BIOGRAFIA

15.3.12

SICILIA: RIFIUTI NUCLEARI A PASQUASIA



I rapporti ENEA certificano il fatto compiuto a danno dell’ignara popolazione. Incompatibili con qualsiasi forma di vita: “tesori” nascosti che regalano malattie e morte a larghe mani, con la benedizione dello Stato tricolore. Le scorie nucleari sono state affondate illecitamente non solo in mare, bensì nascoste anche all’interno della terraferma. Le viscere dell’isola non sono state risparmiate. Siamo a ridosso della miniera di Pasquasia, un’area di 70 ettari, in provincia di Enna, a circa 22 chilometri da Caltanissetta. Quello che un tempo prefigurava un sospetto,  è realtà inconfutabile. Per assassinare questo angolo di sud, il paravento è scientifico. Ecco qualche pagina in materia: ‘Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia. Scienze e tecniche nucleari’ (rapporto Eur 11927 IT, anno 1988); oppure, ‘Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia. Rapporto finale’, edito sempre nell’88, addirittura dalla Commissione delle Comunità europee (European Nuclear Energy Agency). E ancora il più recente: ‘Le ricerche condotte dall’Enea fra il 1976 ed il 1991 sul confinamento geologico delle scorie radioattive a lunga vita e ad alta attività’ (Report RSE/2009/128, a firma di Francesco Zarlenga). Ma diamo un’occhiata alla pubblicazione intitolata ‘Indirizzi generali e pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi’, pubblicata dall’Enea nel 1990. A pagina 189 e seguenti si legge: 

 «…L’Enea aveva da tempo avviato attività preparatorie per la realizzazione di un bacino centralizzato di immagazzinamento di combustibile irraggiato (…) L’Enea è, infatti, l’organo nazionale deputato per legge all’individuazione di soluzioni per l’eliminazione dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia. A tal fine l’obiettivo generale delle ricerche condotte dall’Enea sin dalla fine degli anni ’60 è stato quello di qualificare una o più formazioni geologiche, suscettibili di offrire le migliori condizioni di contenimento plurimillenario dei rifiuti. Fra le numerose formazioni geologiche con caratteristiche generali adatte allo smaltimento dei rifiuti, l’Italia ha scelto prioritariamente i depositi argillosi plio-quaternari (…) Dal punto di vista tecnico, la scelta è giustificata dai caratteri intrinseci delle formazioni argillose, che assicurano la disponibilità di un’efficace barriera alla potenziale migrazione dei radionuclidi dai depositi profondi della biosfera».

 Ecco il succo negato: «sono state avviate le azioni per la costruzione, in collaborazione con l’Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia (EN). Il laboratorio viene costruito nella rampa di accesso ai depositi minerari, ad una profondità di 160 mt. (…) Esistono al momento in Italia le tecnologie per il trattamento e condizionamento, mentre per la custodia di questi rifiuti la saturazione dei magazzini di stoccaggio esistenti e la recente sospensione delle operazioni di affondamento in mare, condotte sotto l’egida della Nea, rendono improrogabile il reperimento di siti di smaltimento su suolo nazionale».


Arresto inspiegabile - Dal 1959 al 27 luglio 1992 la miniera di Pasquasia ha sfornato sali alcalini misti, in particolare Kainite per la produzione di solfato di potassio. Senza preavviso, ha cessato l’attività estrattiva per ospitare nel suo complesso rifiuti nucleari. Scorie delle quali la popolazione non avrebbe dovuto sapere nulla e che, negli anni, hanno seminato malattie e morte. Un silenzio che già nel 1996 aveva provato ad infrangere Giuseppe Scozzari, avvocato e ex parlamentare, che di Pasquasia aveva sentito parlare un anno prima. Quando a Washington, nell’ambito di una conferenza sul combustibile nucleare esausto, era stato diffuso un documento che annoverava la miniera siciliana tra quella «mezza dozzina di siti perfettamente funzionanti» dove, «in Europa Occidentale», «si depositano scorie di basso e medio livello». Scozzari aveva esaminato il caso, presentato un’interrogazione parlamentare e tentato l’ingresso in quel sito. Le istituzioni impedirono - senza una motivazione plausibile - al parlamentare della Repubblica l’accesso. Allo stesso modo in cui, ancora oggi, il governo nazionale e regionale nega la presenza delle scorie, mentre le analisi effettuate dall’Usl  già nel 1997 rivelavano la presenza in quella zona di Cesio 137 in concentrazione ben superiore alla norma. Nel 1995 si era addirittura verificato un inaspettato incidente nucleare, con relativa fuga di radioattività, probabilmente durante una sperimentazione atta ad appurare la consistenza del sottosuolo della miniera su eventuali dispersioni nucleari. Il primo a parlare della presenza del fenomeno era stato, nel 1992, il pentito di mafia Leonardo Messina, già membro della cupola di Cosa Nostra, che lì aveva lavorato come caposquadra. Nel giugno 1992 Messina raccontò a Paolo Borsellino che le gallerie sotterranee venivano utilizzate per smaltire scorie radioattive. Il 19 luglio di quell’anno, il giudice venne disintegrato assieme alla sua scorta di Polizia. Secondo il racconto di Messina - sulla circostanza considerato attendibile dal Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna - le attività illegali, in quella zona, proseguivano dal 1984, quando l’Enea aveva avviato uno studio geologico, geochimico e microbiologico sulla formazione argillosa e sulla sua resistenza alle scorie nucleari. Per Giancarlo Caselli la tematica dell’inquinamento nucleare non è mai stata approfondita in sede giudiziaria. Ovvero: le parole del pentito di mafia Leonardo Messina, secondo il quale, le gallerie sotterranee della miniera di Pasquasia venivano utilizzate per smaltire scorie radioattive, riferite al giudice Paolo Borsellino nel giugno del 1992, non hanno avuto un seguito nelle indagini degli anni a seguire. Questo aspetto non venne mai approfondito, eppure i documenti ufficiali da sempre a disposizione di fatto confermano la testimonianza di Messina.

La miniera era stata chiusa dal 27 luglio 1992, ma precedentemente, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Leonardo Messina - che lavorava proprio a Pasquasia - ha inghiottito scorie radioattive. Infatti, 19 anni fa, il 30 giugno, i magistrati Paolo Borsellino e Vittorio Aliquò ed il questore Antonio Manganelli (attuale capo della Polizia), mettono a verbale le dichiarazioni del collaboratore di giustizia. Manganelli all’epoca sosteneva, secondo quanto riportato da ‘La Repubblica’ del 18 novembre 1992, che «il contributo delle confessioni del pentito Leonardo Messina era assimilabile a quello portato da Tommaso Buscetta».

Nel 1997, la Dda di Caltanissetta aprì un’indagine in merito. Un’inchiesta chiusa con l’archiviazione che ha portato il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ad opporre il segreto alla richiesta della Provincia di Enna di conoscere gli atti del fascicolo. Poco prima, però, il consulente della Procura di Caltanissetta Giorgio Lombardo aveva messo nero su bianco di aver curato, su mandato di Resais, “lo smantellamento, la messa in sicurezza ed il ritiro delle sorgenti radioattive certificando l’avvenuta bonifica nucleare del sito”.

Sempre la procura di Caltanissetta aveva disposto un’ispezione su una galleria profonda 50 metri, costruita all’interno della miniera proprio dall’Enea, e aveva rilevato la presenza di alcune centraline di rilevamento rilasciate dall’Ente, ma che non si riuscì a chiarire che cosa esattamente dovessero monitorare. Forse la radioattività? Agli inizi degli anni ’80, l’Unione europea diede incarico all’Italia di studiare la possibilità di approntare in quella parte di Sicilia un sito per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi. Venne scelta quella zona in particolare perché ricca di argilla, materiale considerato come un potente schermo naturale per la copertura di quelle scorie. Forse all’Ue, e al governo italiano dell’epoca sfuggì il fatto che quella miniera sfamasse più di 500 famiglie, e che la Sicilia fosse una regione ad alto rischio sismico. Insomma,  il sito di Pasquasia non è un luogo idoneo per la conservazione in sicurezza di spazzatura nucleare. 

Ingresso vietato - In quello stesso anno anche Ugo Maria Grimaldi, all’epoca Assessore al Territorio e Ambiente alla Regione Sicilia, aveva tentato di entrare a Pasquasia con tecnici ed esperti. E come Scozzari, aveva incontrato insormontabili difficoltà. “Non volevano che entrasse la televisione”, racconta lui stesso in un’intervista rilasciata a ‘Ennaonline’ il 16 marzo del 2001. “Non volevano nel modo più assoluto che si vedessero i pozzi. Quando poi sono riuscito ad entrare all’interno della miniera, la cosa più strana che vidi era che uno di quei pozzi, che loro chiamavano bocche d’aria o sfiatatoi enormi e profondi, dal diametro di più di 15 metri, era stato riempito con materiale che di sicuro era stato trasportato all’interno della miniera per chiudere, per tappare in modo definitivo quella bocca. E non si tratta di materiale buttato dentro casualmente, come può verificarsi in una miniera temporaneamente chiusa, come quando qualcuno che vede una pietra e che la butta dentro. Qui si tratta di TIR carichi di materiale che poi hanno buttato dentro appositamente per seppellire e nascondere un qualcosa”. Solo uno dei 4 pozzi misura una profondità di 1000 metri, mentre gli altri variano dai 750 ai 293 metri. Nella stessa intervista Grimaldi cita uno studio epidemiologico di Maurizio Cammarata, oncologo all’ospedale di Enna, che 15 anni fa aveva rilevato un preoccupante incremento di casi di leucemia e tumori nell’ordine del 20% nel solo biennio 1995-96. “Ebbi a denunziare che l’intera Sicilia rischiava di essere trasformata in una pattumiera dell’Europa”. Le iniziative di Grimaldi, come quelle di Scozzari, non approdarono ad alcun risultato concreto e la vicenda Pasquasia sprofondò nuovamente nel dimenticatoio. Almeno fino 2007, quando Angelo Severino, direttore del periodico ‘L’Ora Siciliana’, riaprì il caso citando anche l’esistenza di documenti che proverebbero la tesi della presenza di scorie nucleari nella miniera. Già nel 2003, al termine di una riunione, coordinata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, i Ministri Altero Matteoli, Antonio Marzano, Carlo Giovanardi, Giuseppe Pisanu e il Sottosegretario Gianni Letta, gli esperti del Governo avevano indicato «Pasquasia come uno dei venti siti nazionali idonei allo stoccaggio di materiale radioattivo. Perché annoverato tra quelli con presenza di salgemma ritenuti per anni particolarmente adatti al confinamento delle scorie radioattive in virtù dell’impermeabilità dell’acqua delle strutture saline».

Nessuna risposta - In materia sono state presentate, nel 2011, ben tre interrogazioni, due al Senato ed una alla Camera dei Deputati. Né tantomeno Monti hanno fornito una spiegazione. I Senatori Felice Belisario e Fabio Giambrone, nell’interrogazione numero 4-04640 del 26 febbraio 2011, scrivono che «la miniera di Pasquasia, in provincia di Enna, è stata la terza più importante miniera del mondo per estrazione di sali alcalini misti per la produzione di solfato di potassio. Detta miniera, che occupava 500 persone in un territorio ad alto tasso di disoccupazione, è stata senza alcun giustificato motivo chiusa nel 1992; la miniera, che oggi di fatto versa in stato di abbandono, viene considerata una bomba ecologica in quanto risulterebbe accogliere rifiuti pericolosi di vario tipo (percolato, amianto, rifiuti speciali e, non ultimo, rifiuti radioattivi), con il rischio quindi di conseguenze pericolosissime per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Sui pericoli di Pasquasia sono state aperte diverse inchieste giudiziarie, da ultimo quella della magistratura di Enna del 28 gennaio 2011 (…) nel 1997 l’Azienda sanitaria locale di Enna segnalava la presenza, in quantità fuori dalla norma, di Cesio 137 (sostanza prodotta dalla fissione nucleare); secondo studi epidemiologici dell’ospedale di Enna il livello di incidenza di tumori e leucemie nella provincia, priva di altri stabilimenti industriali, è tra le più alte d’Italia, ivi incluse le aree industriali del Nord, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo intendano chiarire con urgenza l’attendibilità dell’allarme da anni diffuso nel territorio di Pasquasia; come si intenda intervenire, una volta accertato che la miniera abbandonata sia oggi diventata una discarica abusiva di rifiuti pericolosi di ogni tipo, per bonificare il territorio interessato e rimuovere ogni rischio per la salute dei cittadini, per l’ambiente e le falde acquifere; se siano mai state adottate misure idonee a garantire la protezione sanitaria contro i pericoli delle radiazioni, di cui al capo III del titolo II del trattato Euratom (firmato a Roma nel 1957), ed in particolare le misure necessarie a mantenere un elevato livello di sicurezza in materia di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi». Il successivo 28 marzo, sei parlamentari del Pd, prima firmataria Elisabetta Zamparutti, puntualizzavano che «risultano ancora secretati gli atti che negli anni la procura di Caltanissetta ha acquisito». 

Successivamente, il senatore Vincenzo Oliva ha interrogato infruttuosamente il Ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, specificando, tra l’altro che «il Consiglio dei ministri il 18 febbraio 2005 aveva decretato per Pasquasia lo stato di emergenza includendola tra le aree da mettere in sicurezza». Pochi giorni dopo, nell’aprile dell’anno scorso, il Governatore Raffaele Lombardo è stato interrogato per tre ore dal sostituto procuratore della Repubblica di Enna, Marina Ingoglia. Il Presidente ha fatto riferimento ad una sorgente radioattiva, rilevata a 300 metri di profondità, che ‘potrebbe’ essere collegata ad alcuni esperimenti condotti dall’Enea. “Non so di chi sia la responsabilità ma non c’è dubbio che i responsabili dovranno dare una risposta non solo all’autorità giudiziaria ma anche alla comunità” ha dichiarato alla stampa dopo l’interrogatorio.

Conferma ufficiale - Pasquasia è un deposito di scorie radioattive. Uno studio dell’Agenzia internazionale atomica (IAEA) - risalente al 1985 (pagina 239) - segnala il sito di questa miniera di sali potassici in provincia di Enna, quale luogo di sperimentazioni nucleari dell’Enea (ente nucleare dello Stato italiano).
Non è tutto. Ancor prima «Una commissione europea stilò nel 1977 una lista che individuava in Italia 134 siti idonei ad ospitare un deposito geologico per i rifiuti radioattivi; i siti individuati sarebbero: in Sicilia Regalbuto, Agira, Assoro Villapriolo, Pasquasia, Resuttano, Salinella, Milena, Porto Empedocle, Realmonte, Montallegro; in Calabria Fiume Neto e in Basilicata Scanzano; considerato che: nove dei comuni accreditati come possibili sedi del deposito nazionale per le scorie radioattive si troverebbero in Sicilia e fra questi sei soltanto nelle provincie di Caltanissetta ed Enna; i territori siciliani risultano essere ad alto rischio sismico e ciò li renderebbe assolutamente non idonei alla localizzazione di scorie nucleari (…)». 

E’ il testo di un’interrogazione parlamentare (numero 4-07654), presentata da Natale Ripamonti il 10 novembre 2004, indirizzata all’allora Ministro dell’Ambiente e per la tutela del territorio, Altero Matteoli. Né il Governo Berlusconi, né tantomeno il governo Prodi e quello MONTI hanno mai fornito risposta; tant’è che l’iter è tuttora in corso. Il senatore dei Verdi chiedeva di sapere «se, tenendo conto del rischio sismico e delle particolari condizioni di precarietà dal punto di vista economico, sociale, di ordine pubblico e ambientale, che caratterizzano i territori siciliani di cui in premessa, vi sia la volontà di garantire un’esclusione certa e definitiva dei comuni siciliani dalla scelta di localizzazione del sito nazionale per le scorie nucleari; quale sia la valutazione del Governo in ordine alle modalità con cui garantire una reale e concreta informazione nei confronti delle popolazioni locali, delle istituzioni locali e del Parlamento riguardo alle iniziative assunte in questi mesi e che si intende assumere successivamente; se non si ritenga opportuno sostenere presso la Comunità europea la necessità di evitare la modifica delle norme comunitarie al fine di non provocare gravi conseguenze sanitarie, sociali, economiche e per ribadire che le scorie nucleari devono essere smaltite nel paese in cui vengono prodotte».

Inoltre, a proposito di Matteoli, si legge nell’interrogazione: «lo stesso Ministro aveva ammesso (‘Il Corriere della Sera’, 3 dicembre 2003) il problema dei 60.000 metri cubi di scorie in arrivo dall’Inghilterra e garantito che avrebbe chiesto all’Unione europea di modificare la norma comunitaria che impedisce lo smaltimento di scorie di un paese diverso da quello dal quale sono prodotte; il 26 novembre 2004 Sergio D’Offizi, responsabile Area territorio ed ambiente della società Sogin, che gestisce lo smaltimento delle scorie, avrebbe dichiarato al ’Corriere della Sera’ che «tra i possibili siti vi sono Regalbuto, Agira, Assoro in provincia di Enna e Resuttano in provincia di Caltanissetta».

Secondo l’interrogazione parlamentare di Ripamonti «attualmente numerosi studi medici forniscono prove indiziarie in base alle quali si può dedurre che l’80-90% di tutti i tumori sono dovuti, direttamente od indirettamente, a fattori ambientali e almeno il 90% di questi fattori sono di natura chimica. Non meno preoccupanti risultano i dati relativi ai rischi di malformazioni fetali, malattie che colpirebbero organi vitali, ecc.».

Omicidio Fragalà - La miniera di Pasquasia potrebbe entrare nell’inchiesta sull’assassinio di Vincenzo Fragalà, l’avvocato picchiato a morte nel centro di Palermo il 23 gennaio 2010. In una lettera risalente al 13 dicembre 2010 spedita dall’avvocato palermitano all’allora viceministro per il Commercio estero Adolfo Urso, 40 giorni prima di essere ucciso, Fragalà chiedeva l’attenzione del governo sulla miniera di Pasquasia. Questa specifica vicenda il noto penalista l’aveva affrontata ripetutamente durante la sua carriera di parlamentare, l’ultima volta con un’interpellanza presentata il 22 aprile 2002 (atto ispettivo numero 2-00308).

Attualmente è aperta un’inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica di Enna, incentrata esclusivamente sul grave stato di inquinamento superficiale del sito, non dei suoi 4 pozzi, uno dei quali a mille metri di profondità. Giuseppe Valentino, il 5 giugno 2002 (seduta 154), allora Sottosegretario di Stato per la Giustizia, ha specificato: «In particolare, sulla base di un programma di interventi di bonifica e messa in sicurezza di urgenza predisposto dall’ENEA, sono state già realizzate le relative opere a cura della Resais». 

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