Lago di Garda. |
di Gianni Lannes
Scarichi fognari e industriali, siccità, prelievi idrici,
cementificazione delle coste. Il sistema lacustre nazionale è allo stremo.
Dulcis in fundo: bombe Nato mai
bonificate. A vederli dall’alto non si direbbe. I laghi italiani sembrano
luoghi da cartolina, eppure soffrono e alcuni sono addirittura in fin di vita.
«Il problema dell’eutrofizzazione è comune alla gran parte dei bacini lacustri
italiani - spiega Letizia Garibaldi, biologa, ricercatrice del Consiglio
nazionale delle ricerche e dell’università di Milano Bicocca - uno dei casi più
gravi è quello del lago d’Iseo: non ha adeguati sistemi di depurazione e quelli
costruiti non sono mai entrati in funzione. Soffre inoltre di una grave forma
di anossia nelle acque profonde, cioè manca l’ossigeno». E’ la presenza
eccessiva di fosforo nelle acque a determinare l’iperproduzione di alghe,
soprattutto nei medi e grandi bacini del Nord. La causa è la pressione antropica: la presenza
dell’uomo che con gli scarichi aumenta la concentrazione di fosforo nelle
acque. Il fenomeno è fin troppo evidente nei bacini lombardi: Iseo, Idro, i laghi mantovani, il lago di
Varese e quello di Pusiano. Molti altri specchi d’acqua dolce devono
vedersela con l’abbassamento dei livelli per siccità, che colpisce in
particolare i laghi del centro Italia. Emergono poi i problemi legati agli
eccessivi prelievi d’acqua per uso agricolo, la speculazione edilizia sulle coste
- rilevante sul Garda - e il
fenomeno delle cave selvagge che devastano irrimediabilmente il paesaggio. Quello
lacustre è un patrimonio ambientale strategico, ma per avere il primo catasto
dei laghi italiani si è dovuto attendere l’inizio degli anni ’70.
Lago di Varano. |
Inquinamento
- Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) con il database Limno,
ha fotografato nei minimi dettagli il degrado. Sul banco degli imputati siedono
le fognature degli abitati rivieraschi, che andrebbero calettate e ripulite in
moderni impianti di depurazione. A ritardare i piani di intervento è la
mancanza di un’attendibile mappatura nazionale dei comuni che scaricano a lago
le proprie acque reflue. «Per ridurre il carico di inquinanti che soffoca i
laghi - riprende la biologa Garibaldi - la terapia è semplice: basta chiudere i
rubinetti del fosforo. Tra i grandi laghi il Maggiore è costretto a convivere
con un fondale avvelenato con ddt,
arsenico, mercurio e altre sostanze tossiche, eredità degli scarichi nel
fiume Toce dell’Enichem di Pieve Vergonte in Val d’Ossola,
l’azienda che fino al 1996
ha prodotto il pericoloso insetticida. «I veleni del
lago non se ne andranno mai: sono inquinanti insolubili che hanno formato uno
zoccolo duro di centinaia di tonnellate e che periodicamente risalgono con la
catene alimentari e con le piene - spiega Amelia Alberti, di Legambiente
Verbano - da anni in prima linea contro il polo chimico - azienda sanitaria
locale e università oggi controllano il livello di ddt nei pesci e, di volta in volta, indicano libertà o divieto di
pesca. L’Enichem, dopo aver
patteggiato la pena nel 1999,
ha la responsabilità di bonificare le aree attorno agli
impianti e di mettere in sicurezza la falda, ma poco o nulla si può fare per i
danni ormai irreversibili». Oltre all’aspetto biologico ci sono altri problemi
che riguardano la cattiva gestione della risorsa lago, che per le comunità
locali significa economia, turismo, paesaggio.
Discarica
Nato - Accadde il 16 aprile del 1999. Quel giorno, un F15 dell’Alleanza atlantica in ritorno dal
bombardamento del Kosovo, a causa di un incidente in corso all’aeroporto di
Aviano, venne dirottato verso la pista di Ghedi, per raggiungere la quale fu
costretto a sganciare i suoi ordigni nel
lago di Garda. Quel micidiale carico bellico non è stato ufficialmente mai ritrovato. Numerosi abitanti di Toscolano
Maderno, comune bresciano sulle rive del lago, raccontarono di aver visto in
quel pomeriggio un aereo volare basso e sganciare sei bombe al centro del lago,
tra Punta San Vigilio e la costa bresciana. Lo stesso bombardiere aveva
sganciato anche i due serbatoi sui monti di Asiago. All’epoca, per sicurezza,
fu imposto il fermo pesca su tutto il lago anche perché il procuratore capo di
Brescia, Giancarlo Tarquini,
avviando l’indagine per la ricerca degli ordigni, aveva reso noto in una
relazione che per quanto attiene al tipo di bombe sganciate dall’aereo Nato,
sussisteva la possibilità, concreta e oggettiva, della rottura del contenitore
- conosciuto dagli addetti ai lavori come “canister” - all’impatto con l’acqua,
e quindi della presenza nelle acque del Garda di numerose “bomblet” che
potevano essersi innescate sulla base di una semplice rotazione. Quelle che il
procuratore aveva chiamato “bomblet” sono piccoli ordigni contenuti in bombe
aeree più grandi, che se non scoppiano all’impatto possono divenire pericolose,
alla stregua di mine antiuomo. Esperti biologi e medici denunciarono la
pericolosità delle conseguenze che la presenza di uranio avrebbe comportato, ma
gli organi istituzionali smentirono sempre questa possibilità. A sconfessare le istituzioni giunse l’ordinanza del prefetto di Brescia
che impose quattro chilometri di raggio di sicurezza dal presunto luogo di
deposito delle bombe, uno spazio che in quella parte del lago, che da sponda a
sponda è inferiore a sette chilometri, impedisce praticamente ogni attività. Il
“caso Garda” era stato inserito nei lavori della commissione parlamentare
sull’uranio impoverito.
Minaccia
umana - Una storia emblematica è quella del lago d’Idro, un grazioso
bacino d’origine glaciale in Val Sabbia, nelle Prealpi bresciane, per cui sono
state raccolte in pochi mesi 12 mila firme in calce alla petizione “Salviamo il
lago” e dove i residenti si sono autotassati per pagare un avvocato che lo
difenda. Da decenni il lago sopporta prelievi massicci di acqua per usi
agricoli e idroelettrici regolati da vecchissime concessioni, e rischia di
essere prosciugato. «Entro qualche anno sarà scomparso, ma ben prima sarà un
lago morto - denuncia il comitato locale – A morire sarà la vita subacquea, non
ci sarà più pesca né navigazione e chiuderanno i campeggi». Più a sud, in
Puglia, i più grandi laghi costieri d’Italia, Lesina e Varano, risultano già
ampiamente compromessi dall’inquinamento civile e dall’abusivismo edilizio
dilagante. Cosa accade nell’occhio del vulcano? E’ la siccità il problema
maggiore dei bacini dell’Italia centrale: Trasimeno, Bracciano, Bolsena e Vico,
oltre a essere rilevanti poli turistici, costituiscono preziose risorse
idriche, per l’uso irriguo e potabile. La città di Roma, per esempio, in caso
di necessità attinge acqua al lago di Bracciano. I notevoli prelievi, i
prolungati periodi di siccità e l’aumento della temperatura media stanno però
causando una forte preoccupazione per i livelli sempre più bassi. Al conto
bisogna poi aggiungere la pressione sull’ecosistema causata dall’aumento di
popolazione nei mesi estivi e dall’allargarsi delle zone urbanizzate che
incidono negativamente sui carichi inquinanti. Il Trasimeno che ha una
profondità molto scarsa e variabile dai tre ai sei metri, negli anni ’50 visse
una gravissima crisi idrica. In seguito, per scongiurare il pericolo di
essiccamento, il bacino è stato ampliato artificialmente, riportando il livello
allo zero idrometrico. Ma nelle estati del 2003 e del 2004 le scarse piogge
hanno nuovamente fatto raggiungere i livelli minimi, con conseguenze sull’economia
e sull’assetto ambientale. Negli ultimi anni la scarsità d’acqua ha riguardato
anche il lago Maggiore, dove a causa di
prelievi massicci l’abbassamento ha messo in difficoltà il sistema di
navigazione. Numerose altre realtà
soffrono di degrado costiero a base di cemento. E’ il caso del Garda, con i
suoi 370 chilometri quadrati di superficie, il più esteso lago d’Italia, dove
seconde case e piani regolatori impazziti stanno devastando le colline
moreniche. A Toscolano Maderno, in provincia di Brescia, le abitazioni occupate
dai residenti non arrivano al 55 per cento, il resto sono case vacanza
costruite in alcuni decenni di spietata edilizia speculativa. E lo stesso
discorso di paesi a metà, vale per molti comuni a vocazione turistica del Garda:
da Sirmione, dove gli alloggi dei residenti sono meno del 50 per cento, a
Malerba, da Gardone Riviera a Limone. La situazione è simile sul fronte Veneto,
come da anni denunciano gli ecologisti veronesi. A Lavena Ponte Tresa, sul lago di Lugano, un caso di speculazione
urbanistica che avrebbe visto sorgere un albergo al posto di una vecchia
filanda ha portato allo scioglimento del consiglio comunale. A Trebbia, sul lago Maggiore, avanza il
progetto di un’immobiliare olandese di costruire appartamenti, piscine, campi
da tennis e parcheggi in una zona umida, protetta, a ridosso della spiaggia.
Infine, sul lago d’Iseo, disseminato di cave, spicca quella gigantesca di marna
da cemento di Tavernola Bergamasca, un panoramico comune con poco più di
duemila anime. Identica situazione per molti piccoli laghi della Brianza, dove
è il paesaggio stato inghiottito da enormi cave di cemento e granito.
Bacini a confronto - Sono circa 500 i laghi con una superficie
superiore a 0,2 chilometri quadrati: 150 miliardi di metri cubi d’acqua dolce,
di cui oltre 130 miliardi concentrati nei grandi laghi subalpini (80 per
cento). Laghi alpini: piccoli specchi d’acqua nelle conche scavate dai
ghiacciai, quasi sempre oltre i duemila metri di quota. Hanno problemi di
acidificazione. Laghi pedemontani o subalpini: i principali sono Garda,
Maggiore, Lugano, Como, Iseo e Idro. Laghi vulcanici: i principali sono
Bolsena, Vico, Bracciano e Albano. Laghi appenninici: il più grande è il
Trasimeno. Laghi costieri. formati dal mare. I principali si trovano in Puglia,
Lazio, Toscana e Sardegna.
Lago Trasimeno. |
Lago d'Iseo. |
AGGIUNGO QUALCHE DETTAGLIO SUL LAGO DI VICO CHE VERSA IN BRUTTE ACQUE...:
RispondiEliminaArmi chimiche: La Chemical city del Lago di Vico
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