BIOGRAFIA

5.3.14

CAVTAT: LA PRIMA NAVE DEI VELENI AFFONDATA IN ITALIA NEL 1974

Cavtat - archivio Turi


di Gianni Lannes

Una cosa è certa: Legambiente, Greenpeace, governo e magistratura inquirente non hanno indagato a fondo. In primo luogo la cronologia degli affondamenti ufficiali va retrodatata ampiamente. Basta esaminare i registri dei sinistri marittimi presso Guardie Costiere e Direzioni Marittime per rendersi conto che il fenomeno è molto più ampio di quanto si voglia far credere. Come noto, purtroppo, la vicenda è stata sigillata in tutta fretta - sotto il governo Berlusconi - tombando il rovente capitolo delle navi e dei container a perdere, inabissati nei mari italiani, a partire dagli anni '70 a tutt'oggi. Sulla faccenda, tuttavia, esistono ben 600 dossier secretati. Come mai, se il fenomeno non sussiste? Tra l'altro le relazioni della Commissione Ecomafie, presieduta da Gaetano Pecorella risultano carenti, contraddittorie e lacunose, a parte gli omissis e la secretazione degli atti. Ma se le commissioni parlamentari non fanno luce a che servono? Forse, ad insabbiare con il beneplacito di politicanti venduti al miglior offerente, fatti scomodi per il sistema di potere?

Allora, torniamo al passato. Ho avuto la fortuna di avere per anni come amico l'ingegnere e capitano in marina di lungo corso Francesco Mastropierro (deceduto recentemente), che ha prestato la sua consulenza come perito giudiziario sul caso Cavtat. Grazie anche a lui ho ricostruito un'altra storia che non combacia assolutamente con la vulgata istituzionale, propinata - come sempre - all'opinione pubblica per tranquillizzarla.


 Cavtat, 14 luglio 1974, qualche ora prima dell'affondamento- archivio Turi


i veleni della Cavtat - archivio Turi

Acque torbide: veleni in fondo all’Adriatico. Misteri, segreti e nebbia. Come in quell'alba rovente e drammatica del 14 luglio 1974. Due navi incrociano al largo di Capo d'Otranto. Sono la Cavtat, mercantile jugoslavo al comando di Niksa Lucic; e la Lady Rita, battente bandiera panamense, comandante Carmine Laudato. Latitudine: 40'04' Nord. Longitudine: 18°31' Est. Sono le 4.12: la Lady Rita sperona la Cavtat. Penetra di prua nella fiancata del cargo jugoslavo, quasi al centro. Fine d'un viaggio. Se non ci fosse stato l'allora pretore Alberto Maritati, gran parte dei veleni sarebbero ancora in fondo al mare.

 i veleni della Cavtat - archivio Turi



Inizia così inizia un nebuloso affare. La Cavtat era partita il 28 giugno dall'Inghilterra, porto fluviale di Manchester. Destinazione: Rijeka-Fiume. 2.800 tonnellate di carico. E in più, duecentosettanta tonnellate di piombo, tetraetile e tetrametile, in 909 bidoni trasportati per metà sopracoperta e per l’altra metà nelle due stive. La Lady Rita, invece vuota, navigava in senso inverso:destinazione Djela e Casablanca. Di questi, ufficialmente 863 furono recuperati nel 1978. Una parte dei veleni è ancora nel relitto della Cavtat?

 i veleni della Cavtat - archivio Turi


Cause della collisione? Dice Laudato: «E' stato un errore di manovra di accostata a sinistra della Cavtat». In senso inverso ribatte Lucic. Tutta colpa della nebbia? Il bollettino di quel giorno  dell'Aeronautica militare, parla di visibilità relativamente buona.

La Cavtat agonizza. Come per ogni nave che s'inabissa. La gente della Lady Rita presta i soccorsi necessari e prende a bordo i marinai del cargo jugoslavo. Ha raccontato il comandante Laudato: «C'era tutto il tempo per rimorchiare la Cavtat sulle secche. In un'oretta al massimo ce l'avremmo fatta. Feci la proposta al comandante Lucic. Prima di rispondermi, tornò sulla nave in compagnia di alcuni marinai e del nostromo. Dopo una ventina di minuti rientrò e respinse l'offerta dicendomi: Grazie, ma non voglio avere noie con la dogana italiana». Secondo l'ingnegner Mastropierro la Cavtat è stata deliberatamente affondata aprendo le cosiddette valvole Kingston. Perché? A tutt'oggi, nessuno ha chiarito questo interrogativo. Ed è vietato fare immersioni sul relitto.

 i veleni della Cavtat - archivio Turi


Lucic si riferiva ai burrascosi precedenti della Cavtat. Un fatto accaduto nel 1970. Il cargo jugoslavo navigava a luci spente sotto la costa di Castellammare di Stabia. Fu sorpreso da una motovedetta della guardia di finanza. Il comandante dell'epoca, che non era Lucic, ordinò il macchine a tutta forza. Nove ore d'inseguimento, dalla costa partenopea a quella di Ustica. Dalla motovedetta dei finanzieri si sparò. Dalla Cavtat si lanciarono in mare dei grossi contenitori. Finalmente, il mercantile fu bloccato. C'era un principio d'incendio a bordo. Il comandante nel 1974 era ancora al fresco, in attesa di giudizio. Il processo è andato in onda  al Tribunale di Palermo.

 i veleni della Cavtat - archivio Turi


Ma torniamo alla collisione in Adriatico. Ore 9.15. La Cavtat scompare tra le onde. Finirà a 93 metri, su un fondale fangoso. Affonda di poppa, con inclinazione molto elevata. Ha gli oblò tutti aperti. Lo dimostrano alcune foto scattate dal figlio del comandante Laudato. Va in onda l’affare. Com'è possibile che una nave, speronata quasi al centro della fiancata, più verso la prua, affondi di poppa?’ Perchè Lucic ha rifiutato il rimorchio sul fondale basso a brevissima distanza, ossia a meno di tre miglia dalla costa? Che ci è tornato a fare sulla nave con alcuni suoi uomini? Aveva qualcosa da seppellire per sempre in fondo al mare? Di chi o di che cosa aveva paura? Solo della dogana italiana?


Lucic, attraverso il rappresentante legale dell'Atlanska Flovidba, società armatrice del cargo, ha sempre sostenuto: «Sapevo quel che trasportavo, ero a conoscenza della pericolosità del carico. Sui bidoni pieni di piombo c'è scritto: In caso di pericolo gettare in mare. Significa che il piombo a contatto con l'aria è terribilmente micidiale».  

u sub sulla Cavtat - archivio Turi


A causa del pericolo,  a tutt’oggi è ancora in vigore l’ordinanza della capitaneria di Brindisi (allora aveva la competenza territoriale, mentre oggi è dell’omologo ufficio di Otranto) che vieta la navigazione e la sosta in questa zona di mare a 3 miglia dalla costa di Otranto.

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