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di Gianni Lannes
Quando storia e geografia si fondono come per magia riemergendo dai secoli nebulosi del passato sgorga la meraviglia. Ecco un relitto del Medioevo sopravvissuto alle intemperie degli uomini, diventato un set cinematografico (il film Ladyhawke). Oggi chi si arrampica a Rocca Calascio nel cuore montano dell'Abruzzo torna indietro nel tempo come in un gioco fiabesco. Il castello che si staglia a 1500 metri d'altitudine sovrastando il borgo di Calascio e la valle del fluente Tirino, è ormai visibile nelle superstiti strutture architettoniche, nelle quattro possenti torri angolari in bianca pietra calcarea che catalizzano magneticamente lo sguardo di chi si avventura in questo rude lembo di Appennino. A sud ovest si intravedono i monti Sirente e Velino, a nord il Gran Sasso e Campo Imperatore nonché Castel del Monte, a sud la piana di Navelli, a est la Maiella. In questa posizione strategica il fortilizio aveva non solo un'importanza militare allorché le comunicazioni tra gli innumerevoli occhi del sistema difensivo erano i fuochi di notte e gli specchi di giorno, ma anche economica, legata alla pastorizia, alla produzione della pregiata lana carapellese e quindi alla transumanza che aveva nel Tratturo Magno. Attraverso la piana di Navelli, la sua via d'erba principale per la mena delle pecore da Aquila a Foggia.
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Tra il castello e il paese ai suoi piedi corrono alcuni secoli di storia: in origine verso l'anno Mille, era solo una quadrangolare torre isolata, collegata visivamente al sistema difensivo della Baronia di Carapelle Calvisio, che in un documento del 1380 sarà per la prima volta citata come Rocca Calascio. Verso il 1200 il centro abitato iniziò a formarsi come per gemmazione, calando verso valle. Dopo il devastante terremoto del 1461, quasi quattro lustri più tardi (anno 1480) il feudatario Antonio Piccolomini fece erigere ben quattro torri attorno al poderoso maschio. Nel 1600, allorché la proprietà era passata alla famiglia Medici di Firenze, si contavano circa 800 abitanti, non pochi per le condizioni ambientali sfavorevoli.
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Un altro evento sismico di portata catastrofica si abbattè nell'area settentrionale aquilana nel 1703, a seguito del quale crollò il castello e fu distrutto il borgo. I terremoti, l'isolamento, la povertà di un'economia pastorale furono le cause del progressivo spopolamento, fenomeno ormai sempre più diffuso nell'Abruzzo interno, costituito da centinaia di paesini disabitati o con sparuti residenti avanti nell'età.
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Questo antico gioiello
dell'Abruzzo merita di conoscere una vera rinascita (evitando il rovinoso turismo di massa) che faccia
risorgere il luogo dalle sue radici e cancelli le brutalità delle
new town berlusconiane, dislocate pochi chilometri più a valle da crassi
politicanti arraffoni.
Riferimenti:
https://www.edizionimondonuovo.com/catalogo/litalia-trema/
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2021/12/il-cuore-antico-dellabruzzo.html
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