7.4.20

CORONAVIRUS: SCUOLA ARRESTATA, GOVERNO FUORILEGGE!




Costituzione della Repubblica Italiana


Articolo 2: «La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo...»

Articolo 16: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche...».


Articolo 34: «La scuola è aperta a tutti...».

di Gianni Lannes

Bullismo di Stato: negato il diritto costituzionale allo studio nel belpaese. Mentre l'intera nazione Italia è agli arresti domiciliari senza neanche un processo, la scuola è finita per decreto a tavolino. Insomma, il diritto costituzionale all'istruzione è stato azzerato. Con un banale comunicato stampa a seguito del consiglio dei ministri numero 39 andato in onda ieri, viene calpestata ancora una volta nel giro di due settimane la Costituzione repubblicana italiana, ormai ridotta a carta straccia; e in un colpo solo viene esautorato il Parlamento. Parola del ministro pro tempore al ramo “istruzione”, Lucia Azzolina da Siracusa:

«Con il decreto approvato oggi facciamo un altro passo avanti e tracciamo la strada per accompagnare la scuola fino in fondo a questo anno scolastico e per cominciare a disegnare il prossimo, che ne rappresenterà una naturale prosecuzione”. Il decreto, che ora sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per poi essere convertito dal Parlamento, mette in sicurezza l’anno scolastico 2019/2020 e traghetta le scuole verso il 2020/2021»


La ministra Azzolina è da bocciare in materia di diritto costituzionale. I decreti legge, come sancisce l'articolo 77 della Costituzione, vanno presentati immediatamente al Parlamento. Il governo, infatti, non ha il potere legislativo, che spetta appunto alle Camere. Altro che epidemiologia e picco virale: la tecnocrazia ha annichilito in Italia la democrazia incompiuta. L'esecutivo del Conte bis ha concretamente chiuso d'ufficio l'intero anno scolastico 2019-2020, senza neanche presentare un certificato medico, vale a dire un riscontro sanitario, o meglio scientifico per limitare o comprimere i diritti costituzionali. Eppure l'articolo 16 della Costituzione è perentorio: 

«Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche...».

Quali sono i dati scientifici, reali e concreti, non manipolati dagli interessi speculativi, in virtù della trasparenza amministrativa, stabilita dal decreto legislativo numero 33 del 2013? Con tale provvedimento cade la maschera governativa, ovvero il pretesto pseudo-sanitario della sicurezza. In realtà, come attestano i fatti narrati, la decisione è squisitamente politica. E cosa dire della ridicola "didattica a distanza" praticata in tutta fretta in Italia? Il punto è che si abbassa il livello qualitativo del sapere: la digitalizzazione in corso esige una generazione di analfabeti funzionali. Infatti, un terzo degli studenti in Italia non sa leggere e scrivere; ma anche tanti docenti, sovente annaspano nell'ignoranza cialtronesca, mascherata dalla tecnologia sempre più invasiva.

«Stiamo scrivendo un libro di storia, non un manuale di economia» aveva dichiarato qualche giorno fa alla televisione tedesca, lo stesso primo ministro pro tempore Conte. Solo che bisogna essere quantomeno all'altezza della storia. Allora, proprio questa strana storia senza “S” maiuscola, inizia ufficialmente nel belpaese il 31 gennaio 2020, mediante il decreto del consiglio dei ministri che proclama per sei mesi l'”emergenza sanitaria”, a seguito della dichiarazione emergenziale dell'OMS, nonché della scoperta dei primi due cinesi contaminati in Italia. Interventi concreti? Zero, fino al decreto legge del 23 febbraio, il giorno in cui l'ineletto Conte compie ben 16 apparizioni in tv, compresa quella con Barbara D'Urso che gli dà del tu (con l'indimenticato “ti chiamerò premier”, “faccia pure”). 

Fino al 29 febbraio - in conferenza stampa - l'avvocato del popolo, dichiarerà che l'Italia è un luogo sicuro, insomma che è tutto a posto. Sempre del 23 febbraio è il primo decreto del presidente del consiglio che istituisce le prime zone rosse. A Codogno il cosiddetto “paziente uno” è stato ricoverato tre giorni prima, il 20 febbraio (dopo essersi presentato una prima volta il 18 febbraio): sui giornaloni dello Stivale in data 21 febbraio, appare a malapena la notiziola. Ancora a marzo scorso il capo dello Stato inaugurava mostre, dopo aver fatto il giro d'Italia nei mesi di gennaio e febbraio, incontrando migliaia di persone. Se il New York Times ha rammentato che ancora il 21 gennaio il governo ospitava una delegazione cinese a Santa Cecilia, si può tranquillamente ricordare che il 4 marzo, mentre gli studenti di tutta Italia uscivano da scuola per l'ultimo giorno regolare, il ministro Luigi Di Maio pranzava a Roma con l'ambasciatore francese Christian Masset, alla pizzeria Sorbillo di piazza Augusto Imperatore. Qualche giorno prima, il 27 febbraio si era celebrato a Napoli, il summit Italia-Francia, con strette di mano e giri per la città di Macron e Conte. 

Ecco altri riferimenti esemplari. Esattamente il 27 febbraio 2020 il sindaco di Milano, tale Giuseppe Sala pubblicizza la campagna “Milano non si ferma”; al contempo, il segretario del piddì Nicola Zingaretti brinda con un aperitivo (positivo al Sars CoV-2). A Roma, sempre Di Maio tiene una conferenza stampa in cui dichiara che «siamo passati in Italia da un rischio epidemia a un infodemia», in altri termini, a una esagerazione mediatica (bontà sua), spiegando che in realtà solo «0,0089 per cento» della popolazione era stato messo in quarantena. Così in linea con Conte: lo stesso giorno, alla trasmisisone "Otto e mezzo”, il presidente del consiglio dichiara: «Siamo prontissimi, abbiamo adottato tutti i protocolli di prevenzione possibili e immaginabili». Certo, come no. Era trascorsa una settimana dal paziente uno di Codogno, passerà ancora una settimana prima del decreto dell'8 marzo che dichiarerà tutta la Lombardia “zona rossa”. Sono le due settimane in cui il governo grulpiddino va in tilt. La paura istituzionale iniettata a piene dosi nel corpo sociale dal primo ministro, alla prova dei fatti è il filo rosso dell'emergenza che scatena il panico popolare.

E che dire della chiusura della scuola annunciata il 4 marzo ad ora di pranzo, poi prontamente smentita dal ministro Azzolina, ma divenuta realtà solo alle 18 di quella sera. Medesimo copione in quella che è considerata comunemente la più grossa falla gestionale dell'intero periodo: la sera del 7 marzo, quando circola la bozza del Dpcm che istituisce la Lombardia come zona rossa e si assiste alla fuga di folle umane dalla stazione di Milano Centrale. Mentre nel frattempo slitta per ore la conferenza stampa di Conte, che giunge alle 2 e mezza di notte. Cosa pensare del fardello burocratico di carte governative, tra decreti in solitaria, delibere, direttive e ordinanze per un totale di almeno 350 pagine, esclusi gli elenchi, le circolari interpretative e le altre ordinanze di cui si è perso il conto nell'immaginario collettivo.

La politica italidiota è ripiegata sulle proprie beghe da cortile, al massimo insegue rovinosamente e maldestramente le emergenze. Non c'è programmazione, non c'è prevenzione, in compenso c'è il vuoto mescolato al nulla di chi ha mortificato l'Italia e gli italiani. D'altronde l'Unione europea è definitivamente scomparsa. Non ci facciamo mancare niente. Annoveriamo anche i televirologi alla Burioni e i guru da quarantena che ci spiegano giorno e notte quello che dobbiamo fare per forza. In fondo, sono chiacchiere da bar di nani e ballerine in camice grigio, pifferai da quattro soldi bucati. Tutta la spazzatura è veicolata ed amplificata dai mass media tricolori, ormai specializzati in bufale e fake news, ma non più in inchieste. Una volta, il giornalismo era per definizione il controllore del potere. Questa funzione fondamentale - nel cortile italopiteco - non è più assolta da tempo.

Infine, il latitante governativo che vanta qualche conflitto di interesse (come avevo già scritto e documentato al suo primo insediamento) che da primo ministro sul Sars Cov-2, ha confuso - nei provvedimenti in Gazzetta Ufficiale - addirittura con la malattia conseguente (Covid-19), non ha risposto a ben 167 atti parlamentari (interpellanze ed interrogazioni), relativi al nuovo coronavirus. Il ribaltone estivo lo aveva trasformato in un funambolo del potere tricolore. La farsa del virus a corona sancisce l'ennesimo camaleontismo: da primo ministro per caso, ad aspirante capo supremo. Sempre più bramoso di visibilità, da settimane si sente solo la sua voce dall'inflessione toscana che fa tanto aspirante vip (ma è nato a Vulturara Appula, in provincia di Foggia). L'inquilino di Palazzo Chigi, a suon di decreti solipsistici ed editti notturni, tocca l'apice dell'illusione mediatica. Una fantasmagoria istituzionale allucinante. Nel frattempo è saltato il referendum per la riduzione dei crassi parlamentari, nonché le elezioni regionali. Quando gli italiani avranno il coraggio di uscire dalla prigione domestica imposta dall'ineletto, il governo più sgangherato della storia italiana, dovrà rispondere della crisi più lancinante del XXI secolo. Dopo la crisi sanitaria irrisolta il Conte bis sarà in grado di affrontare (non dico risolvere) l'emergenza economica da lui stesso provocata ed alimentata?



Riferimenti: