BIOGRAFIA

14.3.17

BARILLA: GRANO DI LABORATORIO E STRANIERO!




di Gianni Lannes

«Entro il 2020 Barilla migliorerà la vita delle persone promuovendo scelte di consumo in linea con la piramide alimentare. Entro il 2020 Barilla offrirà alle persone solo prodotti alla base della piramide ambientale».  Addirittura.  C’è da crederci o è la solita propaganda da mulino bianco che spaccia la tradizione mediterranea come propria, usando comparse cinematografiche per mero profitto economico?



Proviamo a vederci chiaro nel cibo industriale che di naturale non ha nulla, e andiamo sul duro citando la farina del sacco di Parma.

 «Nel 2012 per produrre la sua pasta in Italia, Barilla si è approvvigionata per l’80% di grano italiano. Il restante 20% è stato acquistato principalmente in Nord America e Francia, tra i Paesi produttori del miglior grano duro al mondo.  SVILUPPO DI VARIETA' - Per garantire il mix perfetto di semole per la propria pasta, Barilla non si limita ad acquistare il grano duro migliore sul mercato nazionale e mondiale. Da oltre 20 anni collabora con Produttori Sementi Bologna (PSB), il Centro di Ricerca più importante in Italia per lo sviluppo e la selezione del grano duro, per la creazione di nuove varietà di grano, prodotte attraverso incroci varietali di tipo tradizionale, NON OGM. In particolare, Barilla e PSB si sono focalizzate sullo sviluppo di varietà dal livello proteico ideale per la produzione di pasta, adeguate ad essere coltivate in are geografiche diverse per caratteristiche climatiche e del suolo in tutta Italia. Una volta sviluppate, le sementi vengono affidate a coltivatori che coltivano in Italia direttamente per Barilla: sono circa 20.000 oggi gli agricoltori italiani che producono grano duro per fare la pasta Barilla. Tra le varietà sviluppate e oggi utilizzate: 

SVEVO: un grano coltivato soprattutto nelle regioni Centrali italiane  NORMANNO: una varietà resistente ai climi più freddi, sviluppata per le regioni più settentrionali, come l’Emilia Romagna
AUREO: un grano di qualità eccellente coltivato nel Sud Italia che ci ha consentito di sostituire varietà di alta qualità prodotte nel sud ovest degli USA, incrementando la produzione e la qualità della filiera italiana e riducendo allo stesso tempo l’impatto ambientale. A differenza dei grani del Sud Ovest degli Stati Uniti, infatti, AUREO non viene irrigato. Per questo la produzione di AUREO nel 2011 ha condotto ad un risparmio di oltre 40 MILIONI di m3 d’acqua, senza contare le emissioni di CO2 legate al trasporto di grano dagli USA».
 
Dopo lo spot pubblicitario, ecco un recente lancio dell’Ansa:

«E' stato presentato, oggi a Marcianise (Caserta), nello stabilimento della Barilla, dove si produce la pasta Voiello, l'accordo siglato dalla multinazionale di Parma con gli agricoltori italiani per l'acquisto di 900mila tonnellate di grano duro per la produzione dei vari tipi di pasta. L'intesa, che per la prima volta avrà durata pluriennale - durerà tre anni dal 2017 al 2019 - e vede come partner della Barilla 65mila aziende del Paese per un indotto indiretto di quasi 200mila lavoratori, ruota attorno, in particolare, all'acquisto del grano duro di tipo Aureo, prodotto di alta qualità e di livello proteico elevato - pari al 15,5% - con cui si realizza la totalità delle tipologie di pasta Voiello, vanto della gastronomia campana. L'accordo premia gli agricoltori del Centro-sud, quelli di Abruzzo, Molise, Campania e Puglia, che in tre anni dovranno produrre 210mila tonnellate di grano duro, tra Aureo (130.000 tonnellate) e Svevo (80 mila tonnellate), per un investimento totale da parte di Barilla di circa 62 milioni di euro; per le aziende la remunerazione sarà elevata, pari a 270 euro a tonnellata come prezzo minimo di vendita rispetto ai 150 euro di qualche anno fa. "La Campania - ha spiegato il responsabile del Settore Acquisti del Gruppo Barilla Luigi Ganazzoli - è la Regione in cui i contratti di coltivazione del grano duro hanno avuto lo sviluppo più significativo: nel nuovo accordo i volumi di acquisto del grano Aureo da parte di Barilla sono infatti aumentati del +30% (33.000 tonnellate) rispetto al 2016. La durata triennale dei contratti permette poi alle aziende di programmare e crescere"».

Altro che Mediterraneo, antico e naturale. Il grano aureo, svevo e pigreco della Barilla, viene commercializzato dalla Syngenta AG, vale a dire una multinazionale svizzera che produce semi e prodotti chimici per l'agricoltura. La società è nata il 13 novembre 2000 dalla fusione di Novartis Agribusiness e Zeneca Agrochemicals. Da uno studio del 2009 la società risulta essere il terzo rivenditore al mondo di semi e prodotti biotecnologici, dietro alla Monsanto e alla DuPont Pioneer. La corporation elvetica malgrado sia stata fondata nel 2000, vanta origini remote. Novartis scaturì nel 1995 da una fusione tra Geigy, Sandoz Laboratories e Ciba, società che concentravano le ricerche nel mondo biotecnologico. Zeneca Agrochemicals faceva parte di Imperial Chemical Industries, colosso britannico fondato nel 1926. Per la cronaca documentata: nel 2005 Syngenta si oppose alla messa al bando delle coltivazioni OGM per un periodo di 5 anni stabilito dal governo svizzero. Il 28 novembre 2005 lo stop agli OGM venne attivato, malgrado il parere contrario della Commissione europea e le proteste delle major del settore. Syngenta, come altre società del settore, pratica forme di lobbying nei confronti di partiti politici e candidati a cariche pubbliche.  

Che singolare coincidenza. Nel giorno in cui firma un  accordo triennale con cui si impegna ad aumentare del 40 per cento i volumi acquistati di “grano duro sostenibile” italiano di alta qualità, Barilla annuncia il suo disappunto all’etichettatura della pasta con l’origine del grano: «l’origine da sola non è sinonimo di qualità» ha detto Luca Virginio, responsabile relazioni esterne del gruppo. Secondo Barilla indicare in etichetta solamente l’origine non è sinonimo di qualità. Inoltre, non incentiverebbe i coltivatori italiani a produrre grano con gli standard richiesti dai pastai, compromettendo anziché rafforzare la competitività dell’intera filiera. «Tutto a svantaggio del consumatore”, precisa il responsabile Barilla, “che potrebbe addirittura pagare di più una pasta meno buona. E l’industria della pasta, con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato soprattutto all’estero».



Non è tutto. Il giornale Il sole 24 ore ha annunciato trionfalmente un accordo stretto dalla Barilla con i produttori della provincia di Taranto, un’area purtroppo notoriamente inquinata dall’Ilva ma non solo, in particolare con il consorzio Global Fresh Fruit che ha sede a Massafra, dove è attivo da anni un gigantesco inceneritore di rifiuti del gruppo Marcegaglia:

«Nella Puglia segnata dalle proteste per la guerra del grano, con Coldiretti regionale che denuncia da luglio del 2015 ad oggi nei porti della regione sono stati scaricati oltre 2milioni di tonnellate di grano estero per fare pane e pasta – in testa, nelle importazioni, Ucraina con più 315 per cento di grano tenero per il pane e Canada col 4 per cento in più di grano duro per la pasta – ci sono realtà, nel Tarantino, che, oltre a puntare su produzioni di qualità, sono diventate anche fornitrici di un gruppo di rilievo come Barilla, stipulando contratti che le mettono al riparo dalla svendita del prodotto. La qualità è chiamata «grano aureo» e attraverso il consorzio «Global Fresh Fruit» da due anni i produttori cerealicoli tarantini hanno in piedi un contratto di filiera con Barilla che acquista il loro frumento ad un prezzo minimo garantito. Il contratto funziona così: a settembre, prima ancora della semina, viene sottoscritto un accordo. Da un lato le aziende agricole si impegnano a coltivare sui loro fondi frumento rispettando precisi standard qualitativi, tali da garantire al compratore un prodotto «top quality». Dall’altro, invece, Barilla si impegna ad acquistare tutto il loro raccolto ad un «prezzo minimo garantito» prestabilito. Prezzo che può eventualmente aumentare in base a un calcolo basato sulla media, in un determinato periodo, del prezzo del grano duro al listino della Borsa merci di Foggia. Il contratto di filiera è il primo realizzato nel settore cerealicolo nel Sud e permette di garantire sia i produttori, sul piano del prezzo, che l’acquirente, sul piano della qualità del prodotto e dei quantitativi. Il «grano aureo» è una qualità che si coltiva solo in Italia. Nasce nel 2009, in seguito ad una ricerca e collaborazione del gruppo Barilla con l'azienda «Produttori Sementi Bologna». Col «grano aureo», si evidenzia, si garantiscono parametri d’eccellenza (contenuto proteico e forza del glutine) che classificano questa tipologia come alta qualità, raggiungibile in genere solo in ambienti con condizioni climatiche particolari. Il consorzio «Global Fresh Fruit» ha sede a Massafra ed è stato costituito da sei soci ai quali, con contratti di produzione annuale, si sono via via aggregate altre aziende. Il primo anno sono state 18, quest'anno 56, mentre per la prossima produzione si prevedono circa 150 produttori. Le aziende si trovano in una zona molto estesa del Tarantino che va da Laterza a San Giorgio Jonico. L’anno scorso i produttori del consorzio hanno raccolto 2mila quintali di grano per un valore di 90mila euro, mentre quest’anno hanno raccolto, sui 150 ettari destinati a coltivazione di qualità, circa 6mila quintali per un valore di 180mila euro. Per l’anno prossimo, invece, è stata assicurata a Barilla la coltivazione di 250 ettari che dovrebbero produrre 10-11mila quintali».

Taranto: inquinamento - foto Gianni Lannes (tuti i diritti riservati)

Ma ecco cosa ha dichiarato al Corriere della Sera (edizione del 4 giugno 2013) un responsabile della Barilla:

«Noi abbiamo cominciato nel 1989», racconta Marco Silvestri, responsabile ricerca agronomica di Barilla, «a sviluppare varietà di grano duro che mantenessero standard qualitativi costanti nel tempo». VARIETÀ E MACROAREEE CLIMATICHE - Ma gli studi aziendali sono stati utili anche per affrontare il problema del climate change: «Studiamo varietà che abbiano caratteristiche adattabili a zone di coltivazione diverse. Ci basiamo su macroaree climatiche e in questo modo possiamo spostare gli areali e la produzione in base ai cambiamenti climatici», aggiunge Silvestri. Ad esempio cambiando le coltivazioni dall’Arizona al Sud Italia: «La varietà Aureo, un grano di qualità eccellente, non ha necessità di essere irrigato. Questo ci ha permesso di risparmiare ben 40 milioni di metri cubi d’acqua nel 2011, di incrementare la filiera italiana e di aggirare il problema della siccità». «ATTREZZATO» PER IL FREDDO - Ma il colosso di Parma ha fatto di più. Insieme con il proprio partner di ricerca privato, la Produttori sementi Bologna, ha sviluppato una specie più attrezzata per i climi rigidi, da coltivare sotto casa: «Normanno è una varietà più adatta a essere coltivata nelle regioni del centro-nord Italia, come l’Emilia Romagna, spingendosi fino a certe zone del Veronese e del Mantovano». Per ora, quindi, di spostare le coltivazioni dallo Stivale non se ne parla: «Per l’Italia produciamo circa un milione di tonnellate di pasta all’anno (il 70% della nostra utenza globale)», dicono ancora dall’azienda, «realizzata all’80% con grano italiano». Le campagne del Nord Europa, quindi, possono attendere: «Non è un’area adatta alla coltivazione del grano duro», conclude Pignone. «Il bacino del Mediterraneo resta la zona migliore per questo tipo di specie».  

Quindi, a conti fatti, a fronte di un consumo di 1 milione e 400 mila tonnellate all’anno di grano duro, la Barilla acquisterà nei prossimi tre anni 300 mila tonnellate di frumento inventato in laboratorio, ma prodotto in Italia, addirittura in alcune aree notoriamente inquinate. Se la matematica non è un’opinione basta fare una sottrazione per avere la quantità di 1 milione e centomila tonnellate ogni 365 giorni. All’estero, esattamente, dove si approvvigiona la Barilla e con quali navi approda il grano in Italia? Un porto fantasma è quello di Ravenna.

Ecco la strada da seguire: i grani antichi del Sud Italia. Alti valori proteici e, quindi, nutrizionali, da cui partire per creare un mercato di nicchia rivolto anche ai consumatori intolleranti al glutine: grazie alla ricerca del Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia è stato possibile salvare dalla scomparsa la Saragolla , la varietà per eccellenza di frumento duro, molto diffusa in Puglia e Basilicata, prima di essere soppiantata da altre tipologie di grano con spighe più basse e commercialmente remunerative. La Saragolla è la prima specie di frumento recuperata e iscritta nel registro delle varietà vegetali come varietà da conservazione, ossia quelle minacciate dall'erosione genetica. L'altezza della pianta oscilla tra i 140 e i 160 centimetri, come l'altra antica e pregiata varietà Cappelli; l'epoca di spigatura, poi, è più tardiva rispetto a quella dei frumenti duri più comuni. L'obiettivo è quello di tutelare e valorizzare il patrimonio genetico delle antiche varietà di frumento tipiche, per proporre nuovi prodotti di qualità.


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