San Pietro - foto Gilan |
di Gianni Lannes
In Italia la legge non
è uguale per tutti. Le controprove? Un esempio a portata d’orizzonte. Il patrimonio di San
Pietro: ancora e sempre esentasse. Uno Stato nello Stato tricolore che non paga
nulla e vive in maniera parassitaria, succhiando il sangue degli ignari
contribuenti, non solo mediante l’8 per mille, ma soprattutto attraverso
ininterrotte elargizioni statali di denaro pubblico fuori controllo. Mica c’è
solo l’Imu che non sborsano: non pagano neanche una tassa, né a titolo
d’esempio il consumo di acqua o lo smaltimento dei rifiuti e la depurazione
fognaria. Pagano sempre e soltanto quei fessi di italioti. Altro
che crisi.
San Pietro, grazie alle strabilianti operazioni dello Ior - annessi e connessi in Italia e nel resto del mondo - vive di rendite, speculazioni ed affari con le mafie intercontinentali. A titolo di riferimento documentato: il 29 settembre 1978, l’allora Papa Giovanni Paolo I (Albino Luciani), si accingeva fare piazza pulita licenziando in primis il gran corrotto monsignor Paul Marcinkus, a capo della banca vaticana in affari addirittura con Cosa Nostra. Invece, durante la notte tra il 28 ed il 29 settembre fu avvelenato da una dose di digitalina - non lascia tracce nel sangue - che causò un infarto del miocardio. Insomma: una finta morte naturale. E così la potente massoneria eliminò chi voleva cambiare le cose. C'è un libro documentato sul caso dell'avvelenamento di Papa Luciani, scritto da David Yallop e pubblicato nel 1984 (a Londra dalla casa editrice Jonathan Cape), dal titolo In God's name.
Nel testo In nome di Dio, pubblicato nel 1997 in Italia dall'editore napoletano Tullio Pironti, a pagina 4 si legge: "Le prove che il Papa aveva raccolto mostravano che all'interno del Vaticano c'erano più di cento massoni, a partire dai cardinali fino ai preti, benché il diritto canonico stabilisca che l'appartenenza alla Massoneria comporta l'automatica scomunica. Luciani era inoltre preoccupato per una loggia massonica illegale che estendeva le sue radici al di fuori dell'Italia alla ricerca di denaro e potere. Era la P2".
Il Pontefice era preoccupato da Marcinkus, Ortolani, Gelli e perfino Giulio Andreotti. I primi due li avrebbe subito allontanati se non fosse stato ammazzato.
San Pietro, grazie alle strabilianti operazioni dello Ior - annessi e connessi in Italia e nel resto del mondo - vive di rendite, speculazioni ed affari con le mafie intercontinentali. A titolo di riferimento documentato: il 29 settembre 1978, l’allora Papa Giovanni Paolo I (Albino Luciani), si accingeva fare piazza pulita licenziando in primis il gran corrotto monsignor Paul Marcinkus, a capo della banca vaticana in affari addirittura con Cosa Nostra. Invece, durante la notte tra il 28 ed il 29 settembre fu avvelenato da una dose di digitalina - non lascia tracce nel sangue - che causò un infarto del miocardio. Insomma: una finta morte naturale. E così la potente massoneria eliminò chi voleva cambiare le cose. C'è un libro documentato sul caso dell'avvelenamento di Papa Luciani, scritto da David Yallop e pubblicato nel 1984 (a Londra dalla casa editrice Jonathan Cape), dal titolo In God's name.
Nel testo In nome di Dio, pubblicato nel 1997 in Italia dall'editore napoletano Tullio Pironti, a pagina 4 si legge: "Le prove che il Papa aveva raccolto mostravano che all'interno del Vaticano c'erano più di cento massoni, a partire dai cardinali fino ai preti, benché il diritto canonico stabilisca che l'appartenenza alla Massoneria comporta l'automatica scomunica. Luciani era inoltre preoccupato per una loggia massonica illegale che estendeva le sue radici al di fuori dell'Italia alla ricerca di denaro e potere. Era la P2".
Il Pontefice era preoccupato da Marcinkus, Ortolani, Gelli e perfino Giulio Andreotti. I primi due li avrebbe subito allontanati se non fosse stato ammazzato.
Ricchissimi
ieri
- E’ scontata la sedicente “Sante Sede”. Perché? «Un quarto di Roma è in mano
alle società ombra panamensi, del Liechtenstein, lussemburghesi, svizzere. Un
altro quarto è di enti pubblici e dello Stato. Un quarto ancora è di privati
grandi e piccoli. Ma l’ultimo quarto, forse il migliore, è nelle mani del
Vaticano (…) Dare un valore commerciale a questo impero è impossibile. Ci si
può trovare indifferentemente di fronte ad ettari di terreno edificabile o al
palazzetto storico pronto alla ristrutturazione. Si inciampa in collegi o
conventi, abitati ora da pochi religiosi, che potrebbero (ed è stato già fatto)
essere trasformati agevolmente in residence di lusso, in alberghi, in centri
commerciali. Il valore attuale di queste proprietà immobiliari dovrebbe essere
moltiplicato per mille, diecimila volte.
Il tutto come si può leggere nelle norme capestro del vecchio Concordato,
esentasse …».
E’ l’incipit di
un’importante inchiesta giornalistica intitolata “Vaticano S.p.A.”, pubblicata
il 7 gennaio 1977 dal periodico L’Europeo, a firma di Paolo Ojetti. Il
meticoloso lavoro di approfondimento di questo giornalista italiano, prosegue
elencando in dettaglio tutte le proprietà ecclesiastiche immobiliari a Roma:
terreni e palazzi di proprietà della Santa Sede, ma anche dei vari ordini
religiosi, che occupano ben sette pagine del giornale. Il dossier pubblicato da
L’Europeo suscita scalpore e provoca un’immediata reazione del Vaticano. Ma
L’Europeo allora diretto da Gianluigi Melega non si lascia intimorire (giornalisti
d’altri tempi), e pubblica una seconda puntata, intitolata “I mercanti di san
Pietro”, con appendice “I conti nella casse vaticane”.
Argomenta ancora il rigoroso Ojetti
il 21 gennaio di 36 anni fa: «Non c’è dubbio che una cosa sono i beni
immobiliari che, inseriti nel Trattato, godono del privilegio della
“extraterritorialità”, e una cosa siano tutti gli altri beni della Santa Sede e
degli enti ecclesiastici (…) L’impero vaticano è ancora enorme. Se si pensa che
l’inchiesta era limitata alla città di Roma, non riusciamo nemmeno ad
immaginare cosa sia il resto d’Italia (…) Tra l’investimento misericordioso e
quello redditizio, la Chiesa sceglie tuttora il secondo. Per mantenere e
sviluppare questo potere temporale, il Vaticano non ha dovuto nemmeno aguzzare
troppo l’ingegno delle gerarchie. La strada gli è sempre stata spianata dalle
carenze legislative dello Stato italiano, dalla sudditanza degli istituti di
credito a tradizione cattolica, dalla colpevole arrendevolezza del mondo laico,
dalla sostanziale inutilità dei formalismi delle procedure di controllo».
Scrive il collega Mario
Guarino nel saggio I mercanti del Vaticano pubblicato da Kaos nel 1998, (autore
insieme a Giovanni Ruggeri del pionieristico libro Berlusconi: inchiesta sul signor
tv, edito dagli Editori Riuniti nel 1987 e poi riedito da Kaos nel
1993): «Alla pubblicazione della seconda puntata dell’inchiesta “L’Europeo”,
l’organo del Vaticano non reagisce. Non occorre. La Rizzoli Editore,
controllata dalla P 2, provvede a licenziare in tronco il direttore del
settimanale Gianluigi Melega».
Poverissimi
oggi
- Un censimento e una valutazione degli immobili di proprietà della sedicente
“Santa Sede” in territorio italiano era e resta un’impresa impossibile.
Infatti, le proprietà immobiliari regolarmente registrate nei catasti del
territorio italiano sono solo una parte: molte di esse non sono registrate in
quanto, come è noto, il Vaticano è una nazione estera a tutti gli effetti
legali.
Chiese, conventi,
monumenti. Ma anche palazzi, interi caseggiati nel centro delle città di mezzo
mondo, alberghi, appartamenti extra-lussuosi centri commerciali e terreni in
gran parte del globo terrestre. In altri termini: beni incommensurabili,
protetti da società di comodo, e schermi spesso in odore conclamato di mafia,
in paradisi off-shore che farebbero impallidire Beppe Grillo.
Il dato ufficiale (una
cifra ampiamente sottostimata) stima soltanto in Italia al 25 per cento circa, il patrimonio
immobiliare che fa capo alla Chiesa del Vaticano. Il patrimonio gestito dallo Ior (la banca del Vaticano) e l’Apsa,
sfiora i 10 miliardi di euro. Le proporzioni rendono l’idea: esattamente 10
miliardi di euro (denaro pubblico sono stati sperperati impunemente e senza
controllo dalla Protezione Civile italiana in particolare sotto il regime di Guido Bertolaso, grazie anche a Silvio Berlusconi (della serie vedi gli
affaroni nel proprio clan sul post terremoto di L’aquila e poi muori).
Un quarto di Roma è
intesto a diocesi, congregazioni religiose, enti e società del Vaticano. Solo
le proprietà che fanno capo a Propaganda
Fide (il ministero degli esteri del Vaticano che coordina l’attività delle
missioni nel mondo) ammontano a circa 10 miliardi di euro. Dal 2005 il Vaticano
ha ricominciato a fare trading immobiliare, vendendo beni per circa un
centinaio di milioni.
D'altro canto, nel 2006 esclusivamente a
Roma si sono registrate più di 8 mila donazioni di beni immobiliari, mentre in
provincia sono state 3.200.
Il più grande intermediario immobiliare che lavora
con la Chiesa cattolica, il gruppo Re S.p.A., realizza da questa attività circa
30 milioni di fatturato.
Santi
in paradiso - L’enfant prodige dei nuovi
palazzinari capitolini è un casertano, tale Giuseppe Statuto. Più di un lustro fa si è affermato con un
colpaccio, acquistando senza battere ciglio, un immenso complesso monastico
sulla Camilluccia. Nella stessa zona, Statuto si è accaparrato un convento del
XVIII secolo di valenza storica con annesso terreno di 5 mila metri quadrati.
Statuto è uno dei rari operatori del mattone a fare affari in esclusiva con il
Vaticano. In tal modo la sua ditta Michele
Amari e le altre società controllate (Bixio
15, Diemme Immobiliare, Derilca, Egis) ha fatto incetta uno dietro l’altro,
di immobili di pregio dismesso da congregazioni religiose.
La nomina 11 anni fa
del cardinale Attilio Nicora a capo
dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica ha segnato la vera
svolta affaristica, a stretto contatto con Paolo
Mennini (figlio di quel Luigi,
consigliere dello Ior, già inseguito da un mandato di cattura per lo scandalo
Ambrosiano). Qualcuno rammenta Calvi,
Cosa Nostra, Sindona, P2, Gelli e i loro intrecci affaristici con la “Santa
Sede”?
L’Apsa, a parte i valori truccati sugli accatastamenti di immobili lussuosi in pieno centro storico capitolino, registrati come ultra popolari, dirige i 30 mila enti religiosi su tutto il territorio italiano. Oltretutto, attraverso la Sirea - che risulta intestataria di due palazzi in piazza Cola di Rienzo, affittati alla Direzione investigativa antimafia - e la Edile Leonina, con locali occupati dal Viminale, è titolare anche della società Nicoloso da Recco (proprietaria di 4 appartamenti). Avete capito bene: DIA e Ministero dell’Interno che sicuramente adesso indagheranno dopo questa "insignificante" sollecitazione giornalistica.
Si tratta di un
patrimonio solo per citare un modesto esempio - extra Patti Lateranensi -
sfuggito a qualsiasi censimento dello Stato tricolore. Ecco un utile
riferimento: nell’aprile del 1985 nel dibattito parlamentare sulla legge degli
edifici di culto, si trova agli atti l’elenco sterminato dei palazzi posseduti
dagli enti ecclesiastici nella sola città di Roma Il dato inequivocabile offre
uno squarcio informativo sulla reale consistenza dei beni della Curia. E rovescia quella visione di una
Chiesa “povera” che aveva indotto lo Stato ad elargire all’epoca mille miliardi
di lirette sul conto spesse annuale, per il mantenimento dei luoghi adibiti a
culto.
Nel dicembre 2005 il Governo Berlusconi (tanto per cambiare)
vara l’esenzione totale per le proprietà del Vaticano, compresi i beni ad uso
commerciale. In punta di diritto si tratta di un regime speciale -
manifestatamente illegale ed anticostituzionale - che sulla carta doveva essere
cancellato dal decreto Bersani (il
numero 1 del Pd). Ma poi il centro sinistra ha preferito istituire una commissione
che ha fatto melina e tutti si sono dimenticati del lucroso argomento.
Il business di tendenza
è la riconversione di edifici religiosi in alberghi lussuosi. E’ un’attività gestita
quasi in esclusiva dal gruppo RE di Vincenzo Pugliesi e Franco Alemani. Nel
2007 è stato chiamato dalla Spagna tale Antonio Fraga Sanchez. I primi
acquirenti di beni della Curia sono le banche: Santander e Bilbao, ovviamente
a braccetto con l’ubiquo Opus Dei.
Per la cronaca: nel 2000
- con il Giubileo - il Vaticano ha
incassato dallo Stato (vale a dire dai contribuenti) altri 3.500 miliardi di lire. Diamo ancora i numeri: in tutto il Belpaese
si contano più di 2 mila monasteri e abbazie. Il giro d’affari del turismo
religioso soltanto nella capitale tocca i 200 milioni di euro ogni anno. In
Italia si contano 200 mila posti letto gestiti da religiosi, con 3.300
indirizzi tra hotel, case per ferie, centri di accoglienza per pellegrini. Il
giro d’affari è stimato in 4,5 miliardi
di euro l’anno esentasse.
Vaticano - foto Gilan |
IOR
& JP MORGAN - Violazione delle legge 231 del 2007 che
disciplina, per gli istituti di credito, una serie di norme antiriciclaggio,
tra cui la trasparenza della titolarità sul deposito dei conti correnti. Dal
2003, secondo un rapporto della Guardia di Finanza, inviato ai magistrati della
Procura della repubblica di Roma - Nello Rossi (procuratore aggiunto) e Stefano
Rocco (pm) - movimenti per centinaia di milioni di euro su un deposito intestato
alla banca del Vaticano. Si tratta di un conto aperto quando la filiale capitolina
era ancora sotto il marchio della banca di Roma, prima che l’istituto di
credito confluisse in Unicredit.
«La Banca d’Italia non
ha autorizzato lo Ior a operare sul territorio della Repubblica italiana
tramite succursali, ovvero in regime di prestazione di servizi senza
stabilimento». Lo ha riferito il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani,
in risposta ad un’interrogazione di Maurizio Turco in Commissione Finanze della
Camera. Il problema sta nella frase “regime di prestazione di servizi senza stabilimento”,
perché nel rapporto del 4 luglio 2012, il Comitato
Moneyval del Consiglio d’Europa, a pagina 30, ha affermato che «l’Ior
svolge come impresa una o più delle attività o operazioni - per o per conto di
un cliente - elencate nella definizione di “istituzione finanziaria” del
glossario GAFI».
Presso la filiale di
Milano della banca nordamericana JP Morgan, ad esempio, era stato aperto nel
2009 un conto Ior dove, in poco più di 18 mesi (presidente Ettore Gotti Tedeschi, direttore generale Paolo Cipriani) era transitato oltre un miliardo di euro. Il conto
(un sweep account) è stato chiuso, su
iniziativa di JP Morgan, nel
febbraio 2012, tre mesi prima della defenestrazione di Gotti dalla presidenza.
Secondo quanto ipotizzato dalla magistratura JP Morgan si decise a questo passo
quando si rese conto che gli inquirenti si stavano interessando con continuità
della situazione della banca vaticana. I magistrati hanno iniziato ad indagare
nell’ipotesi che su quel conto possono essere transitate cospicue tangenti. «Fu
la JP Morgan a chiedere a Ior di aprire il “conto secondario” la cui clausola
contrattuale era stata avallata dall’Autorità di Vigilanza italiana» (la Banca
d’Italia, in realtà non più pubblica ma privata), ha detto il 28 giugno 2012
durante l’open day presso lo Ior, il
direttore Cipriani.
Un profitto sacro
asservito alle leggi terrene, che i mercanti di San Pietro perseguono come se
fosse l’imperativo di un undicesimo comandamento.
Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio, che sostiene di
ispirarsi al frate scalzo di Assisi, vorrà dividere tutta questa immensa
ricchezza con i poveri e diseredati della Terra? Ne dubito ma spero di essere
smentito dai fatti, non dai proclami altisonanti di Piazza San Pietro.
Anchio spero che lei venga smentito dai fatti,
RispondiEliminail signor Jorge Mario Bergoglio ha parlato di misericordia e perdono,
allora dovrà realizzare grandi cose buone in questa terra, se qualcuno come sembra dovrà perdonarlo.
LE TASSE DEL CLERO -
RispondiEliminaUn autorevole rappresentante del Vaticano ha invitato gli evasori a pagare le dovute tasse.
- A parte il fatto che la maggior parte degli evasori lo sono per necessità, altrimenti non potrebbero sopravvivere, i cittadini si chiedono quante tasse il Vaticano paga sui suoi immobili, sulle sue dipendenze sparse non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo e sulle sue sedicenti attività sociali, che in realtà sono delle vere attività commerciali.
Risulta inoltre che, non solo non paga i servizi resi dallo Stato Italiano, ma vengono taciute persino le donazioni e quelle laute offerte che sprovvedute vecchiette, da secoli plagiate con la promessa di una grazia o del paradiso, infilano in quelle tante predisposte cassette sparse in tanti luoghi di culto, come santuari e chiese.
- da COCOMIND.com - La voce del dissenso
IL CONCLAVE
RispondiEliminain questo conclav hanno gia stabilito
che di dio prendon tutta la man e non solo il dito
i fedeli son orfani come pecore senza pastore
da una fumata dentro un camino
aspettano invano un redentore
della loro intelligenza ne negano essenza
piu facile credere per non vedere
che vedere per non credere senza
tra calici d'oro e vini d'annata
il tempo trascorre con scambi di voti
son uomini dotti e senza paura
governano il mondo senza censura
dei forzieri di dio sono custodi ed i fedeli solo idioti.
C.G