25.4.20

COMBATTERE PER LA LIBERTA'!



«La libertà non è mai una conquista definitiva»: 

parola di Sandro Pertini.

Grazie Presidente!

Gianni Lannes
 
La sua tempra è ineguagliabile. L'amico Andrea Pazienza lo ha definito a suo tempo, in una delle sue opere: «L'ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini», per questo l'Italia intera lo amava, era spontaneo, ingenuo e severo.
A 30 anni dalla scomparsa fisica di un vero eroe con un'inossidabile integrità morale ed un coraggio militante d'altri tempi, nel bel mezzo del sistema dittatoriale, appena instaurato in Italia dal primo ministro, l'attendente Giuseppe Conte, consiglio a tutti di vedere “Il Giovane Pertini, combattente per la libertà”,  il film del giovane regista avellinese Giambattista Assanti, dedicato al periodo della lunga carcerazione del futuro Presidente della Repubblica, della sua battaglia antifascista e per la Liberazione dell’Italia.

Ci si chiede del perché tante persone siano interessate oggi alla vita del socialista Pertini, Presidente della Repubblica in anni ormai lontani. E le risposte sono state semplicemente due: nella memoria collettiva persiste il ricordo di un grande Presidente, onesto e coraggioso, frutto della migliore tradizione del socialismo riformista e dell’antifascismo; inoltre, il momento che viviamo, attraversato da nubi scure e minacciose, lo richiede. Insomma, esige di ritornare con la mente e con l’azione a quei valori di libertà, giustizia, democrazia, che in tempi terribili sono stati difesi a costo del carcere duro e della vita da tanti combattenti antifascisti, valori che oggi taluni vorrebbero relegare tra le anticaglie o addirittura deridere o calpestare. Ma c’è anche un altro aspetto, che è quello che ha motivato un regista giovane come l’avellinese Assanti ad intraprendere questa avventura cinematografica: l’umanità di Pertini, la sua passione civile, la sua vicinanza alla disperazione (ed alla rabbia) della gente. È dal ricordo di un Pertini sui luoghi dell’Irpinia devastata dal terremoto, che abbraccia, rompendo ogni protocollo, un terremotato che inveiva contro lo Stato, esprimendogli umana comprensione e solidarietà. E dandogli ragione. Tanto da far sì che prendesse vita, all’indomani, la legge che istituiva il sistema della Protezione Civile. Altri ricorderanno l’entusiasmo del Presidente della Repubblica Pertini al Bernabeu di Madrid per  il Mondiale  di Spagna del 1982 vinto dagli azzurri, la partita a scopone  con Bearzot ( altro fumatore di pipa!) sul volo di ritorno, ma per il  giovane Assanti la sua vicinanza alla  gente  disperata, è stata la molla per cercare di capire e di rappresentare il Pertini giovane e intransigente avvocato socialista, arrestato nel 1929  per una delazione, di ritorno dalla  Francia sotto falso nome, e che tra un carcere e l’altro, da un’isola di confino  all’altra, trascorrerà ben 14 anni di reclusione, tra i 33 e i 47 anni, gli anni migliori di una vita. Trascorsi in parte in  isolamento,  in stanze fredde e umide, tra vessazioni e rigidi controlli, malattia e  scarsa alimentazione. Qualcuno, con pubbliche responsabilità, in anni recenti ha avuto l’impudenza di definire il confino fascista come una villeggiatura, una vacanza sulle nostre isole. Dovrebbero provarlo quel tipo di vacanza. Merito del film è quello di mostrare com’era la vita dei confinati e in particolare la sua: prima S.Stefano, poi Turi, dove stringe amicizia con Antonio Gramsci, seriamente ammalato del quale raccoglie alcune confidenze, quindi Pianosa, Ponza e Ventotene… fino al 25 luglio del 1943. E poi, dopo la partecipazione alla battaglia di Porta Pia a Roma contro i tedeschi, l’arresto da parte della terribile banda fascista di Bernasconi e il carcere a Regina Coeli e la condanna a morte per lui e per Saragat (altro Presidente della Repubblica). Solo l’intervento dei partigiani della Brigata Matteotti, consentirà loro di salvare la vita. Pertini non ha mai digerito l’amnistia decretata da Togliatti (Ministro della Giustizia nel primo governo Parri) tanto fresco e indelebile era il ricordo dei crimini e delle torture commesse dalla Banda Bernasconi in varie città d’Italia tra cui Milano, Roma, Firenze. “Questa banda – disse in un suo intervento alla Camera il deputato Pertini – consumava i suoi reati e le sue sevizie a Villa Triste. Basta andare a Firenze e pronunciare questo nome per vedere il volto di centinaia di donne, spose, madri, coprirsi di orrore. Ebbene, in virtù dell’amnistia sono usciti una parte dei complici della banda Koch ed oggi sono in piena libertà”.


 
Sandro Pertini è un esempio e un modello per i giovani.“Il carteggio da cui è stata tratta la storia del film – scrive il regista Assanti- inizia nel 1929 e si conclude nel 1943. Le lettere che Sandro Pertini scriveva dall’ esilio in Francia, raccontano il suo entusiasmo di fervido socialista. Attraverso i suoi scritti e le sue testimonianze, partecipiamo alla sua avventura di fuggiasco, detenuto e poi confinato politico. I suoi scritti, peraltro molto sofferti, con la madre Maria Muzio, raccontano di alcune amicizie vissute con alcuni dei suoi compagni e amici (Claudio Treves, Filippo Turati, Adriano Olivetti, Ferruccio Parri) e di un grande amore, per la sua fidanzata Matilde, sacrificato ai quattordici, lunghi anni di prigionia e confino. Il film ha inizio durante i primi giorni di insediamento come Capo dello Stato, nel Luglio del ’78, quando un vento impertinente spalanca la finestra e scompiglia le pagine di un vecchio diario la cui storia comincia in un giorno del 1929, giorno in cui il giovane Sandro viene portato al carcere di Santo Stefano. Attraverso la voce del nostro protagonista, il film racconta gli episodi più importanti e suggestivi degli anni di prigionia che vanno dal ’29 al ’43.”

Il film, che ruota attorno al concetto di libertà e coesione sociale, è straordinariamente contemporaneo. In un momento tragico come questo, forse abbiamo più sensibilità per comprendere il concetto di privazione di libertà e di immaginarne le implicazioni durante una dittatura nel periodo vissuto dal Presidente Pertini, che nelle sue scelte di vita, è stato testimone chiaro e fermo e non ha mai esitato a sacrificare la sua vita privata in nome della giustizia sociale e della libertà, valori basilari di ogni democrazia da sempre.