21.5.20

IL NUOVO CORONAVIRUS MUTA IN CONTINUAZIONE: IL VACCINO È INUTILE!





Uno staff medico, composto da 13 tra ricercatori e medici legali, condotto dal dottor Pasquale Mario Bacco, ha collaborato, ognuno per le proprie competenze, con la Meleam, la società per azioni di Bitonto che ha commissionato lo studio. Meleam è un gruppo aziendale che offre un servizio globale alle imprese nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro e della gestione della certificazione aziendale; è dotata di diverse aree che si occupano di qualità e ambiente, antincendio e antinfortunistica, medicina polispecialistica.

Lo studio indipendente, commissionato senza fini di lucro, analizza l’incidenza del COVID-19 tra la popolazione “clinicamente sana”, attraverso la ricerca degli anticorpi contro il virus Sars Cov 2.
La ricerca, infatti, è stata estesa a tutte le regioni italiane e alla Repubblica di San Marino per valutare il contrasto nell’incidenza del virus in rapporto alle condizioni ambientali.

Sono stati eseguiti in totale 7038 test per la ricerca del coronavirus. Sono stati sottoposti a test sierologico solo soggetti che, in base ai dati e alle loro dichiarazioni, erano in buona salute generale (quindi al massimo con presenza di patologie che non interferivano con la normale attività quotidiana o con i meccanismi di infezione del Covid19) e solo soggetti che durante questa emergenza sanitaria, facendo parte di aziende non sottoposte a chiusura per codici ATECO, hanno continuato a lavorare almeno 4 giorni a settimana, minimo 6 ore al giorno, dunque soggetti non sottoposti a protezione eccezionale se non quelle delle prescrizioni base: distanza di sicurezza, mascherina protettiva e guanti. Sono state quindi escluse le professioni che prevedono delle forme aggiuntive di tutela, quali possono essere le professioni sanitarie e forze dell’ordine, e questo al fine di valutare la reale incidenza dei luoghi di lavoro e degli spostamenti.


I campioni analizzati sono rappresentativi di tutte le età (eccetto over 60 e under 18) e di tutti i livelli lavorativi (ufficio, linea di produzione, rappresentante, back office, livello manageriale) allo scopo di determinare una eventuale incidenza del virus sui lavori più o meno usuranti fisicamente e psicologicamente, che incidono soprattutto sulla velocità ed intensità della risposta immunitaria.
Sono stati sottoposti a test soggetti dichiaratisi sieropositivi per H.I.V. e soggetti dichiaratisi affetti da anemia mediterranea (beta talassemia).

Per verificare eventuali risultati di maggiore o minore incidenza, si è introdotto il dato alimentare (vegani, vegetariani ed onnivori) e si è analizzato un campione di soggetti che hanno dichiarato di essersi sottoposti a vaccinazione antinfluenzale.
 COSA HA DETTO LO STUDIO
  1. la reale presenza del COVID-19 sul territorio nazionale. Il 30% della popolazione è entrata in contatto con il COVID19;
  2. l’incidenza del clima nello sviluppo e nella selezione del COVID19: il COVID19 come tutti i coronavirus è condizionato in maniera determinante dal clima. Quindi scomparirà in estate per poi riapparire con lo scendere delle temperature.
  3. Quali sono le zone d’Italia più esposte: essendo sensibile al clima, il COVID19 si manifesterà sempre in maniera più incisiva nelle zone più fredde d’Italia. Quindi anche ad uguale “concentrazione”, la patogenicità del virus sarà sempre maggiore al nord, rispetto al sud Italia/Europa.
  4. Indicazioni concrete dello spostamento del virus sul territorio nazionale: il COVID19 si è spostato verso il sud già da fine 2019 ed ad inizio 2020 era già presente (risultato evidenziato dall’incidenza delle IGG tra i positivi). Concentrazioni inferiori e minore capacità aggressiva per via del clima, hanno reso la maggior parte delle infezioni, soprattutto le prime, quasi asintomatiche.
  5. L’incidenza degli asintomatici: quasi il 90% degli infetti non ha manifestato nessuno dei sintomi riconducibili al COVID19, primo tra tutti l’aumento della temperatura corporea.
  6. Il vero tasso di mortalità: la mortalità diretta da COVID19 non è superiore all’2%. Se non si considera la fascia d’età superiore a 55 anni, l’incidenza scende al di sotto dell’1%.
  7. Il ruolo, nella diffusione, delle varie fasce d’età: i veri untori sono stati i soggetti fino ai 30 anni, quasi sempre completamente asintomatici, hanno infettato ed amplificato il resto della diffusione.
  8. Conferma del ruolo degli estrogeni sull’espressione dei recettori cellulari, nella minore incidenza nel sesso femminile: le donne presentano ovunque, tranne rarissimi casi, un’incidenza inferiore della capacità del COVID19 di infettare. È quindi evidente che presentano un ostacolo più arduo per il virus proprio nella fase iniziale dell’infezione (dove sono fondamentali i recettori cellulari), più che nella manifestazione clinica.
  9. I soggetti realmente più esposti: le fasce di età più giovani, almeno fino ai 30 anni, presentano un’incidenza di positività agli anticorpi più che doppia rispetto alle fasce più anziane, che invece sono quelle che quasi unicamente manifestano i sintomi.
  10. Correlazione tra abitudine voluttuaria al fumo e infezione: la percentuale di positivi tra i soggetti fumatori è leggermente più alta (+3%), ma non tale da poter determinare una conclusione valida; con un eccesso di zelo potremmo collegarla alla risposta immunitaria che nei fumatori generalmente è più lenta e meno efficace. Sicuramente sappiamo che il percorso clinico è fortemente influenzato dall’essere o meno fumatori per svariati motivi tra cui il più importante è una condizione infiammatoria basale che accentua i danni da malattia.
  11. Correlazione tra vaccinazione influenzale e infezione: i dati negano la possibilità di una maggiore esposizione al virus dei soggetti vaccinati.
  12. Correlazione tra abitudini alimentari (alimentazione vegana, vegetariana ed onnivora) ed incidenza dell’infezione: nessuna differenza di rilievo si è riscontrata tra i soggetti con diverse abitudini alimentari, tranne una leggera maggiore incidenza negli onnivori. Anche in questo caso si può ipotizzare che potrebbe avere un ruolo, con meccanismi simili al fumo, una risposta immunitaria notoriamente più lenta e meno efficace nei consumatori abituali di proteine animali.
  13. Incidenza sui soggetti affetti da beta talassemia: i beta talassemici sottoposti a test sono risultati, tranne 5, tutti negativi. Questo confermerebbe che l’alterazione delle catene beta è una validissima profilassi per il covid19, molto più efficace che come terapia.
Stando ai dati dello studio, secondo il professor Bacco, emerge che:
  1. Il virus, come tutti i coronavirus, determina immunità; un soggetto su due ha sviluppato gli anticorpi Igm (quelli della fase iniziale) e Igg, quelli stabili, che dimostrano una reazione dell’organismo e attestano guarigione e immunità. Queste persone non possono né infettare né essere infettate. La mascherina per questi soggetti è inutile.
  2. La mortalità narrata in tv è una menzogna;
  3. il virus non ha alcuna possibilità di uccidere un soggetto in buona salute e di età inferiore ai 55 anni;
  4. Il lockdown in questo periodo non ha senso, anzi è dannoso, perché impedisce il crearsi di una forma di immunità di gregge: oggi, che il virus è più debole per il clima caldo, dobbiamo approfittarne.
  5. Il vaccino per il COVID19 non serve perché il virus muta; per sconfiggerlo, come nel caso dell’HIV, serve una terapia.
  6. Queste indicazioni smentiscono quanto affermato da Burioni, Capua, Pregliasco e la ristretta schiera di virologi ed infettivologi in quotidiana passerella sui media. Le ricerche del prof. Bacco, inspiegabilmente, sono state fino ad oggi oggetto di interesse più dei media internazionali che nazionali.

Riferimenti: