17.4.20

ITALIA TELECOMANDATA DALL'ESTERO!





di Gianni Lannes


Dallo zio Sam al bisnonno Mao, fino al cugino Vladimir. Il governicchio grulpiddino sembra amare in modo iperbolico la Cina, tanto che allo scoppio del contagio aveva immediatamente spedito in dono ben 2 tonnellate di dispositivi individuali di protezione, ovvero tute, guanti, occhiali e mascherine. Che poi fossero mancati a noi nel momento dell’emergenza attuale, nessuno dei politicanti a Roma lo avrebbe potuto immaginare. Le foto degli scatoloni imbarcati su un volo dell’Onu decollato da Brindisi il 15 febbraio 2020 mostrano la bandiera tricolore appiccicata sugli imballaggi con la scritta in varie lingue “dono del governo italiano”. Tutto materiale di importazione pagato dalla Cooperazione internazionale, vale a dire dagli ignari contribuenti. Abbondano interrogazioni ed interpellanze (185 atti parlamentari inevasi per l'esattezza), ma il Conte bis e pure il collega Speranza, sul tema appaiono latitanti, ed allergici alle domande fuori copione. Contano gli affari: 5G sulla via della seta, altro che salute pubblica.

In seguito Xi Jinping ha voluto platealmente ricambiare il “dono”, benché celato da un contratto pari a 209,5 milioni di euro per l'acquisto di mascherine, con l’azienda cinese Byd, dichiarato dalla stessa la Farnesina. Non solo “donazioni” quindi, in realtà anche acquisti del governo. Ma non importa, travolti da un insolito destino sulle prossime e condivise piattaforme digitali. Pechino ora offre sostegno a Roma per rinvigorire i loro rapporti a un anno dalla sua adesione alle nuove vie della seta. L’invio di forniture e personale medico e le proposte di collaborazione tecnologico-sanitaria non sono solo una forma di solidarietà contro il nuovo coronavirus (Sars CoV-2) confuso dalle autorità italiane addirittura in Gazzetta ufficiale (Mattarella, Conte, Speranza, Lamorgese, Bonafede, Azzolina, e così via), ma anche parte di un progetto politico ben preciso. Scrollarsi di dosso l’immagine di epicentro della pandemia dell'OMS e rinvigorire il proprio soft power. 

 
Pechino si sta servendo dell’adesione italidiota soprattutto per rafforzare l’immagine del proprio progetto geopolitico, volto ad espandere l’influenza della Cina in Eurasia. Uno smacco notevole per Washington. Ma la Belt and Road Initiative (Bri) ormai è decollata nonostante la diffusione apposita dell'ennesimo agente virale da laboratorio, include per ora 68 paesi, ed ha una visione geostrategica di lungo termine, volta ad intaccare anche il monopolio statunitense sulle rotte commerciali internazionali, specie quelle marittime. Durante la visita del presidente cinese Xi Jinping, l’Italia è diventata il primo paese del G7 a firmare il memorandum di adesione alla Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta). Il belpaese e la Repubblica Popolare hanno siglato 29 intese (19 istituzionali e 10 commerciali) per un valore totale di 2,5 miliardi di euro. L’Italia è stata la prima tappa del viaggio europeo di Xi (21-26 marzo 2019), che poi si è recato nel Principato di Monaco e in Francia. 




Il memorandum d’intesa sottoscritto dal vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio include esplicitamente la collaborazione nel campo delle telecomunicazioni. Pertanto - come ben rimarcato dai media cinesi - la già avviata partnership con Huawei e Zte per lo sviluppo della rete 5G italiana non è assolutamente a repentaglio. Tant'è che l'ineletto Conte bis ha prontamente messo a capo del sedicente “comitato di ricostruzione” dell'Italia, nientedimeno che Vittorio Colao, già manager della multinazionale Vodafone, che nel 2018 si è aggiudicata la sostanziosa fetta di 5G in Italia. La salute delle persone? Non conta nulla: tanto gli italopitechi sono già tutti agli arresti domiciliari senza fiatare.