BIOGRAFIA

13.12.19

CHI HA UCCISO I CAPODOGLI NELL'ADRIATICO?

 Gargano (dicembre 2009): uno dei sette capodogli trucidati e vivisezionati - foto Gianni Lannes


                                                                    A futura memoria!


(pubblicato sul giornale Italia Terra Nostra l'11 dicembre 2009)

di Gianni Lannes

Mare Adriatico che accarezza il Gargano quando infuria il Maestrale. “Il 9 dicembre sono stati avvistati 10 capodogli in difficoltà” rivela una elevata fonte militare italiana. Strano. Ma allora come mai la notizia è stata fatta trapelare agli organi di informazione soltanto il 10 dicembre? Cosa ha causato lo spiaggiamento di ben 7 cetacei e la loro morte sull’istmo di Varano? Inquinamento chimico e radioattivo, o inquinamento sonoro? Che fine hanno fatto gli altri esemplari? Tutte le balene potevano essere salvate? Qualcuna si è per caso riversata sul litorale di Vieste? Forse, era in corso un esperimento bellico? C’è un nesso con il recente ritrovamento nelle acque dell’omonimo e adiacente lago costiero (comunicante con il mare attraverso due canali), di tracce consistenti del radionuclide artificiale cesio 137? Esiste un legame con la presenza a poche miglia dal luogo dell’insabbiamento dei cetacei di numerose navi imbottite di veleni chimici, affondate nell’ultimo trentennio (Et Suyo Maru e Panayota senza citarle tutte)? Proprio dinanzi alla fascia costiera di Capojale e Foce Varano – anticamente una baia marina sulla quale si ergeva la città di Uria – si staglia la minuscola isola di Pianosa, soffocata da numerosi relitti inquinanti e da un tappeto di ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale e al più recente bombardamento della ex Jugoslavia (perfino all’uranio impoverito e tutti di marca angloamericana). Il fenomeno è ben noto ai tanti governi italiani e al padrone Usa. Non è tutto. Al largo del promontorio garganico alcuni ricercatori dell’Icram, oggi Ispra, hanno riscontrato e segnalato alle autorità (già a conoscenza ma silenti) la presenza di un’area sottomarina – diametro 10 miglia – contenente un numero imprecisato di ordigni convenzionali e chimici, alla profondità di 230 metri. Ancora al largo del Gargano, come è noto allo Stato Maggiore della Marina italiana, all’Us Navy ed al Pentagono, ad una profondità variabile tra i 200 e i 400 metri su una estensione notevole insiste un’autentica discarica di bombe chimiche inutilizzate. Basta esaminare i dati dei progetti REDCOD e ACAB per comprendere appieno il disastro ecologico appena annunciato dall’anomala morte di questi nostri fratelli del mare. “Nei capodogli i primi esami hanno rivelato la presenza di embolie gassose” spiegano due cetologi, gli unici esperti che il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, una perfetta incompetente in materia, si è ben guardata dal chiamare in loco. Il nemico numero uno di questo tesoro biologico è l’inquinamento. L’affondo acustico dei sonar militari spaventa i cetacei e li spinge ad un a risalita troppo rapida, in cui trovano frequentemente la morte. I cetacei sono estremamente dipendenti dall’udito per la loro sopravvivenza. Molti esperti sono preoccupati per i cetacei colpiti dall’inquinamento acustico causato dalla navigazione, dalle rilevazioni sismiche, dalle trivellazioni per l’estrazione degli idrocarburi, dalle costruzioni marine e dai dispositivi sonar. La marina militare Usa attualmente sta sperimentando dei cannoni pneumatici che sparano sugli abissi onde sonore fino a 270 decibel con intervalli di 20 secondi. La tolleranza acustica massima dei capodogli è di 150 decibel. La Cetacean International Society pubblica bollettini di cetacei uccisi da questo tipo di contaminazione acustica. Tra l’altro questo organismo scientifico indipendente da lobby economiche e governi ha denunciato una dozzina di esperimenti realizzati in gran segreto nel mar Ligure. Contaminazione causata non solo dai cannoni acustici calibrati, ma anche dai meno conosciuti Surtass Lfai dell’US Navy e della Nato. Si tratta di sistemi sonori per individuare sommergibili con uso di onde sonore di 250 decibel a bassa frequenza di 450-750 Hz. “Dopo una nottata movimentata passata al telefono a sollecitare e avvisare vari enti, la mattina di venerdi 11 dicembre, tre esemplari risultavano ancora vivi mostrandosi relativamente vitali dopo circa 24 ore in una condizione di spiaggiamento. Gli altri erano purtroppo deceduti” denuncia Vincenzo Rizzi, presidente del centro studi naturalistici di Capitanata. “Malgrado la ferma volontà sia nostra che delle centinaia di pescatori locali, di tentare di recuperare i tre esemplari, le istituzioni nazionali da Roma e sottolineo da Roma telefonicamente hanno deciso che gli animali dovevano morire” conclude con le lacrime agli occhi uno dei pochi veri ecologisti della Puglia. Per quale ragione il ministro Prestigiacomo ha decretato la morte a tavolino di questi giganti del mare? Terra Nostra ha interpellato il ministro della Difesa, Ignazio la Russa per sapere quantomeno se era in corso qualche esercitazione militare nella zona, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Allora abbiamo deciso di andare a fondo nell’indagine giornalistica e abbiamo scoperto che la Capitaneria di porto di Termoli, con l’ordinanza numero 46/09, firmata il 20 novembre 2009 dal capitano di fregata Raffaele Esposito, ha interdetto dal primo al 31 dicembre di quest’anno, un’area marina vicina alla zona di spiaggiamento, per consentire la realizzazione di un’esercitazione dell’Aeronautica militare italiana. Nel testo si legge: “lo specchio acqueo centrato nel punto di coordinate latitudine 42°00’00’’ N – longitudine 015°16’00’’ E e per un raggio di 2,5 miglia nautiche, è interdetto alla navigazione, ancoraggio, sosta e pesca comunque effettuata, nonché ogni altra attività direttamente e/o di riflesso connessa agli usi pubblici del mare”. E’ davvero strano che i pescatori del Gargano, come i naviganti civili, non siano stati debitamente informati. Come mai l’autopsia – più simile ad una gratuita macelleria – condotta dai vivisezionatori dell’università di Padova è stata realizzata sugli ultimi due capodogli agonizzanti (esemplari 6 e 7) e non sui primi cetacei arenati per stabilire le cause della morte? Il disastro combinato dai macellai universitari è documentato dalle immagini: questi animali accademici hanno addirittura banchettato sul luogo della carneficina e si sono pure fatti ritrarre in foto ricordo dei trofei. Il ministero ambientale ha stanziato 150 mila euro per le balene che attualmente giacciono in putrefazione sul litorale. Un’altra enormità ingiustificata. Il disastroso evento ha dimostrato che il parco nazionale del Gargano ed il parco marino delle Tremiti sono due carrozzoni, anzi due poltronifici, enti incapaci di articolare il benché minimo intervento, alla stregua della Provincia di Foggia con i balbettanti Pepe e Pecorella. Nel Gargano nonostante convegni e conferenze a spese del contribuente negli ultimi 20 anni, non esiste ancora un osservatorio marino. Le balene sono i nostri antenati evoluti. Queste nobili creature degli abissi non conoscono frontiere, si muovono libere nei mari. Sono la specie simbolo dello stato di salute dei nostri mari. La voce di una balena viaggia fino a 1500 chilometri di distanza: se si ascolta attentamente si comprende che chiede aiuto. Purtroppo gli umani sono la specie più pericolosa sul globo terrestre.