21.3.20

CORONAVIRUS E INQUINAMENTO!






di Gianni Lannes

Ultima contaminazione virale nel belpaese? Elementare Watson. Ecco risolto l'enigma: non è un mistero ma un'evidenza sotto gli occhi di tutti. Un freschissimo studio italiano realizzato da un gruppo di ricercatori qualificati (Società italiana di medicina ambientale, Università di Bologna e Bari) ha stabilito «una possibile correlazione tra i livelli di inquinamento di particolato atmosferico e la diffusione del COVID-19 in Italia».

Una miscela perfetta, anzi letale. Le immagini dei satelliti non lasciano spazio a dubbi. Nel 2019, secondo le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente, in Italia a causa dell'inquinamento dell'aria, sono morte ben 76.200 persone. Nello Stivale, soprattutto al Nord, si respira aria tossica, ma il governo pur sapendo non ha mai fatto nulla per arrestare questo fenomeno che annichilisce la vita, di grandi e piccini.


 


Gli studiosi hanno appena evidenziato alla lettera in una relazione, documentata con dovizia di riscontri e di analisi particolareggiate anche sulla base della letteratura scientifica internazionale, quanto segue:

«Riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (es. PM10 e PM2,5) (1, 2). È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. I virus si “attaccano” (con un processo di coagulazione) al particolato atmosferico, costituito da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o settimane, e che possono diffondere ed essere trasportate anche per lunghe distanze. Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni. Il tasso di inattivazione dei virus nel particolato atmosferico dipende dalle condizioni ambientali: mentre un aumento delle temperature e di radiazione solare influisce positivamente sulla velocità di inattivazione del virus, un’umidità relativa elevata può favorire un più elevato tasso diffusione del virus cioè di virulenza (
In particolare si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 gg approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta). Tali analisi sembrano quindi dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così virulento. Oltre alle concentrazioni di particolato atmosferico, come fattore veicolante del virus, in alcune zone territoriali possono inoltre aver influito condizioni ambientali sfavorevoli al tasso di inattivazione virale. Il gruppo di lavoro sta approfondendo tali aspetti per contribuire ad una comprensione del fenomeno più approfondita. Si evidenzia come la specificità della velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carriere di boost. Come già riportato in casi precedenti di elevata diffusione di infezione virale in relazione ad elevati livelli di contaminazione da particolato atmosferico, si suggerisce di tenere conto di questo contributo sollecitando misure restrittive di contenimento dell’inquinamento». 

 


Non è tutto. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, siamo primi in Europa per mortalità da smog. Infatti, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’esposizione all’inquinamento atmosferico causa 4,2 milioni di morti in tutto il mondo, di cui almeno 600mila bambini colpiti da infezioni respiratorie acute, provocate dall’aria tossica. Ogni anno, si registrano quasi 500 mila morti premature in Europa. Il rapporto annuale “Air Quality Report 2019” come i precedenti, conferma il livello letale di inquinamento dell'aria.


Il dottor Francesco Forastiere è stato coordinatore dello studio Viias, Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario dell’inquinamento atmosferico, commissionato dal ministero della Salute, che nel 2015 aveva previsto quelle che sarebbero state le ricadute sulla salute degli italiani, a causa del particolato fine (Pm 2,5), ozono e biossido di azoto, al 2020. Dati che confermavano come nel 2005, lo smog fosse già stato causa del 7 per cento della mortalità osservata, per cause naturali, in Italia. «Nello studio Viias veniva già dimostrato che i livelli di inquinamento atmosferico, per la popolazione italiana, erano inaccettabili, con un costo oneroso di vite umane. Dati confermati dalle analoghe stime dell’Agenzia europea dell’ambiente - precisa l’epidemiologo - La situazione è drammatica. L’Italia è uno dei paesi con l’impatto sanitario più grave, dovuto allo smog».

Insomma, il governo dell'ineletto Conte bis, invece di arrestare il gravissimo e diffusissimo inquinamento dell'aria, ha imprigionato la popolazione italiana, da tempo soffocata dalla contaminazione dell'aria. Il Covid-19 ha inferto la mazzata finale, soprattutto a chi non stava tanto bene in salute, soprattutto gli anziani, le vittime più colpite, secondo i rapporti bisettimanali emanati dall'Istituto Superiore della Sanità. Per la cronaca, in Italia ogni giorno muoiono in media 140 persone per patologie infettive contratte in ospedale. Questa statistica ufficiale però non tiene conto dei pazienti dimessi dai nosocomi che a casa abbandonano la vita.


 Post scriptum

Il caso è chiuso, poniamo fine alle macabre pagliacciate: ora riprendiamoci pacificamente ma con determinazione la libertà e licenziamo l'esecutivo grulpiddino da mandare sotto processo, unitamente ai virologi somari e a tutti gli esperti da baraccone, asserviti al potere delle multinazionali criminogene. Non siamo sudditi, servi o tantomeno cavie, ma cittadine e cittadini liberi ed intelligenti. Dimostriamo al mondo di essere una società civile e facciamo valere lo Stato di diritto.  Dissolviamo l'incubo della fobocrazia. Su la testa!


Riferimenti:
















































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