12.4.20

CORONAVIRUS: LA BANALITA' DEL MALE!

foto Gilan


di Gianni Lannes

Autoreclusione e detenzione per tutti a tempo indeterminato. Non è una quarantena (peraltro già ampiamente scaduta, in base al Regolamento sanitario internazionale) ma il divieto di vivere in assoluto. Da Atene ad Auschwitz: il paradigma è ormai mutato nell'anno 2020. Eppure regna ancora la superstizione nell'era della modernità apparente e luccicante. Incubo da virus fobia: è in atto una regressione antropologica? Questo "passaggio"  critico è difficile da superare, ma l'impresa non è impossibile. Abbiamo 86 miliardi di neuroni e non li usiamo, ma li disattiviamo perennemente. E facciamo a meno anche dell'amore nel tempo della disumanità. Già, passione, compassione e comprensione. Spegnete la televisione accendete la mente, aprite il cuore. Invece di compulsare freneticamente un telefono portatile tutto il santo giorno, possiamo riflettere. In questa stagione del disamore contrassegnato dall'eccesso di vuota “comunicazione”, l'umanità si sta avviando verso la solitudine assoluta, rappresentata da uno schermo di computer, di tablet o di smartphone (targato 5G). Una società che non pensa più criticamente e non vede il prossimo, non ha futuro. Gli insani tentativi di annichilire l'umanità da parte di una disumana oligarchia accecata dall'ingordigia di dominio, risalgono agli albori della presenza umana sulla Terra. Ma è soltanto nel XX secolo che l'uomo ha imparato ad imbrigliare la tecnologia che consente di uccidere e/o schiavizzare su vasta scala e ad ampio raggio.

Comunque, il nemico più insidioso è dentro ognuno di noi, quelli fuori ne sono soltanto il riflesso autoritario. Insomma, la paura ci rende più vulnerabili. E chi detiene il potere lo sa e sfrutta questo meccanismo primordiale.
 
Allora, per venirne fuori, per non lasciarsi addomesticare o sottomettere, occorre una lettura critica della realtà, prima di passare dal pensiero all'azione di liberazione: scoprire, verificare, portare alla luce ciò che non appare, quello che è volutamente fuori scena. Bisogna uscire dai luoghi comuni della rassegnazione al peggio.

Il nuovo coronavirus (Sars Cov-2) confuso dai governanti italopitechi con la malattia (Covid-19) - addirittura negli atti ufficiali dello Stato, con cui la popolazione italiana è stata privata della libertà - non è una maledizione divina.

George Orwell nel secolo scorso aveva visto oltre l’orizzonte della sua epoca nebulosa. Il grande fratello è ormai una realtà incombente, anzi superata, mentre la gran massa della gente comune è ignara del pervasivo pericolo eugenetico. L'obiettivo è disarmante: trasformare gli umani in automi telecomandati. La parola magica è adattamento (forzato, coercitivo), ovviamente blandito, edulcorato, mascherato. Oggi l’odio è non sopportare la libertà dell’altro: l'Italia del XXI secolo è un mostruoso esempio sotto gli occhi di tutti i ciechi.

Nessuno si interroga sui meccanismi di trasmissione del novello virus. Le elucubrazioni sono lasciate ai cosiddetti "esperti", come in passato era demandato ai sacerdoti il compito precipuo di interpretare le sacre scritture. La massa tricolore è contenta di affidare ad altri, tecnici o autorità, il proprio destino contando nel principio che è più importante appartenere ad un gregge di pecoroni, che restare fuori dal coro. Eppure, la medicina non è una scienza, bensì una disciplina tecnica.

Appunto, ai tecnici in camice bianco (che vantano interessi economici occulti) non vengono chiesti lumi circa i meccanismi di trasmissione della "malattia", vale a dire, un trasferimento di conoscenza che richiederebbe, da parte degli individui, un atteggiamento di comprensione critico-scientifica del problema, ma regole e direttive da applicare pedissequamente. La minaccia del virus, da problema concreto da affrontare con gli strumenti dell'intelligenza critica, è stata trasformata nella espressione delle colpe morali di cittadine e cittadini, inclusi i bambini, rinchiusi dal 5 marzo scorso senza più alcuna possibilità di incontrare i propri coetanei per giocare all'aria aperta, sotto la luce benefica del sole. A loro sono stati imposti da una scuola inqualificabile, i soliti strumenti tecnologici a distanza che ingenerano assuefazione e dipendenza, mortificando fantasia, intelligenza e creatività. La subordinazione acritica al ministero della verità assoluta sarebbe il nuovo progresso della modernità? Oppure è un regresso istituzionale folgorante? Chi comanda vuole  e pretende una generazione di analfabeti totali, non solo funzionali, senza alcun spirito critico o di ribellione.

Questo esperimento di ingegneria sociale, inoltre, ha legittimato alcuni ad esibire ed affermare la propria presunta ma inconsistente - alla prova dei fatti - superiorità intellettuale. Si tratta di un atteggiamento paternalistico e moralistico, in tutto e per tutti simile alla genuflessione superstiziosa propagandata da molte religioni, soprattutto monoteiste (cristianesimo, islamismo ed ebraismo) d'origine patriarcale e pastorale. 
 
Il dissenso critico è stato immediatamente criminalizzato ed associato all'indegnità morale. Chi sosteneva l’importanza dell’attività fisica è stato immediatamente deriso e ridotto d'ufficio a tratti moralmente inferiori, mentre l’abuso di cibo, alcool e tabacco che pure accompagna dal 10 marzo scorso la segregazione domestica coercitiva degli adulti, viene incoraggiato. È una posizione apparentemente coerente con la cornice ideologica, dove il virus deve essere sconfitto dal sacrificio e dalla sottomissione all'autorità e non dall’intelligenza critica.

È peccato mortale correre liberamente, andare al mare, scarpinare in montagna o uscire in campagna, non perché sia un’attività oggettivamente e scientificamente correlata con la propagazione del virus, bensì perché siamo indegni, incapaci di fiducia. Siamo cioè peccaminosi e dobbiamo mondarci dei nostri peccati, soffrendo tutti insieme. 
 
In questa atmosfera assurda, grottesca e irrazionale, resa possibile dalla tradizionale mancanza di cultura scientifica dell'italidiota (l'analfabetismo funzionale a cui faceva riferimento in tempi non sospetti, il linguista Tullio De Mauro), l’applicazione del diktat governativo del governo più sgangherato della storia d'Italia dai tempi dell'impero romano d'Occidente, diventa un articolo di credo, spesso imposto più dai fedeli che dalle stesse autorità. Si chiudono parchi e aree balneari, si azionano i droni per individuare pericolosi camminatori solitari, si inviano elicotteri e motovedette per stanare bagnanti e subacquei. A nulla vale il fatto che, a detta dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (ormai al soldo della Gates Foundation), il virus non sopravvive all’aperto sotto l’effetto benefico dei raggi del sole e che, anzi, basterebbe appunto l’aria aperta per disperdere la carica virale, sotto ogni soglia di pericolo per gli umani. 
 
Nella stagione del medioevo tecnologico, contro ogni evidente ragione scientifica, l’ambiente naturale è associato con la libertà di pensiero e di movimento, in cui i cittadini ormai terrorizzati da una propaganda martellante dei mass media (produttori principali di bufale e fake news), non possono che essere indotti a credere. 
 
Ora, come nel romanzo di Orwell (1984) gli individui sono isolati gli uni dagli altri e soggetti a una continua imposizione di imposizioni deliranti, mediante schermi installati nelle loro abitazioni, pagati dagli stessi sudditi. 
 
Il corridore solitario non mette a rischio la salute fisica dei cittadini, ma mette in discussione la paranoica assurdità imposta a tutti. In realtà si è obbligati si deve stare rinchiusi nella prigione domestica, non per evitare il virus, ma per non mettere in discussione l’autorità del governo tricolore cui la società ha demandato la propria libertà. Ecco il lato oscuro della irrazionalità: paura e ignoranza. È un meccanismo raccontato già dai tempi di Galileo Galilei e Giordano Bruno.

L’ignoranza dilagante contamina la paura che cerca nel sacrificio della libertà e nella sottomissione all’autorità, una salvezza che viene applicata con la stupidità irrazionale propria della superstizione.

La paura del virus ha spinto molti a rinunciare ai propri diritti individuali. La salvezza del corpo in cambio dell’anima che molti non hanno.

Una società che non si pone domande, che obbesdice a qualunque cosa anche la più assurda che non ha nè corpo nè umanità, non ha valore la sua esistenza. L'umanità è nata ed esiste per evolversi, poiché nessun essere umano vive isolato da tutto e da tutti. L'essere umano è nato per amare ed aessere amato, per intessere relazioni, condividere idee e vivere in armonia con la Natura, non imprigionato tra quattro mura.

Accettare il diktat dello stare per forza a casa (pena sanzioni) senza ragione, non è solo un rischio sanitario (il danno che tanti avranno da questa inutile clausura domestica) ma soprattutto il fallimento del patto di ragione tra Stato e cittadino, avallato anche dall'inquilino del Quirinale (garante non si sa più di che). Infatti, allo Stato, in una situazione di degrado della legalità e del principio fondamentale dello Stato di diritto, non si chiede di spiegare le motivazioni razionali delle regole. Il patto non è più basato sulla ragione e sul rispetto reciproco tra persona e istituzione, ma sull’interesse speculativo di chi detene il potere per conto terzi e la conseguente paura degli individui, ormai solo numeri, anzi numeri a barre. E la superstizione è il naturale collante: il banale motto “iostoacasa” esprime il fallimento finale della libertà e della democrazia.


Riferimenti:

Gianni Lannes, IL GRANDE FRATELLO, Draco edizioni, Modena, 2012. 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=coronavirus