25.9.18

FEDERICO II: CASTELFIORENTINO E LA DAUNIA…



©foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)
 

di Gianni Lannes

"Se il signore avesse conosciuto questa Piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui": parola del Puer Apuliae. 

Occhi umani per vedere il visibile e l'invisibile. Quanta luce naturale: un miraggio, un incanto o forse un incantesimo nella simbologia dimenticata. Quassù il tempo si è cristallizzato in un pallido ricordo che affiora in armonia con la nuda terra. Ancora oggi, nonostante la crassa bestialità dell'uomo, questo ignoto scrigno storico è talmente struggente da commuovere anche i sassi. A Castelfiorentino o meglio l’antica Fiorentino, nel cuore della mitica Daunia (denominata impropriamente Capitanata, o addirittura provincia di Foggia), ha esalato il suo ultimo respiro Federico II di Svevia, uno dei più importanti personaggi storici dell’Europa di tutti i tempi, che di certo non si è spento di morte naturale a 56 primavere. Il giallo non è proprio un mistero o un'enigma irrisolvibile.

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Lo "Stupor Mundi" a Lucera (un territorio ormai trasformato a ridosso della città in un accumulo di discariche a cielo aperto) diede vita - ben 8 secoli fa - ad un’integrazione ante litteram di una popolazione di fede islamica con quella cristiana ed ebraica. Qui i prestiti linguistici e gli scambi genetici da millenni non si contano, come altrove nello Stivale, isole comprese, nonostante la ciarlataneria di taluni razzisti governativi. Oggi questo luogo dalla magnifica bellezza naturalistica, dove volteggiano falchi e poiane, dove i campi di grano appena solcati dall'aratro si estendono a perdita d'occhio inframmezzati da vigneti ed uliveti, punteggiati da macchie di maestosi peri selvatici, ricamati da tappeti di rucola e maggiorana, pur sottoposto a vincolo archeologico, questo magnifico tesoro insepolto del passato sopravvive in uno stato di abbandono e degrado. Peggio: intorno e nelle vicinanze incombono parchi industriali eolici e fotovoltaici, un gasdotto autorizzato dalla regione Puglia. E pende perfino il conferimento di un titolo minerario per la ricerca di idrocarburi nell’agro di Torremaggiore (82,11 kmq): l'ennesima regalìa ministeriale ad una multinazionale straniera.




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Si racconta che il sovrano illuminato come mai altri nella storia del suo rango, mentre era impegnato in una battuta di caccia nelle campagne della Daunia, fosse stato colto da un attacco di dissenteria. Fare ritorno sino alla reggia a Foggia era impensabile, così fu ricoverato nella sua domus proprio a Castelfiorentino, la più vicina residenza imperiale. Su questa magnifica altura Federico II muore avvelenato il 13 dicembre 1250.


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Oggi di quella presenza storica non rimane quasi nulla, se non il fascino, l'atmosfera d'altri tempi miracolosamente sopravvissuta nel mezzo della frastornante modernità, nonché le fortificazioni dirute di un castello normanno e pochi altri ruderi già vandalizzati, portati in luce da una superficiale campagna di scavi. Per non dire di intere generazioni di tombaroli impuniti dallo Stato tricolore. Come riporta la Treccani, ci sono ancora «frammenti di capitelli, di colonne e di pilastri, di cornicioni, di archi a ogiva, di vetrate policrome testimoniano la ricchezza della decorazione interna della residenza imperiale». Per fortuna il sottosuolo ha preservato questa preziosa memoria che consente all'immaginazione di volar lontano a ritroso nel passato, danzando sui segni del tempo incastonati nella pietra.


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Sono tornato in loco dopo alcuni anni. E pensavo di trovare scolaresche, insegnanti, studiosi, ricercatori e magari turisti, invece niente di nulla, anzi solo un gregge di pecore e un buon pastore. Di certo in loco non ci sono le autorità, perennemente latitanti nel preservare beni culturali così significativi ed importanti.

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La versione storica è nota: Federico II cadde vittima di una grave patologia addominale, forse dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia. Secondo Guido Bonatti, invece, sarebbe stato avvelenato. Egli, difatti, qualche tempo prima aveva scoperto un complotto papale, in cui fu coinvolto lo stesso medico di corte. Comunque, le sue condizioni apparvero immediatamente di tale gravità che si rinunciò a portarlo nel confortevole Palatium di Lucera e la corte dovette riparare nella domus di Fiorentino, un borgo fortificato nell'agro dell'odierna Torremaggiore. Il testamento dettato alla presenza dei massimi rappresentanti dell'Impero - nelle sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità - reca la data del 7 dicembre 1250. La sua fine fu incredibilmente rapida e sorprese i contemporanei, tanto che alcuni cronisti anti-imperiali diedero adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l'imperatore era stato ucciso dall’amato figlio Manfredi.


La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, i funerali si svolsero nella sede imperiale di Foggia, per sua espressa volontà il cuore venne deposto in un'urna collocata nel Duomo, la sua salma omaggiata dalla presenza di moltitudini di sudditi venne esposta per qualche giorno; quindi, fu imbarcato a Taranto e infine trasportato a Palermo, per essere tumulato in Cattedrale, entro il sepolcro di porfido rosso antico, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.

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Riferimenti:

Anonimo Vaticano, Historia Sicula […], in R.I.S., VIII, 1726, coll. 745-780; Saba Malaspina, Rerum Sicularum libri VI, ibid., coll. 785-874, in partic. coll. 788-789; Francesco Pipino, Chronicon, ibid., IX, 1726, coll. 583-752, in partic. coll. 660-661; Giovanni Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, I-III, Parma 1990-1991: I, pp. 331-332 (VII, 41). E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1976, pp. 681-682, 700-702; P. Beck-M.S. Calò Mariani-C. Laganara Fabiano-J.-M. Martin-F. Piponnier, Cinq ans de recherches archéologiques à Fiorentino, "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge", 101, 1989, pp. 641-69; J.-M. Martin-G. Noyé, La Capitanata nella storia del Mezzogiorno medievale, Bari 1991, in partic. pp. 161-200;