di Gianni Lannes
Un
tuffo in un mare caraibico? Allora l’alto Tirreno in Italia, è l’ideale, almeno
sulla carta. A Rosignano in
provincia di Livorno il mare
turchese e la sabbia bianca sono però uno degli effetti degli scarichi chimici. L’Agenzia ambientale Onu ha classificato questo tratto
costiero come uno dei 15 più inquinanti d’Italia. Cielo, suolo, sottosuolo e
mare brutalizzati per oltre un secolo dalla multinazionale Solvay con sede a Bruxelles. In questo angolo della Toscana, alle
famigerate “spiagge bianche” - da
Rosignano Marittima a Vado - è possibile tuffarsi in un “limpido” mare al
mercurio. La gente accorre a frotte in un'area non balneabile: i cartelli
stradali indicano proprio "spiagge bianche". C’è l’interrogazione
parlamentare numero 4-08856 – indirizzata ai ministri dell’Ambiente, della
Salute e di Grazia e Giustizia - che dal 30 settembre 2010, nonostante 15
solleciti - l’ultimo il 27 luglio 2012 - non ha ricevuto una risposta sia dal
governo Berlusconi che dall’esecutivo Monti.
Scrivono ben sei deputati: «nel
mare sono presenti almeno 400 tonnellate di mercurio, come verbalizzato dalla
conferenza di servizi nel luglio
2009, dato confermato anche dall'Arpa Toscana. Anche il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del
mare è stato coinvolto grazie all'Osservatorio istituito per verificare se Solvay rispettasse l’accordo di programma
del 2003, che prevedeva alcune misure di ambientalizzazione: l'arresto dell'elettrolisi del mercurio, micidiale
in quanto produce cloro e soda caustica;
la riduzione degli scarichi solidi bianchi fino a 60 mila tonnellate l'anno».
“Tutto a posto”? - L’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente in Toscana asserisce di tenere sotto monitoraggio la zona. Ma la
situazione è davvero sotto controllo? L'Italia dei Valori ha portato il caso
delle spiagge bianche in Regione. Da una parte un ecologista che vorrebbe
chiuderle. Da un’altra il sindaco che lo accusa di allarmismo. Poi l’azienda
che nega l'inquinamento. E ora l’Idv
vuole vederci chiaro: diteci se le spiagge sono inquinate e, se è così,
segnalatelo in modo che i bagnanti siano consapevoli dei rischi. Così l’Idv in
Regione ha presentato un'interrogazione: «È impensabile - scrive il capogruppo
Marta Gazzarri - che una zona ad alto rischio per la salute dei cittadini venga
segnalata come luogo di balneazione. Dallo studio condotto nel 2010 da Ispels e
Inail emerge che in Toscana si emette nelle acque ben il 42,8 per cento
dell’arsenico riversato in Italia e che il massimo emettitore è la Solvay». Maurizio Marchi, di Medicina Democratica,
ha spedito l’ennesimo esposto alla Procura della repubblica perché quel
paradiso color bianco e turchese è «un luogo altamente inquinato, usato da
Solvay per lo scarico di una quantità impressionante di sostanze tossiche». Il
sindaco Alessandro Franchi minimizza. Perché «l’allarmismo non serve e i dati
sulla balneabilità e sugli scarichi industriali sono in linea. Io non dico che
l’acqua non sia inquinata, non ho gli strumenti per farlo. Devo attenermi a
quanto mi certifica Arpat. E finora Arpat mi dice che è tutto sotto controllo».
Allora, si rimane al divieto circoscritto alla foce del fosso bianco: 100 metri
a nord e 100 a sud. Arpat replica che Solvay ha un’autorizzazione rilasciata
dal ministero dell'ambiente il 6 agosto 2010 sottoposta a un controllo
integrato annuale. Sui fanghi Solvay inoltre, è ancora aperta un'inchiesta
avviata nel settembre 2009, dopo lo sforamento dei limiti accertato da Arpat.
Paradiso mortale - La Solvay, gettando in mare gli scarti di
fabbrica, ha reso la zona di Rosignano-Vada in Toscana un luogo ai limiti della
fantascienza. Il mare azzurro turchese e la spiaggia bianca candida richiamano
un paesaggio tropicale e una visione paradisiaca che però nascondono un inferno
malato: opera non di una divinità ma
dell’uomo. È un paradiso artificiale che non può portare alcun beneficio a
coloro che lo frequentano. La natura è stata infatti sottomessa dal profitto
economico, che l’ha spremuta fino all’ultima goccia. Rosignano Solvay, cittadina in provincia di
Livorno, porta il marchio di fabbrica nel nome (Solvay è un gruppo belga
operante nel settore chimico, farmaceutico e delle materie plastiche). Secondo
le testimonianze di chi vive in questa realtà, la gente sempre più spesso muore
di cancro. I cartelli con scritto “Divieto di balneazione” sono stati rimossi
di recente dai gestori degli stabilimenti balneari. La spiaggia e il mare - che
sono stati insigniti addirittura di bandiera
blu - attraggono numerosi turisti durante tutte le stagioni. Nel 2003 c’è
stata una svolta nell’annosa questione degli scarichi a mare della Solvay e dei
suoi enormi consumi di acqua dolce. Veniva stipulato un “Accordo di programma”
tra istituzioni locali e multinazionale belga con tre obiettivi da raggiungere
processualmente: a) ridurre del 70 per cento gli scarichi a mare; b) chiudere
la vecchia elettrolisi a mercurio; c) diminuire i consumi di acqua dolce di 4
milioni di metri cubi l’anno. Il primo obiettivo veniva ottenuto, in parte, con
un investimento pubblico-privato nella costruzione del depuratore Aretusa che
avrebbe dovuto fornire a Solvay 4 milioni di acqua dai depuratori civili di
Rosignano e Cecina, a fronte del minore emungimento dalle falde - ad opera di
Solvay - di 2 milioni di metri cubi l’anno di acqua di pregio. Il secondo
obiettivo si è raggiunto con la chiusura dell’elettrolisi nel dicembre 2007.
Tutto il mercurio emesso fino a quel momento però è ancora in mare e
nell’ambiente. D’altra parte, l’Accordo di programma non prevedeva la bonifica
del sito inquinato evidentemente troppo onerosa per chi pensa solo ai
quattrini.
Metalli pesanti - L’obiettivo della diminuzione del 70 per
cento degli scarichi solidi entro la fine del 2007 non è stato rispettato.
Pendono sulla Solvay una denuncia alla Procura
della Repubblica di Livorno e un’indagine della Guardia di finanza, in
quanto Solvay ha già ottenuto circa 30
milioni di euro per le misure di ambientalizzazione a fondo perduto dallo
Stato. In relazione invece agli scarichi idrici, i problemi principali sono
essenzialmente due: l’immissione in mare di fanghi, ovvero residui provenienti
dai processi di lavorazione della soda, e la presenza di metalli pesanti
bioaccumulabili come mercurio, arsenico, cadmio e cromo. Ulteriori criticità
sono rappresentate dalle fughe di ammoniaca e dalla presenza di solventi
organici o catalizzatori (chinoni) potenzialmente cancerogeni o mutageni. Per
quanto concerne i fanghi, non si pongono problemi di tossicità. Tuttavia questi
materiali venivano scaricati in quantità talmente rilevanti (circa 300mila
tonnellate annue prima dell’Accordo di programma) da dare origine negli ultimi
anni alle cosiddette “spiagge bianche”. Riguardo alla presenza di metalli
pesanti assorbiti dai fanghi durante i processi di scarico, i problemi maggiori
provengono dal mercurio: questo metallo, in parte arriva con il calcare
estratto dalle colline metallifere e in parte deriva dal particolare processo
d’elettrolisi adottato dalla società belga fino a giugno 2007. Tale processo è
stato caratterizzato per diversi anni da forti perdite che hanno raggiunto
anche 100 grammi per ogni tonnellata di cloro prodotta. La questione del
mercurio negli scarichi è stata parzialmente risolta nell’ambito del già citato
Accordo di programma, con il passaggio dalla tecnologia a mercurio a quella a
membrana e con la conseguente eliminazione del mercurio dagli scarichi. Diciamo
“parzialmente” perché poco o niente si può fare per il mercurio già scaricato,
assorbito dai fanghi più antichi e accumulato nelle catene alimentari. I
controlli effettuati da Arpat (l’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente in Toscana) presso lo scarico generale e riportati nella
“Relazione semestrale sugli scarichi” (I e II semestre 2007) evidenziano che le
concentrazioni riferite alla maggior parte di sostanze inquinanti presentano
valori al di sotto della soglia stabilita dal Decreto legislativo 152/9929.
Arpat, nel corso del 2007, ha eseguito anche controlli a piè d’impianto che
sono risultati per la maggior parte entro i limiti di legge. È da sottolineare
come i controlli effettuati da Arpat riguardino la concentrazione di determinate
sostanze inquinanti nei campioni prelevati dallo scarico Solvay. Ciò che è
rilevante ai fini della valutazione dell’impatto ambientale dello stabilimento
tuttavia non è solo la concentrazione di una sostanza ma soprattutto la
quantità totale scaricata in un certo periodo. Per ottenerla bisogna
moltiplicare la concentrazione per la “portata”. Ma è proprio sull’entità della
portata che si sono riscontrate divergenze tra i valori dichiarati da Solvay e
quelli misurati dal Servizio idrografico della Regione che risultano maggiori.
Infatti il rispetto dei limiti stabiliti dalla legge può essere facilmente
aggirato pompando acqua pulita nello scarico, diluendo in questo modo gli
inquinanti. Tali problematiche sono emerse anche a Rosignano.
Braccio di ferro - Negli anni Settanta, è iniziato il braccio
di ferro tra Solvay e Comune. Da una parte, la società belga voleva far attuare
il monitoraggio degli inquinanti in un punto di confluenza del fosso di scarico
(Fosso bianco) con un altro fosso (Fosso Lupaio) che portava acqua con
inevitabile abbattimento delle concentrazioni, in quanto contiene l’acqua della
cosiddetta “salamoia esausta”, proveniente dall’elettrolisi dopo un processo di
“demercurizzazione”. Dall’altra, il Comune voleva invece la separazione del
monitoraggio dei due fossi al fine di permettere un reale controllo delle
sostanze inquinanti alle rispettive foci. La questione - ad oggi - è ancora
aperta, tant’è che i controlli di Arpat sono effettuati sul Fosso Bianco che
contiene le acque di scarico del Fosso Lupaio. A Rosignano prosegue intanto
indisturbata la produzione di clorometani, nocivi alla fascia di ozono. Nel
1989 a seguito dell’introduzione di norme internazionali più restrittive nei
confronti della produzione di sostanze nocive alla fascia di ozono (Protocollo
di Montreal e seguenti), Solvay chiuse l’impianto clorometani di Jemeppe in
Belgio e potenziò quello di Rosignano. I clorometani, come i
clorofluorocarburi, sono composti molto volatili e leggeri che riescono a
raggiungere gli strati alti dell’atmosfera, e qui - scissi dalle radiazioni
solari - liberano il cloro che distrugge l’ozono. Il rilascio di enormi
quantità di sospensioni ha “sterilizzato” alcuni chilometri di costa, dove la
vegetazione marina, la fauna bentonica e pelagica sono scomparse. Le
concentrazioni dei solidi sospesi eccedono di molto i parametri previsti dalla
legge fin dalla emanazione della Legge 319/’76. Praticamente da allora Solvay
gode di un regime di deroga rispetto a questo parametro che viene rinnovato ogni
quattro anni con delibera provinciale. La situazione va avanti così, in regime
transitorio-stabile, da quasi trent’anni. Il rischio ambientale appare quindi
nel complesso elevato, nonostante le autorità sanitarie e della protezione
ambientale della zona tendano a minimizzare i pericoli. I tecnici Arpat hanno
archiviato molte morie di pesci avvenute in questo tratto di mare con la
formula: “morti per cause naturali”. Ma il settore della piccola pesca va ormai
scomparendo decimato dal continuo riversamento degli scarichi in mare. Secondo
le stime per difetto del Cnr di Pisa, nella sabbia bianca la Solvay ha
scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio, nickel,
piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco completo è stato pubblicato sul sito
dell’Agenzia europea dell’Ambiente (www.eea.europa.eu/it). Più precisamente a Rosignano, secondo Legambiente, sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti fino a 14
chilometri dalla battigia. Eppure sulla spiaggia, fatta eccezione per un’area
di appena 50 metri intorno allo scarico della fabbrica, non c’è il divieto di
balneazione.
Mappa del rischio - Indovinate un pò. Secondo i dati ufficiali
dell’Ines (aggiornati però al 2005), il primato italiano spetta all’Ilva di Taranto con il 65 per cento del
mercurio - in Italia - riversato
nell’aria e nel mare della Puglia. E ancora? Le acque del porto di
Marghera - dove opera la Syndial -
presentano dei livelli di contaminazione da mercurio. Si stima che nelle acque
adriatiche di Grado e Marano la Caffaro
abbia gettato dal 1949 ai giorni nostri, ben 20 chilogrammi di mercurio al
giorno. Un’emergenza sulla quale dal 2002 lavora un commissario straordinario
incaricato dal governo e pagato dagli ignari contribuenti. Mercurio non
bonificato anche a Bussi sul Tirino
- stabilimento Solvay - in provincia di Pescara. E poi mercurio in libera
uscita a Picinisco (eredi Zarelli) in provincia di Frosinone.
L’inquinamento riguarda anche l’Altair
Chimica a Volterra in provincia
di Pisa e la Pieve Vergonte a Tessenderlo in provincia di Vercelli. In
Sardegna va anche peggio sotto il marchio Syndial:
date un’occhiata a Porto Torres in provincia di Sassari e ad Assemini nel
territorio di Cagliari. E sempre la Syndial a Priolo Gargallo in provincia di
Siracusa ha scaricato in atmosfera e sui fondali marini migliaia di tonnellate
di mercurio. Insomma, veleni in eredità alle giovani generazioni.
Interrogazione parlamentare senza risposta!
Ottimo lavoro, Gianni !!!
RispondiEliminaPossiamo aggiungerlo al ns blog http://benicomunivaldicecina.blogspot.it/
citando fonti, link e quant'altro ?
Ben volentieri! Buon lavoro.
RispondiEliminaComplimenti Gianni! Potrei scrivere un articolo, citando la fonte, sul portale www.net1news.org ? Potrei utilizzare anche una foto?? Grazie, a presto
RispondiEliminaBest Regards...;)
Marco Rota
D'accordo Marco, basta citare la fonte. Utilizzi pure la foto! Buon lavoro.
RispondiEliminaGuardi che l'Arpat nel 2012 ha classificato, in merito alla balneazione, le acque davanti alle spigge bianche come "Eccellenti", e lo ha fatto seguendo gli stessi criteri che segue per ogni altra spiaggia Toscana. L'Arpat è l'agenzia ambientale Toscna che è incaricata di tali esami e ne risponde legalmente. E ha detto e continua a dire che le acque lì davanti non han concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di legge o tali da provocare alcun danno. Le linko i due documenti:
RispondiEliminahttp://sira.arpat.toscana.it/sira/balneazione/profili/completi/P_IT009049017022.pdf
RispondiEliminahttp://sira.arpat.toscana.it/sira/balneazione/profili/completi/P_IT009049017023.pdf
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