15.1.13

NAVI DEI VELENI: ILARIA ALPI, NATALE DE GRAZIA...

di Gianni Lannes




I fatti (repetita iuvant). Premessa: la mia inchiesta sul campo (mare, archivi di ogni genere, testimonianze dirette), durata 4 anni, ha consentito di scovare 203 navi dei veleni nel Mediterraneo ed un migliaio di containers, ed altro ancora. Nonostante impedimenti istituzionali, attentati e minacce di morte. Come avevamo sempre intuito e scritto in tempi non sospetti, il capitano Natale De Grazia non è morto d'infarto, ma è stato avvelenato la notte tra il 12 ed il 13 dicembre 1995. Ora ad avvalorare la tesi arrivano i risultati di una perizia sulla documentazione medica esistente disposta dalla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti che ha rilevato come nel corpo del Capitano vi siano delle tracce tossiche. Natale De Grazia stava indagando - per conto della magistratura - su 180 inabissamenti dolosi.

Il comandante De Grazia aveva tracciato una mappa delle navi imbottite di rifiuti tossici affondate nel Tirreno, nello Jonio e nell'Adriatico. Con elaboraziopni sulle mappe nautiche era persino riuscito a tracciare le coordinate dove presumibilmente era affondata la Rigel, al largo di Capo Spartivento. E l'aveva comunicato telefonicamente al giudice Nicola Maria Pace (deceduto recentemente).

Oggi il Capitano Natale De Grazia avrebbe 56 anni e ancora non è stata portata a termine dalla magistratura italiana la sua scottante indagine.

Il perito, professor Giovanni Arcudi, ha indicato gli elementi da cui deduce l’avvelenamento del capitano Natale De Grazia.  L’ufficiale era partito verso sera, il 12 dicembre 1995, da Reggio Calabria per La Spezia, assieme a due carabinieri. A tarda sera si erano fermati per mangiare, fuori dall’autostrada, in un ristorante della zona di Salerno. Una rapida cena, per ripartire subito verso la Liguria.

Meno di mezz’ora dopo gli eventi precipitano. Li descrive Arcudi, il consulente della Commissione parlamentare sui rifiuti: «Il capitano De Grazia», scrive il perito, «subito dopo aver mangiato e messosi in macchina ha cominciato a dormire e quindi a russare in modo strano; a un certo punto reclina la testa sulla spalla e per questo viene scosso dall’occupante il sedile posteriore dell’autovettura; a questa sollecitazione reagisce sollevando il capo ma non svegliandosi e senza dire alcunché se non emettendo un suono indefinito; quindi poco dopo reclina definitivamente la testa e non risponde più alle sollecitazioni».

Viene aperta un’inchiesta dal pm Giancarlo Russo della Procura di Nocera Inferiore, che ordina l’autopsia, affidata alla dottoressa Simona Del Vecchio, medico legale di Roma. Il referto? «Morte improvvisa dell’adulto». La Procura archivia il fascicolo nel 1996: nessun mistero, morte naturale. 

La famiglia del capitano De Grazia non è affatto convinta dei risultati dell’autopsia e dell’inchiesta. Nel 1997 la vedova, Annamaria Vespia, presenta un esposto, chiedendo una seconda perizia sul corpo del marito. Il pubblico ministero Russo, decide per la riesumazione del cadavere e incarica dei nuovi accertamenti – fatto piuttosto singolare – la stessa dottoressa Del Vecchio. La quale conferma i risultati della prima autopsia: morte naturale per arresto cardio-circolatorio. Nel luglio 1998 l’inchiesta viene archiviata per la seconda volta.

Nel frattempo, alla capitaneria de La Spezia le stanze dell’archivio dove si trovavano i documenti cercati da De Grazia hanno subito un improvviso allagamento. Tutto è andato perduto. Medesimo copione alla direzione marittima di Ravenna, dove De Grazia aveva chiesto una marea di carte. Sembrano eventi con un'unica regia.

Adesso la nuova perizia attesta inequivocabilmente: «L’indagine medico legale condotta dalla dottoressa Del Vecchio», scrive Arcudi, «si è conclusa con una diagnosi di morte improvvisa dell’adulto, facendo intendere che vi fossero in quel quadro anatomo e istopatologico elementi concreti che potevano ben sostenere detta diagnosi. Questo non corrisponde alla verità scientifica. Ho evidenziato», sottolinea il professor Arcudi, «come la lettura dei preparati istologici effettuata in questa sede smentisca quella della dott.ssa Del Vecchio».

«Questo significa», continua, «che, allo stato, non c’è nell’intera indagine alcun dato certo che possa supportare la morte improvvisa dell’adulto; diagnosi causale di morte, questa, che deve essere ritenuta non provata e nemmeno connotata da apprezzabili probabilità. Se noi qui dobbiamo fare una conclusione al termine di questa indagine dobbiamo dire che il capitano De Grazia non è morto di morte improvvisa mancando qualsivoglia elemento che possa in qualche modo rappresentare fattore di rischio per il verificarsi di tale evento. Si trattava infatti di soggetto in giovane età, in buona salute, senza precedenti anamnestici deponenti per patologie pregresse, che conduceva una vita attiva e, come militare in servizio, era sottoposto alle periodiche visite di controllo dalle quali non sembra siano emersi trascorsi patologici».

«L’esame necroscopico», specifica il perito, «al contrario di quanto è stato prospettato attraverso una analisi non attenta e piuttosto superficiale dei reperti anatomo ed istopatologici, non ha evidenziato nessuna situazione organo funzionale che potesse costituire potenziale elemento di rischio di morte improvvisa. E nemmeno quanto riferito dalle persone che erano presenti alla morte e che ne seguirono le fasi immediatamente precedenti, si accorda con una ipotesi di morte cardiaca improvvisa».

Ed ecco le conclusioni cui arriva il professor Arcudi: «Morte cardiaca secondaria a insufficienza respiratoria da depressione del sistema nervoso centrale, come suggestivamente depone il quadro di edema polmonare così massivo, incompatibile quasi con un arresto cardiaco improvviso del tutto asintomatico; come suggestivamente depongono le manifestazioni sintomatologiche riferite da chi ha potuto osservare il sonno precoce, il russare rumoroso, quasi un brontolo, la risposta allo stimolo come in dormiveglia, il vomito».

Tutti questi sintomi si possono accordare unicamente alla «sola causa tossica». Che tuttavia non è, e non sarà mai più individuabile: «Purtroppo è stata irreversibilmente dispersa la possibilità di indagare seriamente sul versante tossicologico, da una parte per superficialità e forse inesperienza di chi aveva posto i quesiti con scarsa puntualità e poco finalizzati; dall’altra per l’insipienza della indagine medico legale che ha ritenuto trovarsi di fronte ad una banale morte naturale ed inopinatamente si è subito indirizzata, trascurando l’indagine globale, alla esclusiva ricerca di droghe di abuso in un caso nel quale, se c’era una ipotesi se non da scartare subito almeno da considerare per ultima, era proprio quella di una morte per abuso di sostanze stupefacenti; e pervicacemente ha insistito sulla stessa linea anche nella seconda indagine necroscopica».

L'esperto Arcudi, inoltre, fa riferimento a superficialità e insipienza. Ma è evidente che la condotta della Procura e della anatomo-patologa lasciano aperte altre domande inquietanti.

Anche perché le stranezze che circondano le inchieste dei magistrati Francesco Neri (Reggio Calabria) e Nicola Maria Pace (Matera) sul nucleare di Stato (Cnen-Enea), sono numerose: oltre all’omicidio del capitano De Grazia, c’è la scomparsa di alcuni faldoni sottratti dagli archivi della Procura di Reggio Calabria.

Ed inoltre, il tentativo di delegittimazione nei confronti del giudice Neri da parte dell’allora presidente della Commissione Alpi-Hrovatin, l'avvocato Carlo Taormina (già sottosegretario di Forza Italia), che cercò di far aprire contro di lui un’inchiesta da parte della Procura di Roma (archiviata).

Infine: non esiste più anche la cartella sanitaria del capitano De Grazia. Il 18 giugno 2012 il comando del dipartimento marittimo militare di Taranto ha comunicato alla Commissione parlamentare che «la cartella Sanitaria dell’Ufficiale superiore nominato in argomento è stata distrutta in data 15 febbraio 2011». Naturalmente «in ottemperanza alle norme in vigore che prevedono la distruzione delle pratiche personali riservate e ordinarie di Ammiragli/Ufficiali deceduti da oltre 10 anni». 

Natale De Grazia è stato fermato appena in tempo, prima che arrivasse troppo lontano. Vale a dire, troppo in alto.

Ecomafie di Stato - Dagli atti della Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, il dottor Marcello Fulvi, dirigente della Digos di Roma, in un'informativa del 3 febbraio 1995 cita il sopraddetto Marocchino (consulente della Commissione parlamentare presieduta da Taormina) e scrive: «si comunica che [...] personale di questo ufficio ha avuto un incontro con una fonte di provata attendibilità, la quale ha confidato che mandante sarebbe il noto Marocchino Giancarlo, il quale avrebbe ordinato l'uccisione della giornalista». Lo stesso imprenditore racconta alla Commissione parlamentare d'inchiesta di essere accorso per primo a Mogadiscio sul luogo dell'omicidio.

Giancarlo Marocchino non risulta, ad oggi, essere mai stato indagato né per l'omicidio della troupe italiana né per l'attività illecita di traffico di rifiuti tossici.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi, il 20 marzo 1994, mentre si trovavano a Mogadiscio come inviati del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d'armi e di rifiuti tossici illegali in cui probabilmente la stessa Alpi aveva scoperto che erano coinvolti anche l'esercito ed altre istituzioni italiane.

Il sopraccitato documento elenca inoltre numerosi casi di esportazione illegale di rifiuti. Da questo dossier emergerebbe poi come il traffico illegale di rifiuti pericolosi si sia evoluto e ramificato: da attività individuali, si è organizzato in una «rete», in cui i nomi di persone e imprese sono stati segnalati più volte da investigatori e magistrati ricorrendo con cupa frequenza;

Emerge altresì un ulteriore elemento di novità in merito alla ricerca in mare, nel 2009, del relitto della «Cunski», al largo di Cetraro (dove ci sono almeno 6 relitti di navi, di cui una coperta dal segreto di Stato), che si aggiunge agli altri già evidenziati a febbraio 2010. Nell'ottobre dell'annno 2009 l'allora ministro per l'Ambiente Prestigiacomo ed il procuratore nazionale antimafia Grasso, già beneficiato dal governo Berlusconi (appena candidato al parlamento nel PD) insabbiarono maldestramente la vicenda, ma furono  da me smascherati il 9 febbraio 2010. Nell'archivio Rai del Tg 3 di Roma, è presente il video della conferenza stampa nella sede della Cgil di Cosenza. In quell'occasione, prove alla mano, ho dimostrato inequivocabilmente che nave Catania non è affondata come sostenevano Prestigiacomo e Grasso senza produrre uno straccio di prova, al largo di Cetraro nel 1917, bensì, come attestano i documenti tratti dall'Archivio storico della Marina Militare italiana, nel 1943 al largo del Golfo di Napoli. Ergo: la stessa nave Catania non può essere scambiata per la Cunski (piena di scorie radioattive).

Per le indagini della Procura della Repubblica di Paola (in provincia di Cosenza), nell'ottobre del 2009 il Governo italiano ha utilizzato una nave per le ricerche sottomarine denominata  «Mare Oceano», di proprietà della famiglia Attanasio.

Diego Attanasio è un armatore napoletano con una flotta di sette navi oceanografiche e teste centrale dell'affaire «Mills-Berlusconi».

A suo tempo, il Ministero britannico della difesa ha offerto mezzi e personale qualificato a un prezzo inferiore rispetto a quello proposto dai proprietari di Mare Oceano; non sono tuttavia note le ragioni per cui l'offerta britannica sarebbe stata rifiutata così come i termini del contratto tra la nave «Mare Oceano» e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

L'Agenzia europea dell'ambiente in un rapporto del 2009, ha chiarito come il traffico illegale di rifiuti tossici sia un problema rilevante e non sanato e che il divieto dell'export di rifiuti tossici tra Paesi OCSE e non-OCSE sancito dalla convenzione di Basilea, sia ben lontano dall'essere pienamente applicato.

Da operazioni investigative effettuate dalla magistratura e da indagini delle forze dell'ordine emerge l'esistenza di decine di «relitti sospetti». Il loro numero varia da cinquantacinque (deposizione dall'ammiraglio Bruno Branciforte al Copasir: come riferita dal quotidiano Calabria Ora, 26 settembre 2009), a quarantaquattro (comunicazione trasmessa dalla direzione marittima di Reggio Calabria alla Commissione antimafia il 27 ottobre 2009) a trentanove (per il periodo 1979-1995: relazione conclusiva del 25 ottobre 2000 della Commissione bicamerale sui rifiuti).

Infine: il TG 1 della Rai, mi aveva chiesto un'intervista che prontamente ho rilasciato ma che non è mai andata in onda. Almeno in Italia, perché in Finlandia la televisione ha realizzato addirittura un documentario sulla gigantesca discarica nucleare italiana. Ho chiesto conto al collega della radiotelevisione italiana. La risposta è stata imbarazzante: il servizio erà già pronto quando è giunto un ordine dalla direzione di viale Mazzini di sospendere la messa in onda.


 

2 commenti:

  1. Se non sbaglio, dovrebbe essere la Procura di Paola(CS), non quella di Palmi(RC)...Cetraro è in provincia di Cosenza

    Francesco Forestiero

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  2. In effetti la Procura della Repubblica che ha aperto le indagini sul caso di Cetraro (procuratore capo Giordano), per competenza territoriale è Paola in provincia di Cosenza.

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