di Gianni Lannes
Il pensiero corre alla fine di Atlantide, il continente
sommerso, anzi scomparso per sempre. Questa che ora narriamo non è una leggenda, ma la nuda e cruda realtà
che ci attende, secondo quanto attesta la scienza.
L’esito sembra scontato: sprofondare sotto il
livello del mare. «Le acque saliranno di
sei metri. Così l'Italia con l'innalzamento dei mari». In uno studio nordamericano
gli effetti dello scioglimento del Polo. Le cause? Il buco dell'ozono c'entra ben poco. Piuttosto bisogna volgere l'attenzione ai disastri provocati dalla mano armata dell’uomo
in divisa anche sul Belpaese. Scomparirebbero sicuramente Venezia, Livorno, Latina, il Golfo di Oristano e qualche città costiera
della Puglia.
Oltre
4.500 chilometri quadrati dello Stivale, tra i più suggestivi,
potrebbero sparire per sempre. La causa è ancora una volta l’uomo e la sua sete
di dominio assoluto del Pianeta Terra, sotto il peso segreto delle attività di
sperimentazione bellica, meglio nota come guerra a Gaia (geo-ingegneria
ambientale, possesso del clima, eccetera…), ossia alla vita.
Enea: mappa del rischio in Italia |
C'è una grande fetta d'Italia - costituita da ben 33
aree urbane - che rischia di sprofondare sotto il livello del mare se quanto
affermano ricercatori degli Stati Uniti d’America dovesse realmente
verificarsi.
Gli ultimi rilevamenti eseguiti dai satelliti della
Nasa dimostrano che lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia sta
accelerando ad una velocità inaspettata. Secondo i ricercatori, se l'intera
coltre di ghiaccio dovesse sciogliersi completamente il livello globale dei mari
si innalzerebbe di 6 metri. Lo studioso Jianli Chen dell'Università del Texas
(Usa), ha spiegato inascoltato da chi detiene il potere politico, economico e
militare: «Dai dati satellitari risulta
che l'intera massa di ghiaccio che ricopre la Groenlandia si sta sciogliendo ad
un tasso di circa 239 chilometri cubici all'anno, tre volte superiore a quanto
ci saremmo aspettati».
Considerando questi dati Jeremy Weiss dell'Università dell'Arizona, in collaborazione con il Servizio Geologico Americano, ha elaborato numerose carte interattive del globo terrestre in cui si possono osservare le aree che - con l'innalzamento dei mari - andrebbero via via scomparendo. Fino a considerare l'ipotesi peggiore, quella appunto dello scioglimento totale dei ghiacci groenlandesi.
Considerando questi dati Jeremy Weiss dell'Università dell'Arizona, in collaborazione con il Servizio Geologico Americano, ha elaborato numerose carte interattive del globo terrestre in cui si possono osservare le aree che - con l'innalzamento dei mari - andrebbero via via scomparendo. Fino a considerare l'ipotesi peggiore, quella appunto dello scioglimento totale dei ghiacci groenlandesi.
In
Italia vi sarebbero a rischio le coste dell'alto Adriatico da Venezia fino a
Grado e verso sud fin quasi a Rimini, mentre verso l'interno l'acqua potrebbe
prendersi le terre fino a Ferrara. In Toscana sarebbero in pericolo le coste
vicino Livorno e verso nord quelle di Tombolo fino all'Arno, l'acqua
arriverebbe fino alla periferia di Pisa. Nel Lazio, Latina verrebbe sommersa e
verso sud il mare sommergerebbe gran parte delle coste prospicienti il Golfo di
Gaeta.
Nel
Mezzogiorno, la Puglia vedrebbe inabissarsi Lesina e Manfredonia e le coste che
si snodano verso Barletta, mentre la Sardegna potrebbe dire addio alle coste
del Golfo di Oristano, a parte della penisola del Sinis e allo Stagno di
Cagliari.
Ovviamente
l'entità del rischio è maggiore laddove esistono già problemi di subsidenza e
di erosione o instabilità dei litorali, accentuati dalle massicce estrazioni di
idrocarburi e dalle frequenti ed incontrollate attività belliche della NATO sulle
faglie sismiche attive. Problemi che riguardano maggiormente l'alto Adriatico,
l'Alto Tirreno e le coste prospicienti Sicilia e Calabria.
Un gravissimo pericolo trascurato è quello di almeno tre centrali nucleari (2 civili ed una militare) che rischiano di finire inesorabilmente sott'acqua. Come nel caso del reattore atomico segreto del Cisam a San Piero a Grado, in riva al Tirreno, o i siti nucleari del Garigliano e di Borgo Sabotino.
centrale nucleare del Garigliano - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Un gravissimo pericolo trascurato è quello di almeno tre centrali nucleari (2 civili ed una militare) che rischiano di finire inesorabilmente sott'acqua. Come nel caso del reattore atomico segreto del Cisam a San Piero a Grado, in riva al Tirreno, o i siti nucleari del Garigliano e di Borgo Sabotino.
Il dottor Fabrizio Antonioli dell'Enea, che ha
realizzato uno studio sul fenomeno, spiega in dettaglio:
«L'innalzamento
del mare nel nostro Paese non è causato solo dal riscaldamento globale, ma
anche dall'abbassamento dei suoli, fenomeno evidente soprattutto al Nord e
legato a complessi fenomeni geologici».
Considerando tali fattori Venezia risulta la città a
maggior rischio. Nell’ultimo secolo è sprofondata di 23 centimetri, ma fino ad
oggi l'azione dello scioglimento dei ghiacci è stata molto contenuta.
L'aumento del livello del Mediterraneo porta anche ad un altro problema: l'infiltrazione salina nelle falde acquifere che rischia di
compromettere le risorse idriche soprattutto in Puglia, dove addirittura il
governo di Vendola ha concesso sulla terraferma ben 14 autorizzazioni a cercare
e perforare gas e petrolio, e Sicilia.
A
rischio non è solo la disponibilità di acqua potabile, ma anche l'irrigazione:
utilizzando acqua salata per irrigare i campi si favorisce la desertificazione.
Il paradosso, appunto, che proprio in terra levantina è proibito agli
agricoltori aprire nuovi pozzi d’acqua, ma al contempo la giunta vendoliana
concede nulla osta a società anglo-americane, per devastanti ricerche nel
sottosuolo di idrocarburi a base di esplosivi convenzionali.
Il lavoro dell'Università dell'Arizona ha messo in
luce molte altre aree del pianeta che potrebbero scomparire con una risalita di
6 metri del livello marino. In Europa, Olanda e Germania vedrebbero il mare
entrare nel loro territorio per decine di chilometri. La Florida sarebbe
costretta ad evacuare milioni di persone perché ne scomparirebbe quasi un
terzo.
Sparirebbero le aree asiatiche dalle foci del Gange
e dell'Indo e molte aree della Nuova Guinea, e le molteplici isole coralline
degli oceani. Ma per queste non è necessario attendere che l’oceano si innalzi
di 6 metri: per tante, infatti, la fine si avrebbe anche con un innalzamento di
soli 40 centimetri.
Situazione
italiana - La Carta Nazionale delle aree costiere, redatta
da Fabrizio Antonioli, Enea, Dipartimento Ambiente, ha lo scopo di valutare il
comportamento delle coste al variare del livello del mare. Un punto sulla costa
è la somma di movimenti di diversa origine: movimenti Eustatici (scioglimento dei ghiacci),
Isostatica (abbassamento delle coste italiane dovuto a movimenti geofisici del
mantello) e tettonici (movimenti delle zolle, sollevamento Alpi, abbassamento
della Pianura del Po, terremoti, ecc.). Questo vuole dire movimenti verticali
molto diversificati. Indagini di dettaglio dimostrano che la risposta è molto
diversa da nord a sud dell’Italia.
L’Enea, in collaborazione con alcune Università
italiane e con il progetto nazionale Vector, ha calcolato l’attuale tasso di
risalita relativa del mare per le aree a rischio, perché depresse, e i tassi
dei movimenti tettonici. Tutto ciò è stato fatto con molto dettaglio per alcune
aree (Versilia, Fondi, Cagliari, Catania, Foce del Sangro, area di Trieste,
stretto di Messina, Lazio Meridionale) perforando sondaggi, misurando markers archeologici, biologici e geomorfologici
con dettagli nelle altre aree. Per tutte le aree a rischio italiane (33),
evidenziate nella figura è comunque stato possibile valutare i movimenti di
risalita del livello del mare minimi, attesi, nel caso di accelerazione della
risalita di livello del mare per effetto serra e riscaldamento delle acque
superficiali, tali movimenti potranno raddoppiare.
Non sempre inoltre, ad un sollevamento relativo di
livello del mare corrisponde un allagamento dell’area retrostante perché
influiscono diversi fenomeni legati alle disuguali caratteristiche fisiche
locali come l’ampiezza delle spiagge, la portata dei detriti dei fiumi, la
presenza o meno di dune costiere, l’esistenza e il verso di correnti marine,
l’installazione di opere di difesa, la creazione di insediamenti antropici.
L’Italia è situata in un’area geologicamente attiva,
dove movimenti isostatici, tettonici e di subsidenza antropica si sommano a
quelli eustatici. Le coste mediterranee, misurate in 46.000 chilometri, e
soprattutto quelle italiane di 7.750 chilometri, presentano alcuni fattori
negativi, in relazione al rischio di allagamento da parte del mare:
1 – la presenza di limitate escursioni mareali
(mediamente 30-40 cm con l’unica eccezione del nord Adriatico dove si superano
i 180 cm di marea) ha consentito un pericoloso avvicinamento alle coste basse
di numerose attività antropiche;
2 – tutte le aree costiere italiane in seguito a
movimenti isostatici e tettonici aumentano ulteriormente gli effetti del
sollevamento eustatico (scioglimento dei ghiacci) del mare, tale effetto viene
evidenziato per la presenza di un certo numero di aree costiere depresse, cioè
che già oggi presentano qualche migliaio di chilometri quadrati a quote
topografiche anche sotto il livello del mare (in rosso e giallo nella mappa).
A questi movimenti naturali vanno aggiunti quelli di
subsidenza del suolo (e quindi risalita relativa del livello marino) dovuti
all’intervento dell’uomo quali: emungimenti di acque, gas, petrolio, o
compattazioni dovute a bonifiche di zone paludose. Rispetto al sollevamento
eustatico globale (senza quello isostatico o tettonico) di risalita dei mari
italiani pari a circa 1,02 millimetri/anno sembra essere minore rispetto a
quello globale pari a 1,8 millimetri/anno.
I motivi di questa notevole discrepanza sono
attualmente fonte di dibattiti scientifici e sembrano legati ad anomalie di
salinità, di pressione e di forte evapotraspirazione del mare Mediterraneo che viene “ricaricato” con difficoltà dai
corsi d’acqua, oltre alla presenza nello stretto di Gibilterra di una soglia
che si comporta da “diga” rispetto agli Oceani.
Pericoli
ad orologeria - A nord delle isole Eolie, al largo
delle coste di Campania, Calabria e Sicilia, si staglia sotto il fondo del
mare, il più grande vulcano d’Europa, ma non si vede perché è completamente
sommerso da 500 metri d’acqua. Si innalza per 3 mila metri: la sua struttura è
lunga 70 chilometri ed è larga 30.
Lo Stato italiano ha autorizzato la trivellazione del vulcano attivo Marsili: una pericolosa fonte di energia geotermica.
Lo Stato italiano ha autorizzato la trivellazione del vulcano attivo Marsili: una pericolosa fonte di energia geotermica.
Tant’ è che il Ministero dello Sviluppo Economico ha
conferito il 29 settembre 2009 alla Eurobuilding Spa un permesso di ricerca
esclusivo per fluidi geotermici a mare sull'area del Marsili: il programma
delle attività prevede in primo luogo la realizzazione di un monitoraggio
completo di tale struttura, utilizzando le metodologie e le tecnologie più
innovative. Su questo programma la società con sede legale a Servigliano in provincia
di Ascoli Piceno, ha ottenuto una valutazione positiva dalla Direzione Generale
per la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale ) del Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare. In altri termini, addirittura lo Stato
italiano ha escluso per decreto la valutazione di impatto ambientale. Insomma,
una follia legalizzata che potrebbe causare disastri irreparabili. Eppure, per
mera sete di profitto economico i padroni del vapore procedono alla
perforazione.
Annuncio
Eurobuilding - Il seguente annuncio è
slittato di un anno, ma siamo come noto nel 2013 ed i lavori che potrebbero
scatenare una catastrofe fervono alacremente. «Entro il 2012 potrà essere
realizzato il primo pozzo geotermico offshore della storia. I numerosi vulcani
presenti nel Tirreno meridionale - al largo delle coste siciliane, calabresi e
campane - sono enormi sorgenti di calore; l’acqua marina che s’infiltra al loro
interno si surriscalda (può raggiungere temperature di 400° C e pressioni
superiori a 200 bar) e acquista un potenziale calorifero che può essere
trasformato in energia elettrica, paragonabile a quello generato dalle più grandi
centrali geotermiche mondiali o ad impianti nucleari di media taglia. Il
Cammino del progetto "Marsili" si comprende di tre fasi: Esplorazione, Perforazione, Produzione. Il Mediterraneo, e più precisamente il Mar
Tirreno sud-orientale è sede di un importante distretto vulcanico, sottomarino,
il Marsili, che può diventare la prima importante fonte di approvvigionamento
di energia geotermica offshore della storia, aprendo la strada ad una nuova,
pulita ed inesauribile fonte di energia.
La società italiana Eurobuilding spa e
il gruppo di ricerca da essa costituito e finanziato, che comprendente i più
importanti Organismi di Ricerca del settore e precisamente: l'Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; l'Istituto per la Geologia Marina
del CNR-Ismar, l’Università di Chieti - Centro di Ricerche sperimentali per le
geotecnologie ed il Politecnico di Bari, hanno affrontato dal 2005 ad oggi una
sfida scientifica e tecnologica unica a livello mondiale, con l'obiettivo
finale di produrre energia dal primo campo geotermico a mare, ubicato nell'area
del Marsili. La perforazione dei pozzi esplorativi è la fase finale di ogni
programma di esplorazione ed è il solo metodo che permette di definire con
certezza le caratteristiche di un serbatoio geotermico e di valutarne il
potenziale. L’attività di perforazione verrà sviluppata attraverso una
struttura superficiale di supporto (piattaforma semisommergibile,drilling
ship). Profondità di attacco tra 500 e 1000 m non costituiscono un problema per
l’utilizzo di tubaggio di raccordo con la testa pozzo (riser). Tale obiettivo
sarà perseguito attraverso la definizione di una campagna oceanografica, da
realizzarsi entro il 2011, propedeutica alla realizzazione del primo pozzo
geotermico offshore mari realizzato, previsto per il 2012. La produzione di
energia elettrica, con il supporto di una piattaforma multifunzionale offshore,
dotata di tutte le strutture necessarie alla perforazione e alle unità di
produzione di energia elettrica, sarà possibile entro il 2015. In una struttura
delle dimensioni del vulcano Marsili si attendono decine di milioni di m3 di
fluidi geotermici da avviare a produzione elettrica, con una ricarica
praticamente continua (questo elemento è molto importante perché permette di
sfruttare tutte le potenzialità del campo geotermico senza problemi di
abbassamento del livello dei fluidi che, invece, si incontrano nei campi
onshore). In questo modo sarà possibile installare una capacità produttiva di
almeno 800 MWe, tale da raddoppiare l’attuale potenza elettrica nazionale
proveniente da fonte geotermica. L’investimento complessivo per opere e
infrastrutture connesse a tale obiettivo è stimato in circa 2 miliardi di euro.
Nell’area di mare oggetto del Permesso di Ricerca non risultano zone soggette a
vincoli di tutela biologica, naturalistica e archeologica. L’area non esercita
alcuna influenza sul regime dei litorali, né sulla fruizione turistica delle
aree costiere, inclusi gli aspetti paesaggistici. Inoltre, le attività di
esplorazione geofisica e geochimica del campo geotermico del vulcano
sottomarino Marsili non sono invasive e non comportano alcun impatto
sull’atmosfera e sull’ambiente idrico. Relativamente alle attività di
perforazione geotermica non si prevedono impatti tali da creare modificazioni
permanenti all’ambiente, considerata anche la breve durata delle operazioni
previste».
In altri termini, dichiarazioni tranquillizzanti,
anzi di carattere pubblicitario, senza alcun supporto scientifico. Ed è ben
strano che il mastodontico progetto - ben instradato - non sia stato sottoposto
a valutazioni ambientali di alcun genere (VIA e VAS) e le cosiddette
associazioni ambientaliste italiote tacciano. C'è puzza di bruciato lontano
anni luce. E magari un interessamento della magistratura non sarebbe male, se
non addirittura doveroso.
La società Eurobuilding, attualmente è sotto
indagine della Procura della Repubblica di Ancona (pm Paolo Gubinelli) per un
"appalto truccato legato a lavori e danni ambientali sulla costa
marchigiana". Inoltre, il Tar Abruzzo ha respinto la richiesta della
medesima società di estrarre notevoli quantità di sabbia dal fondo del mare
Adriatico. Gratta e scava, ed ecco Angelo Zerilli, un ufficiale superiore delle
capitanerie di porto in congedo: socio e consulente amministrativo Eurobuilding
dal gennaio 2006 al maggio 2012 (6 anni e 5 mesi).
Sul suo curriculum Zerilli, uno ben ammanicato, ne
fa un motivo di vanto e scrive:
"CONSULENTE PER L'OTTENIMENTO DEL PERMESSO DI RICERCA PER LO
SFRUTTAMENTO DELLA GEOTERMIA MARINA NELL'AREA DEL VULCANO SOTTOMARINO "
MARSILI" NEL MAR TIRRENO IN AMBITO DI PIATTAFORMA CONTINENTALE. PERMESSO
DI RICERCA ATTUALMENTE IN VIGENZA".
Il progetto Marsili aveva mosso i primi passi nel
2006, con la presentazione dell'istanza al ministero.
A quanto pare
un ex militare ben introdotto nelle stanze basse del sistema di potere:
"1989- 2002: Responsabile della Portualità Turistica del Ministero
Trasporti; 1994: Capo Segreteria del Sottosegretario di Stato Gianfranco
Micciché; 1997: delegato dal Ministro dei Trasporti per il contratto d' area
Torrese - Stabiese; 1997: predispone il Decreto Burlando per il rilascio delle
concessioni per porti turistici, 1999: relatore per l'Italia alle riunioni
dell'ICOMIA, a St. Thomas, US Virgin Islands, Fort Lauderdale, Istanbul maggio
2000: relatore per l’Italia a Florianopolis sviluppo del turismo brasiliano;
Giugno 2001: Presidenza del Consiglio - coordinatore per la riconversione
dell’Arsenale Militare della Maddalena, su progetto dallo stesso ideato; 2001
promosso Capitano di Vascello e posto in congedo a domanda; Aprile 2002: consulente del Principe AgaKan
per loYachting Club Costa Smeralda di Porto Cervo;2005: esperto di
Confindustria Lazio; Ottobre 2005: candidato a Presidente dell’Autorità
Portuale Civitavecchia. Dal Novembre 2006 consulente Regione Lazio, per Piano
dei Porti del Lazio. Dicembre 2006: ottenimento 80 anni di concessione per
porto di Loano. Dicembre 2006 ottenimento della c.d.m. per anni 50 in favore
della Società Marina di Archimede - Siracusa. 2007 Comune di Capo D'Orlando,
componente commissione esame porto turistico. Dal 2009 consulente Acquamarcia
per Venezia".
Allarme inascoltato - "Pericolo tsunami nel
Tirreno": geologo lancia l’allarme, "il vulcano Marsili si è
risvegliato". A quanto rilevato la sua attività si è ridestata, ed ora la
preoccupazione è per una catastrofe che potrebbe originarsi da una sua eruzione
e conseguenti eventi franosi sui suoi versanti, onda anomala che colpirebbe le
coste meridionali che si affacciano sul Tirreno, appunto.
È stato il professor Franco Ortolani, direttore del
Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio ed ordinario di
Geologia presso l’università Federico II di Napoli, a notare questa attività e
a lanciare l’allerta. Chiaramente è importante, pur dedicando molta attenzione
a ciò che avverrà nel Marsili, evitare facili allarmismi: come ha dichiarato lo
stesso Ortolani è fondamentale organizzare, nel più breve tempo possibile, dei
‘sistemi di difesa dei litorali‘. Ortolani dà un’idea di come si realizzano
tali sistemi mediante uno studio approfondito pubblicato sul Portale Meteo del
Mar Mediterraneo. Secondo l’idea del professore, si potrebbero sfruttare le
isole dell’arcipelago delle Eolie come delle vere e proprie ‘sentinelle’, che
possano preannunciare con un tempo sufficiente all’organizzazione l’arrivo
dell’onda anomala. Questo studio è stato definito dal professor Ortolani in
seguito al maremoto verificatosi il 30 dicembre del 2002, e che aveva colpito
Stromboli, le isole nelle vicinanze e anche le coste della Sicilia vicino a
Milazzo e quelle campane di Marina di Camerota. I dati raccolti in
quell’occasione e pubblicati dal dipartimento di fisica dell’università di
Bologna e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma hanno rivelato
come, negli ultimi duemila anni, sono stati 72 i movimenti anomali del mare che
si sono abbattuti lungo le coste del nostro Paese.
Secondo esperti di chiara fama, il più grande
vulcano sottomarino d'Europa può disintegrare e provocare uno tsunami che
potrebbe inghiottire il Sud Italia «in qualsiasi momento. Il vulcano Marsili,
che brucia con magma, ha pareti fragili che potrebbero collassare. Potrebbe
accadere domani». Eventuali smottamenti
lungo le sue falde, innescati da movimenti sismici, potrebbero causare un
maremoto che si abbatterebbe nel giro di pochi minuti sulla costa campana, a
soli 150 chilometri di distanza.
Infatti, il sismologo Enzo Boschi sulla questione ha
pubblicamente dichiarato che «la caduta rapida di una notevole massa di materiale
scatenerebbe un potente tsunami che investirebbe le coste della Campania, della
Calabria e della Sicilia provocando disastri. Il cedimento delle pareti
muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare
un'onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi ma non si
possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione. Quello
che serve è un sistema continuo di monitoraggio, per garantire attendibilità».
Corriere
della Sera (29 marzo 2010) - «Potrebbe succedere anche
domani. Le ultime indagini compiute dicono che l’edificio del vulcano non è
robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di
magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice
che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all’improvviso». Enzo Boschi
presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, pur nella
cautela, ha toni preoccupati raccontando i risultati dell’ultima campagna di
ricerche compiute sul Marsili, il più grande vulcano d’Europa, sommerso a 150
chilometri dalle coste della Campania. Dal fondale si alza per tremila metri e
la vetta del suo cratere è a 450 metri dalla superficie del mare. La sua
struttura è imponente essendo lunga 70 chilometri e larga 30. È un mostro
nascosto di cui solo gli scandagli hanno rivelato il vero volto. Intorno si
sono osservate diverse emissioni idrotermali con una frequenza ultimamente
elevata e proprio queste, unite alla debole struttura delle pareti, potrebbero
causare crolli più inquietanti della stessa possibile eruzione. Di recente sono
stati registrati due eventi, per fortuna contenuti. «La caduta rapida di una
notevole massa di materiale - spiega Boschi - scatenerebbe un potente tsunami
che investirebbe le coste della Campania, della Calabria e della Sicilia
provocando disastri». Nel cuore del Marsili gli strumenti hanno dato un volto
alla camera di magma incandescente che si è formata e che oggi raggiunge le
dimensioni di quattro chilometri per due: è come una pentola ribollente con il
coperchio ben tappato. Il Marsili è da anni un sorvegliato speciale per alcuni
segni lanciati.
Effetti collaterali? Mai stranamente considerati dal
Governo tricolore. Secondo l’esperto Enzo Boschi, a capo per lungo tempo
dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, «La nostra ultima ricerca
mostra che il vulcano non è strutturalmente solido, le sue pareti sono fragili,
la camera magmatica è di dimensioni considerevoli. Tutto ciò ci dice che il
vulcano è attivo e potrebbe entrare in eruzione in qualsiasi momento».
Allora è pericoloso bucare i vulcani in attività?
Sono per caso giganteschi ordigni ad orologeria? C'è qualche nesso tra i giochi
di guerra della Nato, proprio in questa area del Mediterraneo, a ridosso dei
vulcani Marsili, Magnaghi e Vavilov, nonché di faglie sismiche attive, ed i
terremoti che stanno sconquassando come non mai lo Stivale, in modo particolare
dall'anno 2009?
riferimenti utili:
eurobuilding
spa:
PAZZI DA LEGARE. IL VOSTRO PROGETTO ANDRà A MONTE DA OGGI E PER SEMPRE. CHI HA PARTORITO QUESTO PROGETTO DOVREBBE ESSERE ARRESTATO E LASCIATO IN CARCERE A VITA. SE VOLTE MORIRE, UCCIDETEVI, MA NON UCCIDETE CON I VOSTRI IDIOTISSIMI PROGETTI MIGLIAIA/MILIONI DI PERSONE: IL SUD ITALIA E TUTTE LE ISOLE INTORNO SONO IN PERICOLO!!!!
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