto Zooprofilattico di Portici inerenti i campioni effettuati in data 21 maggio 2007 dall’ASL, emergeva «giudizio sfavorevole per la presenza di mercurio oltre il limite consentito dal regolamento CEE 1881/2006, nei prodotti ittici freschi… In occasione dell’audizione del Comandante Generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, Ammiraglio Ispettore Capo (CP) Marco Brusco, in data 3 febbraio 2011 il senatore Caruso, con riferimento alla vicenda della nave Cunski, aveva chiesto di acquisire elementi chiarificatori in ordine alla circostanza che la nave Coopernaut Franca nel 2009 ha individuato un relitto al largo di Cetraro in posizione 39º28,541’N – 015º41,569’E, con prua in direzione SO (relitto poi attribuito alla nave Catania); Il relitto del piroscafo Federico viene collocato (doc.523.1 e doc.523.2) in posizione 39º28,53’N – 015º51,96’E, cioè in posizione estremamente vicina alla nave Catania; inoltre il Procuratore Nazionale Antimafia, nell’audizione del 27 ottobre 2009, ha fornito indicazioni in merito (con riferimento alle notizie secondo le quali il relitto individuato dall’Arpacal (mediante la Coopernaut Franca), forse il piroscafo Cagliari, avrebbe presentato uno squarcio a prua, verosimilmente ascrivibile a un’esplosione, e nessun riferimento alla nave Catania si trova in precedente comunicazione della Direzione marittima di Reggio Calabria (doc.124.5)».

La nave Cunski (4037 tonnellate di stazza lorda) inizia la propria attività come motonave Lottinge nel luglio 1956; nome, quest’ultimo, che conserva fino all’anno 1969. In tale frangente la società armatrice è yugoslava, denominata «Losinjska Plovidba Brodarstvo». Dal primo gennaio 1970 al 17 dicembre 1983 la nave abbandona la denominazione di Lottinge e prende quella di Samantha M., per poi assumere il nome di Cunski dal 18 dicembre 1983 al 26 agosto 1991. Il 3 ottobre 1991 il cargo assume infine il suo ultimo nome fatale, Shahinaz, di proprietà della “Alzira Shipping Corp Company”, registrata nel Regno Unito.

Dichiara Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia:

«Altri dubbi sono emersi considerando che, dopo le prospezioni della Regione Calabria, le ricerche governative sono state condotte da una nave (Mare Oceano) di proprietà di un gruppo armatoriale (Attanasio) uno dei cui esponenti è stato coinvolto nel “Caso Mills”, ben noto alle cronache italiane. Greenpeace ha raccolto elementi che indicano che il governo italiano avrebbe respinto l’offerta da parte del Ministero della difesa britannico di mezzi e personale tecnico altamente qualificati (e a quanto pare meno onerosi in termini economici di quelli della Mare Oceano). Questa informazione non è mai stata resa pubblica. Come i termini del contratto con la nave del gruppo Attanasio».

Il 24 gennaio 2006 il sostituto procuratore Francesco Greco riferì in seduta segreta alla Commissione bicamerale sui rifiuti che erano stati individuati al largo di Cetraro alcuni relitti:

«…Mi è stato segnalato un sito dove alcuni pescatori, persone assolutamente affidabili, che conosco personalmente, avevano pescato dalle reti dei bidoni. Ho cercato in tutti i modi di capire quale fosse il luogo preciso. Mi sono state date delle coordinate, che ho riportato al consulente, per verificare il sito, con l'avvertenza che ci poteva comunque essere un margine di errore di 500 metri. Ho instaurato una trattativa con questa ditta, cercando di risparmiare dei soldi, e con ventimila euro hanno svolto questo lavoro; hanno utilizzato una nave con un sonar a scansione. Sul sito dove i pescatori avevano pescato i bidoni hanno rilevato un corpo estraneo della lunghezza di 126 metri. Questo sonar funziona come una sorta di risonanza magnetica, che ha rilevato un corpo lungo 126 metri; i consulenti hanno escluso che si possa trattare di un oggetto naturale, come una roccia, ma dovrebbe trattarsi di un corpo solido e non liquido. Non si spiegano cosa sia… L'altro ritrovamento è una nave, lunga tra gli 88 e i 108 metri, larga dai 15 ai 20 metri, a 380 metri di profondità. Intorno alla pancia della nave c'è un alone di 200 metri quadrati, scuro, che non può essere liquido e deve essere per forza il carico della nave che, appoggiandosi, si è aperto ed è fuoriuscito. A fronte di questo accertamento ho cominciato a svolgere attività informali. In una prima fase nessuno diceva nulla. Si diceva che a 30 metri dalla spiaggia di Cetraro c’era una nave, che si vedeva dalla superficie quando il mare era calmo, ma il fatto comunque non risulta dagli atti ufficiali. La distanza è troppo breve, si tratta di quattro miglia dalla costa. L’episodio di cui parla il pentito, di mine da far scoppiare per affondare la nave, sembra incompatibile con la vicinanza alla costa. Nei confronti di questo accertamento non avevo grosse aspettative sotto il profilo dell'ipotesi investigativa. Ho chiesto alla capitaneria di porto se c'erano navi da guerra affondate. La capitaneria mi ha risposto che nel 1989 è affondata una nave, a 15 miglia, verso Scalea, della lunghezza di 20 metri. Non gli risultavano navi da guerra. Abbiamo fatto anche delle ricerche via Internet. Abbiamo chiesto all'ufficio maridrografico di Genova, che però ha dato risposte generiche e non verificabili. Si tratterebbe di un relitto della prima guerra mondiale, affondato nel 1920 (ma la guerra è finita nel 1918) chiamata Federico, atti classificati, ossia coperti da segreto militare. A seguito di esplicita richiesta è stato chiesto perché non risulti. Il problema investigativo che si va ad incastrare con le dichiarazioni del pentito è il fatto che il pentito dice che quella operazione è stata svolta nell'ottobre 1992. Le carte nautiche utilizzate sono aggiornate fino a febbraio 1992, però non riportano questo relitto, che invece viene riportato nel 1993. Le dichiarazioni del pentito quindi andrebbero ad incastrarsi perfettamente con il discorso delle mappe. Dal 1993 le mappe nautiche riportano la nave come relitto non pericoloso con battente d'acqua sconosciuto, il che vuol dire che non sanno cos'è; ma allora come fanno a dire che non è un relitto pericoloso? Ho chiesto il motivo per il quale questa nave non è stata mai riportata nelle mappe nautiche e non mi hanno saputo dare una risposta. Comunque nel 1920 non c'era nessuna guerra. Ho svolto altre attività. Di fronte alla notizia tutti cominciavano a dire la propria opinione. Ho individuato dei pescatori. A distanza da questa nave c'è ne effettivamente una, che si vede a pelo d'acqua, più piccola».

Per quale ragione il ministero dell’Ambiente nei governi Prodi e poi Berlusconi ha impiegato quasi 4 anni per intervenire, ma al fine soltanto di violentare la verità?

Il 27 ottobre 2009 la Commissione “Ecomafie” ribadisce che intende sequestrare un fusto per farlo analizzare. Cosa che, secondo il procuratore Piero Grasso «potrebbe portare alle estreme conseguenze di interferire nell’attività dell’autorità giudiziaria o menomare le competenze, o, addirittura, impedire l’esercizio dell’azione penale obbligatoria prevista dalla Costituzione».

Ancora un passo indietro per capire il messaggio (le tre navi dei veleni, tra cui la Cunski) lanciato da Francesco Fonti al governo Berlusconi. Nel 1988 in Libano le autorità ricevono una denuncia di un enorme carico di rifiuti tossici venuti dall'Italia un anno prima.  L'operazione libanese del 1988 in realtà non andò in porto. Il governo italiano venne richiamato dalle autorità locali e di fatto costretto a riprendersi il carico indesiderato. Il 23 agosto arriva a Beirut una delegazione di esperti della società Monteco del gruppo Montedison, al fine di organizzare il viaggio di ritorno delle scorie portate in Libano. Dopo pochi giorni attracca nel porto di Beirut il mercantile jugoslavo Cunski.  
 
Post scriptum

I fili di una vicenda che intreccia affari di Stato, ‘ndrangheta, Paesi esteri e poi una manciata di giorni per dire, ma senza prove che è tutto a posto. La Prestigiacomo sentenziò: «Quel relitto non è il Cunski, ma una nave passeggeri affondata nel 1917, di nome Catania, silurata il 16 marzo 1917, nel corso della prima guerra mondiale, da un sommergibile tedesco». Lo aveva ripreso e riprodotto la nave Oceano, spedita lì dal ministero stesso. Perfetto, preciso, il lavoro finito, e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso disse subito: «Sì, è così». È così facile mentire. Con ampio ritardo il governo decide di scandagliare i fondali. Non usa l'attrezzata Saipem dell'Eni, capace di recuperare relitti e fusti a migliaia di metri di profondità, con tecnici e scienziati indipendenti. Manda a Cetraro l'Oceano della Geolab, di proprietà degli Armatori del Monte di Procida, ovvero la famiglia Attanasio. L'armatore Diego Attanasio è uno finito nell'inchiesta sulla corruzione al giudice Mills. I giudici desumono sia Berlusconi (per suo vantaggio) il corruttore. Il piduista deviato tessera gelliana 1816 - smentito dal processo - tirò in ballo Attanasio: i soldi di Mills erano per lui. In breve: spedendo in zona l'Oceano - al prezzo di 50 mila euro al giorno per il nolo - si foraggia un amico. A bordo non vuole nessun tecnico della Regione, che aveva sovrinteso le rilevazioni di metà settembre, a bordo della Copernaut, che filmarono la Cunski. D’ora in poi i fatti non tornano. Le immagini filmate dalla Mare Oceano sono diverse da quelle riprese in precedenza. È diverso il fondale, è diverso il relitto. La nave misurata dal mezzo governativo è lunga 95 metri, larga 12. Quella della Copernaut Franca è lunga più di 110 metri, e larga 20. Il relitto è adagiato comodo sul fondale, la Cunski è inclinata di 45 gradi con la prua in direzione sud ovest, ossia verso lo Stretto di Messina. Nel primo filmato non c'è accenno di vegetazione attorno alla nave. Nell'altro video è tutto un fiorire, cosa impossibile ai 487 metri di profondità del Cunski. Il Governo Berlusconi ha cercato un'altra nave, per tacere l'allarme e per non impelagarsi nella ricerca di scorie radioattive, con le conseguenze e gli imbarazzi politici del caso (si tratta di fusti affondati dopo una trattativa fra Stato e criminalità organizzata). Il Wwf ne è certo: «La procura di Paola e i tecnici della Regione fissano il relitto da loro filmato a 3,6 miglia di distanza da dove ha operato l'Oceano e dove si troverebbe il mercantile Catania». Le coordinate dell'ufficio idrografico inglese lo confermano. Non un bidone è stato prelevato dal mare, quando è certo che ci sono centinaia di navi piene di rifiuti tossici sottacqua e migliaia di container scaricati impunemente sotto il naso di chi dovrebbe controllare. Se n'era accorto il capitano Natale De Grazia, assassinato il 12 dicembre 1995 perché indagava - giunto a un punto risolutivo - su 180 affondamenti dolosi.
  


 riferimenti:

















  


















                  http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=PECORELLA                 









1 commento:

  1. Anonimo3/23/2014

    WOW.
    Mi auguro che ci sia ancora una casa editrice non assoggettata alla censura del regime. Questo materiale, frutto immagino di enormi sforzi e sacrifici, deve essere pubblicato. Questa testimonianza non può essere messa a tacere.

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