BIOGRAFIA

19.12.17

A MORTE LE BALENE ANCHE IN SARDEGNA

Platamona- foto Giovanni Cossu



di Gianni Lannes

In Italia la rapina in mare di gas e petrolio uccide i cetacei. E nonostante il diniego ufficiale si pratica lo stesso, in barba ai controlli. L'ultima a pagare con la vita è stata una balenottera. La ricerca di idrocarburi con la tecnica «air gun» nella costa nord occidentale della Sardegna non si può fare. Il diniego arriva dal ministero dell’Ambiente. «La commissione tecnica Via-Vas – si legge in una nota ministeriale – ha espresso parere negativo alla richiesta, pervenuta al ministero dell’Ambiente nel febbraio del 2015 di prospezione geofisica mediante tecnica “air gun” al largo della costa nord-occidentale della Sardegna da parte della società norvegese TGS-NOPEC». Eppure le multinazionali straniere premono comunque il grilletto. Le continue esercitazioni militari fanno anche peggio, ma tanto chi se n'accorge?

Trivelle in Sardegna: 21 mila chilometri quadrati a rischio.  Una quindicina di richieste di permessi, tra dormienti, concessi o in attesa di autorizzazioni. Su terraferma e a largo delle coste, per una superficie totale di oltre 21 mila kmq tra mare e terra.  In Sardegna la superfice potenzialmente interessata dalle trivellazioni è di poco inferiore a quella dell’intera isola.

A fare la parte del leone è l’area perimetrata dalla società norvegese Tgs Nopec che ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di utilizzare le bombe ad aria compressa note come airgun per rilevare la presenza di giacimenti di gas e petrolio sottomarini su 20.000 kmq di fondali sottomarini del mar di Sardegna. Ai norvegesi non sono infatti bastate le prospezioni geofisiche (questo il nome tecnico dell’intervento) effettuate nel 2001, quando bombardarono nel silenzio il mare a largo della costa ovest della Sardegna. Obiettivo della società è vendere i dati alle società dell’oil&gas attrezzate per l’estrazione. 

Dell’intervento della norvegese Tgs Nopec si è parlato in relazione al trattato che ha modificato i confini marittimi tra Italia e Francia, che ha di recente le trivellazioni off-shore. L’articolo 4 dell’accordo prevede infatti lo sfruttamento congiunto dei giacimenti situati a cavallo dei confini marittimi dei due paesi. Dopo aver battuto il lato francese, la Tgs Nopec oggi vuole effettuare ricerche sul versante italiano, proprio a ridosso dei confini tra i due stati. Sulla stessa area, la Schlumberger aveva presentato un permesso di ricerca analogo che non è stato accolto dai ministeri romani. E attualmente sul sito del ministero dell’Ambiente, ente preposto alla valutazione dei progetti off-shore non c’è traccia del nuovo intervento che la Schlumberger – stando a indiscrezioni di stampa – avrebbe ripresentato in seguito alla bocciatura.


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